giovedì 11 gennaio 2018

Alfonso Navarra: Gli ordigni nucleari come armi climatiche

dalla pagina http://www.forumcontrolaguerra.org/2018/01/09/alfonso-navarra-gli-ordigni-nucleari-come-armi-climatiche/

 

Gli ordigni nucleari come armi di distruzione climatica

 

di Alfonso Navarra – direttore de “IL SOLE DI PARIGI” – 08.01.2018

 

L’inverno nucleare è lo scenario, di cui, tra gli altri, fu pioniere il famoso astrofisico Carl Sagan, che, leggiamo su Wikipedia, “conseguirebbe ad una ipotetica guerra termonucleare di estensione mondiale tra potenze, come la Russia, gli Stati Uniti, la Cina, la Francia, la Gran Bretagna e altri paesi in possesso di un arsenale di armamenti atomici dal potenziale distruttivo su scala globale”.

Gruppi di scienziati hanno elaborato nel corso degli anni diverse teorie riguardanti questo fenomeno: si sono basati innanzitutto sugli effetti riscontrati durante le esplosioni atomiche avvenute a Hiroshima e Nagasaki (in Giappone) sul finire della Seconda Guerra Mondiale, poi sui vari esperimenti nucleari portati a termine da molti stati nel periodo post-bellico e della Guerra fredda; infine sugli effetti collaterali del disastro di Černobyl.

Grazie ai venti, le particelle di materia carbonizzata, le polveri radioattive e qualsiasi altra sostanza in grado di alzarsi nell’aria si andrebbe a formare una barriera impermeabile ai raggi solari che farebbe crollare le temperature nell’atmosfera. La combinazione tra le basse temperature, la continua oscurità e le radiazioni dovute alle esplosioni atomiche produrrebbero sconvolgimenti climatici tali da compromettere la vita delle specie animali e vegetali e provocare effetti devastanti anche sullo strato di ozono.

L’inverno nucleare sarebbe legato alla produzione di polveri fini a seguito dell’esplosione di testate nucleari su obiettivi civili (e quindi non sui mari o nei deserti come durante i test atomici).

Lo scenario di impiego massiccio delle armi tiene conto del fatto che al momento delle esplosioni un moto convettivo (il fungo atomico) trasporta rapidamente tutte le polveri verso strati più alti. Questo dovrebbe creare una uniforme nube di polvere e cenere radioattiva sospesa nell’aria fra i 1000 e i 2000 metri da terra. La nube accumulerebbe l’energia solare e farebbe salire le temperature degli strati della tropopausa e alta troposfera fino a 80 °C mentre la superficie della Terra rimarrebbe protetta dai raggi solari e si raffredderebbe in media, scusate se è poco!, di 40 °C.

Vi sono anche scenari di impiego più contenuto di armi “atomiche” che vanno sotto il titolo di “guerra nucleare locale”: vedi articolo allegato de Le Scienze (marzo 2010), autori Alan Robock e Owen Brian Toon, dal sottoscritto citato ne: “La follia del nucleare: come uscirne” (coautori Luigi Mosca e Mario Agostinelli – Mimesis Edizioni, 2016).

Questo il sottotitolo del pezzo: “Ci si preoccupa dei rapporti tra Stati Uniti e Russia, ma una guerra nucleare regionale tra India e Pakistan potrebbe offuscare il Sole e affamare buona parte dell’umanità”.

Qui la previsione diciamo ottimistica è di solo un miliardo di morti dopo una ventina di anni, a scalare dall’epicentro del conflitto.

Nel 2014 un altro studio su un possibile conflitto nucleare tra India e Pakistan è salito agli onori della cronaca: questo invece è stato pubblicato sulla rivista Earth’s Future dell’American Geological Society (AGU).

(si vada alla URL: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/2013EF000205/full) .

Siamo sempre a 50 missili a testa di 15 kilotoni l’uno ma i morti previsti raddoppiano con l’uso di nuovi modelli: 2 miliardi al posto di uno.

La stessa cifra viene fuori da uno studio dell’ International Physicians for the Prevention of Nuclear War (si vada su: http://www.ippnw.org/nuclear-famine.html) . Secondo quel lavoro, un conflitto nucleare su piccola scala potrebbe portare ad una diminuzione nella produzione di grano di almeno il 10% per dieci anni, con picchi che raggiungerebbero il 20% nei momenti peggiori.

Gli ordigni nucleari, se la teoria dell’inverno nucleare fosse vera, potrebbero secondo ogni logica essere inseriti a pieno titolo nella categoria delle armi di distruzione climatica: le catastrofi climatiche che possono provocare sono un effetto essenziale del loro impiego.

Arma direttamente climatica non è quindi, ad esempio, solo la tecnologia elettromagnetica usata militarmente per sconvolgere l’ambiente: è proprio l’arma nucleare, che produce onde d’urto, tempeste di fuoco, inquinamento radioattivo ed impatto elettromagnetico; ma, con un impiego relativamente allargato, anche il cosiddetto “inverno nucleare”.

Un attacco nucleare contro la Corea di poche decine di bombe H non farebbe solo milioni di morti subito su un territorio circoscritto: il cambiamento climatico e la destabilizzazione agricola ed ecologica investirebbero un’area molto più ampia (la Cina è vicina!) e nel periodo di un paio di decenni potrebbero causare, come si è visto, centinaia di milioni di morti.

Nel 1976, un’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una Convenzione internazionale (Risoluzione 31/72 del 10 dicembre 1976) che ha vietato l’uso militare di tecniche di modifica dell’ambiente che hanno effetti diffusi, duraturi e gravi nel tempo.

Essa è nota come Convenzione ENMOD (Convention on the Prohibition of Military or Any Other Hostile Use of Environmental Modification Techniques), è stata aperta alla firma il 18 maggio 1977 a Ginevra ed è entrata in vigore il 5 ottobre 1978.

L’Italia ha firmato la Convenzione a Ginevra il 18 maggio 1977 e l’ha ratificata con la legge n. 962 del 29 novembre 1980. (Per il suo testo andare alla URL: http://disarmament.un.org/treaties/t/enmod)

La Convenzione proibisce l’uso militare e ogni altro utilizzo ostile delle tecniche di modifiche ambientali aventi effetti estesi, duraturi o severi.

Il termine “tecniche di modifiche ambientali” si riferisce ad ogni tecnica finalizzata a cambiare – attraverso la manipolazione deliberata dei processi naturali – la dinamica, la composizione e la struttura della Terra, incluse la sua biosfera, litosfera, idrosfera e atmosfera, così come lo spazio esterno.

I criteri per la definizione di tali tecniche non sono definiti nel corpo della Convenzione ma nell’Intesa sull’Articolo I che, riportando quanto emerso in fase negoziale, esplicita i termini:

  • “esteso” come riferibile ad un’area di diverse centinaia di chilometri quadrati;

  • “duraturo” come riconducibile ad un periodo di mesi o di almeno una stagione;

  • “severo” come correlato ad un’azione che provoca danni seri o significativi alla vita umana, naturale alle risorse economiche o altre attività.

I primi due criteri sono valutati con parametri quantitativi e l’ultimo criterio con elementi qualitativi in parte riconducibili al concetto di sviluppo sostenibile.

Il divieto di guerra climatica, ovvero di utilizzo delle tecniche di modifica del clima o di geoingegneria con lo scopo di provocare danni o distruzioni, viene ripreso anche nella Convenzione sulla diversità biologica del 2010.

Vogliamo a questo punto cercare il pelo nell’uovo?

La Convenzione ENMOD non tutelerebbe l’ambiente da qualunque danno provocato dalle azioni belliche o ostili ma vieterebbe solo quelle tecniche offensive che trasformano l’ambiente stesso in un’arma, ascrivibili alle tecniche di manipolazione ambientale.

In questo senso non vieterebbe l’uso di armi atomiche per distruggere – che so – Pyong Yang ed altre città coreane. Ma si dovrebbe anche considerare l’eventualità che l’attacco alle città di un Paese piccolo possa essere solo uno schermo che nasconde l’intenzione di provocare modifiche ambientali capaci di disorganizzare e portare alla fame un Paese più grande confinante.

Gli ordigni nucleari capaci di tali effetti potrebbero allora essere considerati proibiti ai sensi della citata Convenzione ENMOD e una conferenza di revisione convocata ad hoc dall’ONU potrebbe avallare un tale sviluppo innovativo del diritto internazionale.

Un’altra strada potrebbe essere quella di considerare, all’interno del percorso dell’accordo per contrastare il riscaldamento globale di Parigi del 12 dicembre 2015, la minaccia nucleare direttamente come una minaccia climatica, non solo un problema collegato alla seconda dalla potenzialità analoga di estinzione della specie umana.

La minaccia nucleare potrebbe essere vista come possibile minaccia climatica diretta, allo stesso modo dell’accumulo di gas serra.

Questo ragionamento costituirebbe un salto di paradigma anche per noi Disarmisti esigenti, che pure abbiamo lavorato sull’intreccio tra le due minacce sia a Parigi, sia a New York che a Bonn, cioé sia nel percorso disarmista che in quello climatico.

Preparare la guerra nucleare significa comunque preparare il più sconvolgente e repentino cataclisma climatico. Potrebbe avvenire non solo come effetto collaterale ma come risultato di una azione intenzionale.

Sembrerebbe quindi opportuno, anzi doveroso, che il percorso ONU delle COP climatiche (ora dalla COP 23 di Bonn si va alla COP 24 a Katowice in Polonia) ne prendesse consapevolezza e si cautelasse dall’inverno nucleare o da quanto altro potesse essere prodotto dalle armi nucleari come alterazione climatica deliberata.

La crisi coreana rende questi discorsi molto concreti per chiunque, nel momento in cui due leader statali – e disgraziatamente non si tratta di una barzelletta – fanno la gara a chi detiene il bottone nucleare più grosso!

Quanto sopra esposto dovrebbe comunque fare riflettere reti come la COALIZIONE PER IL CLIMA, che si sono costituite con l’obiettivo di costruire iniziative e mobilitazioni comuni, nazionali e territoriali, per raggiungere la massima sensibilizzazione possibile sulla lotta ai cambiamenti climatici, allo scopo di salvare il nostro Pianeta.

Se si ha a cuore il futuro dell’ecosistema globale bisogna adoperarsi per eliminare alla radice la minaccia nucleare, che oltretutto, come si è detto, potrebbe essere direttamente minaccia climatica.

Ne consegue la necessità di farsi partner attivo della Campagna ICAN (Abolizione delle armi nucleari), allo stesso modo in cui la Rete ICAN non farebbe male ad occuparsi dell’intreccio tra minaccia nucleare e minaccia climatica.

Non sarebbe affatto fuori tema la richiesta che, al di là delle singole organizzazioni aderenti, la COALIZIONE in quanto tale si facesse addirittura componente di ICAN in Italia, accogliendo l’appello di “SIAMO TUTTI PREMI NOBEL”, lanciato con la conferenza stampa al Senato dell’11 dicembre 2017.

 

sabato 6 gennaio 2018

20 gennaio 2018 MANIFESTAZIONE NAZIONALE A GHEDI E ALLA SUA AEROBASE

dalla pagina http://www.forumcontrolaguerra.org/2018/01/05/20-gennaio-2018-manifestazione-nazionale-a-ghedi-e-alla-sua-aerobase/




Per l’abolizione ovunque delle armi atomiche

Via le armi atomiche da Ghedi e dagli altri siti nucleari sul suolo italiano

L’Italia aderisca al Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), adottato il 7 luglio 2017 dall’ONU (122 paesi), come chiede ICAN – Premio Nobel per la pace e come esige il rispetto del Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari già ratificato dall’Italia nel 1975

Opponiamoci alla NATO che pianifica devastazioni atomiche e non vuole il Trattato

Per non essere complici di atti di sterminio nucleare e per non subire esplosioni o incidenti atomici


Basta guerre comunque le si chiamino

Chiudere tutte le basi straniere in Italia e tutte le basi italiane all’estero

Cessare le cosiddette “missioni militari di pace”

Riconvertire le risorse utilizzate per la ricerca e la produzione militare e trasferire le spese militari ai settori civili (ambiente, salute, lavoro)


Nel dicembre 2017, nelle città di Bergamo, Brescia, Camp Darby, Castellamare del Golfo, Crema, Firenze, Genova, Ghedi, Ivrea, Milano, Novara, Padova, Pisa, Roma, Torino, Trieste, Vicenza, Varese, ecc. si sono svolte manifestazioni per mettere al bando le armi nucleari, ora rilanciamo con:


MANIFESTAZIONE A GHEDI E ALLA SUA AEROBASE

Sabato 20 gennaio 2018

ore 13 Concentramento a Ghedi – piazza Roma

Corteo alla RWM (fornitrice di Bombe all’Arabia Saudita usate contro i civili in Yemen)

ore 15 Manifestazione alla Aerobase di Ghedi

 
Per adesioni scrivere a: forumcontrolaguerra@gmail.com

Sito: http://www.forumcontrolaguerra.org/ (In allestimento)


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La recente crisi dei missili tra Corea del Nord e USA, con scambi di minacce di reciproco incenerimento atomico, ha riportato l’attenzione sul problema nucleare per troppo tempo messo deliberatamente in sordina dai mezzi di comunicazione di massa.

Il panorama che abbiamo di fronte è terrificante. Sono ancora circa 15400 le armi nucleari presenti (7485 in mano a paesi NATO: USA, Francia e GB, 7300 alla Russia, 260 alla Cina, almeno 260 tra Pakistan ed India, ma è in corso un rapido aumento per entrambi, 80 ad Israele e 8 alla Corea del Nord). Di queste armi, 4200 sono schierate con le forze operative e 1800 sono pronte all’uso e in grado, a partire da sottomarini, silos missilistici, navi e aeroporti, di raggiungere gli obiettivi in una manciata di minuti. La loro potenza distruttiva è gigantesca (come 500.000 bombe di Hiroshima, una tonnellata di tritolo per ogni abitante del pianeta), capace di portare alla estinzione dell’umanità e addirittura della vita sulla terra.
Giustamente ha destato allarme l’effettuazione del sesto esperimento atomico nordcoreano, ma non è tollerabile che l’intimazione a smettere sia venuta dagli USA che nel 1945 annichilì con bombe atomiche 2 città e 200.000 persone, e che di esperimenti, anche in atmosfera, ne ha fatti più di 1000, su 2200.

Gli scienziati nel 1947 idearono “l’orologio dell’Apocalisse” che misura il pericolo della catastrofe nucleare. Oggi siamo a 2 minuti e mezzo dalla mezzanotte, cioè dalla fine. Solo nei periodi 1953-59 e nel 1985-87 abbiamo rischiato così tanto, e le criticità oggi sono più d’una.

1) Trump ha minacciato un primo colpo atomico decapitante contro le forze nordcoreane, ma la Cina non potrebbe tollerare un attacco nucleare ai suoi confini, sarebbe la guerra termonucleare mondiale! Pyongyang ha minacciato a sua volta un attacco al territorio USA.
2) A fronte del confronto NATO-Russia sull’Ucraina e sulla Siria, da qualche anno Washington e Mosca si scambiano accuse reciproche di sperimentare armi che violerebbero il Trattato INF che ha eliminato gli Euromissili e gli USA procedono nella installazione dello “Scudo antimissile” di fatto in violazione dell’ABM cioè del pilastro che garantisce la deterrenza reciproca.
3) Trump ha deciso di cestinare l’Accordo sul nucleare con l’Iran e ha riconosciuto Gerusalemme capitale di Israele, tutto ciò prelude a nuove ipotesi di guerra contro l’Iran a fianco di Israele ed Arabia Saudita.
4) Il conflitto, a volte degenerato in armato, tra India e Pakistan, si accompagna ad una pericolosa accelerazione della corsa locale alle armi nucleari.
5) Prosegue a suon di miliardi l’innovazione delle armi nucleari che le rende più vicine ad essere usate. A questo si aggiunge lo sviluppo di sistemi che rendono autonome le armi dalle decisioni umane, nonché l’estensione della cyberwar, elementi che avvicinano la possibilità di guerra atomica anche per errore (già in passato alcuni errori ci hanno fatto sfiorare la catastrofe).

Il Potere nucleare è la quintessenza del potere verticistico politico e militare, è l’antitesi della democrazia, la negazione dei più elementari diritti umani e dunque della giustizia sociale. E’ potere esclusivo, chiuso, segreto, che esercita il diritto di vita o di morte su tutti noi. E’ il potere che, per mantenere e rafforzare il suo dominio, brucia enormi risorse nella folle corsa al riarmo sottraendole ai bisogni fondamentali dell’umanità accrescendo così gli squilibri socioeconomici e ambientali su scala globale.

Per questo è urgente che l’umanità abolisca le armi nucleari così come ha già ha messo al bando le altre armi di distruzione di massa chimiche e biologiche.

Oggi abbiamo uno strumento in più: all’ONU il 7 luglio 2017 è stato adottato uno storico Trattato che proibisce gli ordigni atomici; promosso da 122 nazioni che non possiedono il nucleare, contro la volontà delle 9 nazioni che possiedono la “Bomba” e della NATO che lo ha nettamente rifiutato. Un movimento mondiale disarmista, organizzato attorno ad ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) insignito del Premio Nobel per la Pace 2017, ha reso concreta la speranza che l’Umanità riesca finalmente a liberarsi dalla più terribile minaccia alla sua sopravvivenza. Scienziate e scienziati, Parlamento Europeo, Papa Francesco e leader di altre religioni si sono espressi affinché si giungesse al Trattato e perchè sia ora ratificato da tutti, ci indigna così ancor di più il fatto che il Governo italiano abbia ostacolato questo processo e che ora resista alla sua ratifica.

Anche in Italia, nonostante il Trattato di Non Proliferazione, sono dispiegate armi atomiche USA, pronte ad incenerire milioni di persone, negli 11 porti in cui attracca naviglio della VI flotta e nelle aerobasi di Ghedi e di Aviano. In queste ultime le B-61 saranno presto sostituite dalle bombe all’idrogeno B-61-12 che saranno montate sui net-centrici cacciabombardieri stealth F35, assemblati da Leonardo a Cameri. Noi diciamo che questo è inaccettabile ed invitiamo tutti a protestare a Ghedi il 20 gennaio 2018.

Per adesioni scrivere a: forumcontrolaguerra@gmail.com


Forum contro la Guerra – 01 gennaio 2018
 

giovedì 4 gennaio 2018

IN RICORDO DI FERDINANDO IMPOSIMATO: LA SUA DENUNCIA DEL RUOLO DELLA NATO NELLE STRAGI

dalla pagina https://www.change.org/p/3169656/u/22194659

Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO
 

3 gen 2018 — È morto Ferdinando Imposimato, un uomo che ha fatto della difesa della Costituzione il suo programma politico e umano di magistrato. Ha servito il popolo senza tatticismi, senza esitazioni, senza tornaconto personale.

Ha combattuto la mafia e il terrorismo, pagando per questo un prezzo durissimo: l'assassinio del fratello Franco per mano della camorra.

Il Comitato No Guerra No Nato, di cui egli è stato uno dei promotori, lo ricorda con profonda gratitudine per il grande contributo che ha dato alla lotta per un’Italia sovrana e neutrale, per l’attuazione dell’Articolo 11 della Costituzione.

Il modo migliore per ricordarlo è diffondere il suo intervento al Convegno in cui il CNGNN presentò il suo programma nell’ottobre 2015. Invitiamo tutti voi a farlo conoscere nel modo più ampio possibile.

Nel suo intervento al Convegno, il magistrato Ferdinando Imposimato, Presidente Onorario della Suprema Corte di Cassazione, riassume i risultati delle indagini da lui condotte, dalle quali emerge il ruolo della Nato nelle stragi che hanno insanguinato l’Italia.

Una precisa denuncia, ignorata da quel mondo politico-mediatico che formalmente oggi ne onora la memoria.

martedì 2 gennaio 2018

Ferdinando Imposimato e 11/9 ...

Per ricordare Ferdinando Imposimato, morto questa mattina a Roma a 81 anni, nel ringraziarlo per la sua professionalità e onestà intellettuale, pubblichiamo una sua lettera di qualche anno fa... 

Fonte originale: http://www.journalof911studies.com/resources/2012-September---Imposimato-letter.pdf

Traduzione italiana per Megachip a cura di Pino Cabras pubblicata [ma non più disponibile] alla pagina http://www.megachip.info/finestre/zero-11-settembre/8851-imposimato-a-11-anni-da-quell11-settembre-era-strategia-della-tensione.html


di Ferdinando Imposimato -Journal of 9/11 Studies

Gli attentati dell'11/9 sono stati un'operazione globale di terrorismo di Stato consentita dall'amministrazione degli USA, che sapeva già dell’azione ma è rimasta intenzionalmente non reattiva al fine di fare la guerra contro l'Afghanistan e l'Iraq. Per dirla in breve, gli eventi dell'11/9 erano un caso di Strategia della Tensione messa in atto dai poteri politici ed economici negli Stati Uniti per perseguire vantaggi in capo all'industria petrolifera e delle armi.
Anche l'Italia è stata una vittima della "Strategia della Tensione" della CIA, attuata in Italia dai tempi della strage di Portella della Ginestra, in Sicilia, nel 1947, fino al 1993.
Ci sono molte prove di una tale strategia, sia circostanziali che scientifiche. Le relazioni del National Institute of Standards and Technology (NIST), del 20 novembre 2005, hanno sancito le conclusioni di seguito esposte.
Gli aerei che hanno colpito ciascuna delle torri gemelle hanno causato tanto una breccia quanto un'esplosione evidenziata da una gigantesca palla di fuoco. Il carburante rimanente fluiva verso i piani inferiori, alimentando gli incendi. Il calore degli incendi deformava le strutture degli edifici così che entrambe le torri sono crollate completamente da cima a fondo. Molto poco è rimasto di quanto era di qualsiasi dimensione dopo questi eventi, a parte i frammenti in acciaio e in alluminio e i detriti polverizzati provenienti dai pavimenti in cemento. Anche l’edificio 7 del World Trade Center crollò: lo fece in un modo che risultava in contrasto con l'esperienza comune degli ingegneri.
Il rapporto finale del NIST ha affermato che gli attacchi aerei contro le torri gemelle erano la causa dei crolli per tutti e tre gli edifici: WTC1, WTC2 e WTC7.
Tutti e tre gli edifici sono crollati completamente, ma l'edificio 7 non fu colpito da un aereo. Il crollo totale del WTC7 ha violato l'esperienza comune ed era senza precedenti.
Il rapporto del NIST non analizza la reale natura dei crolli. Secondo gli esperti intervenuti nel corso delle Udienze di Toronto (“Toronto Hearings”, 8-11 settembre 2011), i crolli avevano caratteristiche che indicano esplosioni controllate. Sono d'accordo con l’architetto Richard Gage e l’ingegnere Jon Cole, entrambi professionisti di grande esperienza, che sono arrivati alle loro conclusioni attraverso test affidabili, prove scientifiche, e la testimonianza visiva di persone insospettabili, tra cui i vigili del fuoco e le vittime.
L'autorevole teologo David Ray Griffin ha descritto con grande precisione perché l'ipotesi di demolizione controllata dovrebbe essere presa in considerazione. Vari testimoni hanno sentito raffiche di esplosioni.
Secondo il NIST il crollo dell'edificio 7 è stato causato da incendi provocati dal crollo delle torri gemelle. Il chimico e ricercatore indipendente Kevin Ryan, tuttavia, ha dimostrato che il NIST ha dato versioni contraddittorie del crollo dell'edificio 7. In un rapporto preliminare del NIST dichiarava che il WTC7 fu distrutto a causa di incendi provocati da gasolio conservato nel palazzo, mentre in una seconda relazione questo combustibile non era più considerato come la causa del crollo dell'edificio. Ulteriori commenti sulla versione degli eventi data dal NIST sono stati formulati da David Chandler, un altro testimone esperto intervenuto nel corso delle Udienze di Toronto. Nonostante la presunzione del NIST in merito a tre distinte fasi di crollo, Chandler ha sottolineato che molti video disponibili dimostrano che per circa due secondi e mezzo l'accelerazione dell’edificio non può essere distinta da una caduta libera. Il NIST è stato costretto a concordare con con questo fatto empirico come sottolineato da Chandler, e ora comprensibile per chiunque.
Peter Dale Scott, un altro testimone alle Udienze di Toronto, ha dimostrato l'esistenza di un modello d’azione sistematico della CIA volto a bloccare importanti informazioni nei confronti dell'FBI, anche quando l'FBI avrebbe normalmente diritto di ottenerle. Inoltre, ci sono ulteriori elementi di prova contro George Tenet e Tom Wilshire. Secondo l'ex capo dell’antiterrorismo della Casa Bianca, Richard Clarke (intervista rilasciata alla televisione francese e tedesca come parte di un documentario di Fabrizio Calvi e Christopf Klotz ,31 agosto 2011, nonché l'intervista con Calvi e Leo Sisti, "Il Fatto Quotidiano ", 30 agosto 2011) la CIA era a conoscenza dell’imminente attacco dell’11/9.
Inoltre, dal 1999 la CIA aveva indagato Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hamzi, entrambi sauditi, che sono stati associati con l'aereo della American Airlines che ha colpito il Pentagono. La CIA era stata informata che Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hamzi erano arrivati negli Stati Uniti all'inizio del 2000. È legittimo dedurre che Tenet, capo della CIA, e Wilshire, secondo Peter Dale Scott una "figura chiave" nella Alec Station, bloccarono gli sforzi di due agenti dell'FBI, Doug Miller e Mark Rossini, intesi a notificare al centro FBI che uno dei partecipanti alla riunione di Kuala Lumpur, al-Mihdhar, aveva ottenuto un visto USA attraverso il consolato degli Stati Uniti a Jeddah. Il professor Scott, basandosi sulla ricerca di Kevin Fenton, cita 35 occasioni in cui i dirottatori sono stati protetti in questo modo, a partire dal gennaio del 2000 al 5 settembre 2001. Con riferimento al precedente di questi incidenti, il motivo di questa protezione era evidentemente, secondo Fenton, «per coprire un'operazione della CIA che era già in corso.»
Ulteriore prova indiziaria contro Tenet e Wilshire è la seguente. Il 12 luglio 2001 Osama bin Laden si trovava nell’ospedale americano di Dubai. Fu visitato da un agente della CIA. Questa informazione è stata data a Le Figaro, che ha anche riferito che bin Laden era stato operato in questo ospedale, essendo arrivato da Quetta (Pakistan). Questa informazione è stata confermata da Radio France International, che ha rivelato il nome dell'agente che ha incontrato bin Laden: Larry Mitchell. Tenet e Wilshire, consapevoli della presenza di bin Laden negli Emirati Arabi Uniti, non sono riusciti a farlo arrestare né estradare, anche se i documenti dell'FBI e della CIA lo ritenevano responsabile di massacri in Kenya e Tanzania.
L'insider trading è una forte ulteriore prova contro la CIA, l’FBI e il governo degli Stati Uniti.
Gli articoli del professor Paul Zarembka, così come da Kevin Ryan e altri, dimostrano che tali casi di insider trading hanno avuto luogo nei giorni immediatamente precedenti rispetto agli attentati. Eppure questi casi di insider trading sono stati negati dall'FBI e dalla Commissione d’inchiesta sull’11/9.
Ulteriore prova contro la CIA e l'amministrazione degli Stati Uniti è la seguente. Mohammed Atta, almeno a partire dal maggio 2000, era sotto sorveglianza della CIA in Germania, secondo la Commissione sull’11/9, sia perché era accusato sin dal 1986 di attentati contro Israele, sia perché era stato sorpreso mentre acquistava grandi quantità di prodotti chimici per l'uso in esplosivi a Francoforte (The Observer, 30 settembre 2001). È stato indagato dal servizio segreto egiziano e il suo telefono cellulare era sotto controllo. Nel novembre del 1999 Mohammed Atta lasciò Amburgo, andò a Karachi, in Pakistan, e poi a Kandahar. Qui ha incontrato bin Laden e lo sceicco Omar Saeed (secondo la rivista specializzata in questioni di sicurezza interna GlobalSecurity.org, alla voce "Movements of Mohammed Atta"). Dopo giugno 2000 gli USA hanno continuato a monitorare Atta, intercettando le sue conversazioni con Khalid Sheikh Mohammed, considerato il regista del 9/11, che ha vissuto in Pakistan.
Una forte prova del fatto che la CIA era a conoscenza dei movimenti irregolari di Atta dagli Stati Uniti verso l'Europa e all’interno degli Stati Uniti è il documento declassificato della CIA inviato dall'Agenzia a G.W Bush (President’s Daily Brief – Ndt: “relazione breve giornaliera per il presidente”). Questo documento, del 6 agosto 2001, dice: «Bin Laden determinato a colpire in USA.» E continua: "relazioni di provenienza clandestina, di governi stranieri, e dei media indicano che bin Laden sin dal 1997 ha voluto condurre attacchi terroristici negli Stati Uniti. Bin Laden ha inteso in interviste a televisioni statunitensi nel 1997 e nel 1998 che i suoi seguaci avrebbero seguito l'esempio dell’attentatore del World Trade Center Ramzi Yousef, e avrebbero “portato i combattimenti in America”.»
Dopo gli attacchi missilistici degli Stati Uniti sulla sua base in Afghanistan nel 1998, bin Laden disse ai seguaci che voleva infliggere una rappresaglia a danno di Washington, secondo un servizio di intelligence straniero. Un membro operativo egiziano della Jihad islamica ha rivelato a un agente di un servizio segreto straniero, nel frattempo, che bin Laden aveva intenzione di sfruttare l'accesso operativo agli Stati Uniti per organizzare un attacco terroristico ...
Una fonte clandestina ha affermato nel 1998, che una cellula di bin Laden a New York stava reclutando giovani musulmani americani per gli attentati.
Questo documento dimostra che la CIA, l’FBI, così come il presidente Bush, conoscevano già dal 6 agosto 2001 chi aveva un accesso operativo: Atta. Nessuno ha goduto di un tale accesso negli Stati Uniti quanto Atta. Ma la CIA, l’FBI e Bush non hanno fatto nulla per fermarlo.
In Italia ho raccolto prove che la guerra in Iraq è stata decisa dal governo degli Stati Uniti prima degli attacchi dell'11/9 con l'aiuto dei servizi segreti italiani. Secondo Michel Chossudovsky, gli attacchi dell'11/9 sono stati usati come pretesto per la guerra, avendo avuto come sfondo i molti anni in cui si è avuta la creazione e il sostegno da parte della CIA della rete terroristica ora conosciuta come al-Qa’ida. Oggi c'è il pericolo di una nuova "guerra preventiva" contro l'Iran da parte degli Stati Uniti. Questo potrebbe essere terribile per la gente di tutto il mondo e potrebbe anche distruggere una gran parte dell'umanità.
L'unica possibilità per avere giustizia è quello di presentare le migliori prove relative al coinvolgimento di singoli individui nei fatti dell’11/9 al Procuratore della Corte penale internazionale chiedendogli di indagare in base agli articoli 12, 13, 15 e 17, lettere a e b, dello Statuto della Corte penale internazionale, ricordando anche il preambolo della Statuto:
  • Riconoscere che tali gravi reati minacciano la pace, la sicurezza e il benessere del mondo,
  • Affermare che i reati più gravi che sono motivo di allarme per la comunità internazionale nel suo insieme non debbano rimanere impuniti e che la loro repressione debba essere efficacemente garantita mediante provvedimenti adottati a livello nazionale ed attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale,
  • Essere determinati a porre fine all'impunità degli autori di tali crimini e quindi di contribuire al perseguimento di tali reati,
  • Ricordare il dovere di ogni Stato di esercitare la propria giurisdizione nei confronti dei responsabili di reati internazionali ...

Ferdinando Imposimato, settembre 2012.



Ferdinando Imposimato era presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione ed ex senatore e deputato. A lungo ha fatto parte della Commissione bicamerale Antimafia.
Da magistrato ha istruito alcuni tra i più importanti processi sul terrorismo (il caso Aldo Moro, l'attentato al papa Giovanni Paolo II, il caso Bachelet). Ha scoperto la “pista bulgara” e altre connessioni terroristiche internazionali. Innumerevoli i processi contro mafia e camorra. Tra gli altri, ha istruito il caso Michele Sindona e il processo alla Banda della Magliana.
È autore o co-autore di sette libri sul terrorismo internazionale, la corruzione statale, e di questioni connesse, nonché Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana.