dalla pagina https://www.change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/20778982
10 lug 2017 — Manlio Dinucci
Il
Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, adottato a grande
maggioranza dalle Nazioni Unite il 7 luglio, costituisce una pietra
miliare nella presa di coscienza che una guerra nucleare avrebbe
conseguenze catastrofiche per l’intera umanità.
In base a tale
consapevolezza, i 122 stati che l’hanno votato si impegnano a non
produrre né possedere armi nucleari, a non usarle né a minacciare di
usarle, a non trasferirle né a riceverle direttamente o indirettamente.
Questo è il fondamentale punto di forza del Trattato che mira a creare
«uno strumento giuridicamente vincolante per la proibizione delle armi
nucleari, che porti verso la loro totale eliminazione».
Ferma
restando la grande validità del Trattato – che entrerà in vigore quando,
a partire dal 20 settembre, sarà stato firmato e ratificato da 50 stati
– si deve prendere atto dei suoi limiti.
Il Trattato,
giuridicamente vincolante solo per gli stati che vi aderiscono, non
proibisce loro di far parte di alleanze militari con stati in possesso
di armi nucleari.
Inoltre, ciascuno degli stati aderenti «ha il
diritto di ritirarsi dal Trattato se decide che straordinari eventi
relativi alla materia del Trattato abbiano messo in pericolo i supremi
interessi del proprio paese». Formula vaga che permette in qualsiasi
momento a ciascuno stato aderente di stracciare l’accordo, dotandosi di
armi nucleari.
Il limite maggiore consiste nel fatto che non
aderisce al Trattato nessuno degli stati in possesso di armi nucleari:
gli Stati uniti e le altre due potenze nucleari della Nato, Francia e
Gran Bretagna, che possiedono complessivamente circa 8000 testate
nucleari; la Russia che ne possiede altrettante; Cina, Israele, India,
Pakistan e Nord Corea, con arsenali minori ma non per questo
trascurabili.
Non aderiscono al Trattato neppure gli altri
membri della Nato, in particolare Italia, Germania, Belgio, Olanda e
Turchia che ospitano bombe nucleari statunitensi. L’Olanda, dopo aver
partecipato ai negoziati, ha espresso parere contrario al momento del
voto.
Non aderiscono al Trattato complessivamente 73 stati
membri delle Nazioni Unite, tra cui emergono i principali partner
Usa/Nato: Ucraina, Giappone e Australia.
Il Trattato non è dunque
in grado, allo stato attuale, di rallentare la corsa agli armamenti
nucleari, che diviene sempre più pericolosa soprattutto sotto l’aspetto
qualitativo.
In testa sono gli Stati uniti che hanno avviato,
con rivoluzionarie tecnologie, la modernizzazione delle loro forze
nucleari: come documenta Hans Kristensen della Federazione degli
scienziati americani, essa «triplica la potenza distruttiva degli
esistenti missili balistici Usa», come se si stesse pianificando di
avere «la capacità di combattere e vincere una guerra nucleare
disarmando i nemici con un first strike di sorpresa». Capacità che
comprende anche lo «scudo anti-missili» per neutralizzare la
rappresaglia nemica, tipo quello schierato dagli Usa in Europa contro la
Russia e in Corea del Sud contro la Cina.
La Russia e la Cina
sono anch’esse impegnete nella modernizzazione dei propri arsenali
nucleari. Nel 2018 la Russia schiererà un nuovo missile balistico
intercontinentale, il Sarmat, con raggio fino a 18000 km, capace di
trasportare 10-15 testate nucleari che, rientrando nell’atmosfera a
velocità ipersonica (oltre 10 volte quella del suono), manovrano per
sfuggire ai missili intercettori forando lo «scudo».
Tra i paesi
che non aderiscono al Trattato, sulla scia degli Stati uniti, c’è
l’Italia. La ragione è chiara: aderendo al Trattato, l’Italia dovrebbe
disfarsi delle bombe nucleari Usa schierate sul suo territorio.
Il
governo Gentiloni, definendo il Trattato «un elemento fortemente
divisivo», dice però di essere impegnato per la «piena applicazione del
Trattato di non-proliferazione (Tnp), pilastro del disarmo». Trattato in
realtà violato dall’Italia, che l’ha ratificato nel 1975, poiché
impegna gli Stati militarmente non-nucleari a «non ricevere da
chicchessia armi nucleari, né il controllo su tali armi, direttamente o
indirettamente».
L’Italia ha invece messo a disposizione degli
Stati uniti il proprio territorio per l’installazione di almeno 50 bombe
nucleari B-61 ad Aviano e 20 a Ghedi-Torre, al cui uso vengono
addestrati anche piloti italiani. Dal 2020 sarà schierata in Italia la
B61-12: una nuova arma Usa da first strike nucleare. In tal modo
l’Italia, formalmente paese non-nucleare, verrà trasformata in prima
linea di un ancora più pericoloso confronto nucleare tra Usa/Nato e
Russia.
Perché il Trattato adottato dalle Nazioni Unite (ma
ignorato dall’Italia) non resti sulla carta, si deve pretendere che
l’Italia osservi il Tnp, definito dal governo «pilastro del disarmo»,
ossia pretendere la completa denuclearizzazione del nostro territorio
nazionale.
(il manifesto, 9 luglio 2017)