venerdì 29 novembre 2019

Italia in prima linea, atterra a Sigonella il primo DRONE NATO

dalla pagina change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale


Comitato promotore della campagna
#NO GUERRA #NO NATO

Italia

27 NOV 2019 — 

Manlio Dinucci



È atterrato nella base Usa/Nato di Sigonella in Sicilia, dopo 22 ore di volo dalla base aerea di Palmdale in California, il primo drone del sistema Ags (Alliance Ground Surveillance) della Nato, versione potenziata del drone Usa Global Hawk (Falco Globale).

Da Sigonella, principale base operativa,  questo e altri quattro aerei dello stesso tipo a pilotaggio remoto, supportati da diverse stazioni terrestri mobili, permetteranno di «sorvegliare», ossia spiare, vaste aree terrestri e marittime dal Mediterraneo all’Africa, dal Medioriente al Mar Nero.

I droni Nato teleguidati da Sigonella, in grado di volare per 16.000 km a 18.000 m di altezza, trasmetteranno alla base i dati raccolti. Questi, dopo essere stati analizzati dagli operatori di oltre 20 postazioni, verranno immessi nella rete criptata  che fa capo al Comandante Supremo Alleato in Europa, sempre un generale Usa nominato dal presidente degli Stati uniti.

Il sistema Ags, che diverrà operativo nella prima metà del 2020, sarà integrato con l’Hub di Direzione Strategica per il Sud: il centro di intelligence che, nel quartier generale Nato di Lago Patria (Napoli) sotto comando Usa, ha il compito di raccogliere e analizzare informazioni funzionali alle operazioni militari soprattutto in Africa e Medioriente.

Principale base di lancio di tali operazioni, effettuate per la maggior parte segretamente con droni da attacco e forze speciali, è quella di Sigonella, dove sono dislocati droni Usa Reaper armati di missili e bombe a guida laser e satellitare.

I droni da attacco e le forze speciali, mentre sono in azione, sono collegati, attraverso la stazione Muos di Niscemi (Caltanissetta), al sistema di comunicazioni satellitari militari ad altissima frequenza  che permette al Pentagono di controllare, attraverso la sua rete di comando e comunicazioni, droni e cacciabombardieri, sottomarini e navi da guerra, veicoli militari e reparti terrestri, mentre sono in movimento in qualsiasi parte del mondo si trovino.

Nello stesso quadro operano i 15 Predator e Reaper e gli altri droni dell’Aeronautica italiana, teleguidati dalla base di Amendola in Puglia. Anche i Reaper italiani possono essere armati di missili e bombe a guida laser per missioni di attacco.

Il sistema Ags, che potenzia il ruolo dell’Italia nella «guerra dei droni», viene realizzato con «significativi contributi» di 15 Alleati: Stati uniti, Italia, Germania, Norvegia, Danimarca, Lussemburgo, Polonia, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Slovenia. Principale contrattista del sistema è la statunitense Northrop Grumman. L’italiana Leonardo fornisce due stazioni terrestri trasportabili.

Il «contributo» italiano al sistema Ags consiste, oltre che nella messa a disposizione della principale base operativa, nella compartecipazione alle spese inizialmente con oltre 210 milioni di euro. Altri 240 milioni di euro sono stati spesi per l’acquisto dei droni Predator e Reaper.

Compresi gli altri già acquistati e quelli di cui si prevede l’acquisto, la spesa italiana per i droni militari sale a circa un miliardo e mezzo di euro, cui si aggiungono i costi operativi. Pagati con denaro pubblico, nel quadro di una spesa militare che sta per passare dalla media attuale di circa 70 milioni di euro al giorno a una di circa 87 milioni di euro al giorno.

I crescenti investimenti italiani nei droni militari comportano conseguenze che vanno al di là di quelle economiche. L’uso dei droni da guerra per operazioni segrete sotto comando Usa/Nato svuota ancor più il parlamento di qualsiasi reale potere decisionale sulla politica militare e di riflesso sulla politica estera. Il recente abbattimento di un Reaper italiano (costato 20 milioni di euro), in volo sulla Libia, conferma  che l’Italia è impegnata in operazioni belliche segrete in violazione dell’Art.11 della nostra Costituzione.

(il manifesto, 26 novembre 2019)

martedì 26 novembre 2019

CESSATE IL FUOCO ! No alla guerra. Salviamo le vittime

adesso che è passato un po' di tempo e fa meno notizia, proponiamo questo articolo che illustra il modo di porsi del movimento nonviolento

dalla pagina https://www.azionenonviolenta.it/cessate-il-fuoco-no-alla-guerra-salviamo-le-vittime/

Il Movimento Nonviolento interviene sull'attacco turco nei confronti della popolazione curda

– Siamo dalla parte delle vittime, sempre, per aiutare, curare, accogliere, salvare vite.
– La Turchia ha aggredito, oggi è il carnefice da fermare.
– Né con Erdogan, né con Assad, i loro eserciti sono neri.
– Né con Trump, né con Putin, i loro imperi sono violenza.
– La Nato è parte del problema, non della soluzione.

Dov’è l’Onu?

Attivi subito una forza di interposizione, istituisca la No-Fly zone per la protezione della popolazione.

Dov’è l’Unione Europea?

Bloccare la vendita (futura) di armi non basta, bisogna sospendere ogni accordo UE-Turchia.

L’urgenza immediata è fermare la pulizia etnica e risolvere la crisi politica in Siria con una conferenza internazionale che veda la partecipazione e la rappresentanza di tutte le differenti comunità nazionali e minoranze, culturali e religiose.

La soluzione è politica, non militare.
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Pubblichiamo il testo di un messaggio di posta elettronica, relativo all'articolo sopra, ricevuto da Piero. Perché? Perché molto spesso Piero fa "presenza a Longare" e quindi riteniamo corretto pubblicare il suo pensiero, perché questo blog non è "nostro", non è di alcuni, ma di chi fa "presenza a Longare" condividendone le modalità nonviolente. 

Come anticipato a Piero, alcune sue affermazioni sono condivisibili, altre no. Ne discuteremo volentieri, ma non in queste pagine, bensì facendo "Presenza a Longare" la Domenica, dalle 10 alle 11, davanti alla base militare USA Site Pluto a Longare. Presenza nonviolenta.

[...] Trovo incomprensibile la pubblicazione di un articolo così sciatto, confuso e disinformativo come quello del Movimento Nonviolento che avete messo nel sito. Mi sembra che di cattiva informazione ce ne sia ci sia già a sufficienza in giro senza che Presenza Longare ne aggiunga dell'altra.
L'articolo non chiarisce quale sia la situazione in Siria e che cosa lì sia successo in particolare negli ultimi 8 anni ... cosa fondamentale, credo, se si vuol cercare di cercare perseguire una soluzione politica come auspicato dall'articolo stesso. In Siria non vi è stata una guerra civile, bensì una aggressione armata a cui hanno partecipato oltre Usa e Paesi Arabi tra cui l'Arabia Saudita anche Francia e Gran Bretagna, molti altri paesi europei con l'aggiunta della Turchia, con Israele che stava, compiaciuto, a guardare (e che di tanto in tanto assestava e assesta a tutt'oggi, qualche fendente). Le popolazioni Curde, poi, non sono così innocenti come si vorrebbe far passare ... basterebbe fare indagini sulle stragi compiute a Raqqa a scapito delle popolazioni arabo-siriane di questa città occupata dai Kurdi, con l'appoggio dei bombardamenti della coalizione a guida Usa... 
Per farla breve: è per me fin troppo evidente che questi signori del Movimento Nonviolento si sono talmente abbeverati alla propaganda bellica dei nostri eroici giornalisti, da far pensare che essi siano diventati strumento, magari inconsapevole,  di ben altre operazioni che non quelle umanitaristiche, di cui si fregiano. Me lo fa credere  in particolare la loro infelice valutazione di quel che la Russia ha fatto in questi ultimi anni ... (definendola: impero violento). Per farvelo capire meglio vorrei riportarvi all'Aprile del 2003 quando l'ispettore dell'Onu, per la ricerca delle armi di distruzione di massa di Saddam, Hans Blix, fu costretto a fuggire dall'Iraq sotto le bombe dell'irrefrenabile potenza americana e con lui l'ambasciatore russo che fino all'ultimo aveva cercato di fermare l'aggressione Usa ... niente fu in grado di fermare la prepotenza americana, nemmeno la "Seconda potenza mondiale": come fu denominato il movimento pacifista di quegli anni.
Dieci anni dopo le cose sono andate diversamente, un'altra Russia, non più quella quasi inerme del 2003, è riuscita compiere il miracolo. E' riuscita a fermare quella stessa potenza che pretendeva di portare alla Siria lo stesso caos (purtroppo in parte riuscendovi) che aveva colpevolmente causato dopo l'aggressione del 2003 in Iraq ...(anche con il contributo italiano: per Nassirya nessuna lacrima da parte mia)... I signori del Movimento Nonviolento, sembrano essere privi di memoria, vivono in un mondo fatato,  in cui esiste solo un presente senza spessore, immemori di qualsiasi insegnamento il passato possa loro dare.  Totalmente inconsapevoli che i violenti riconoscono solo quelli che possono loro contrapporsi ad armi pari... Lo scopo dei movimenti nonviolenti sembra solo quello di raccogliere i cocci, asciugare le scie di sangue, cercando di porre rimedio alle  distruzioni  e al dolore  che la potenza egemone lascia lungo il suo cammino ... non ponendosi il problema di fermarla in modo definitivo. Non rendendosi conto che, purtroppo, questo non può essere compiuto solo con i belati di schiere pur numerose di pacifisti. Una triste realtà,  potremmo definirla, ma è la realtà.  Concludendo e vi assicuro, mi sto trattenendo ... perché avrei molto altro da aggiungere, voi siete padroni di fare le vostre scelte, il sito è vostro, ma voglio esprimervi il mio rammarico per quella che mi sembra una brutta scivolata.

Vi saluto,

Piero

venerdì 22 novembre 2019

Il "crimine" di Julian Assange: aver portato alla luce i crimini di guerra USA

dalla pagina https://www.change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/25389323

Comitato promotore della campagna

#NO GUERRA #NO NATO

Italia

Intervista a John Shipton, padre di Julian Assange

22 NOV 2019 — 


L’intervista video a John Shipton, padre di Julian Assange – fatta da Berenice Galli (CNGNN), montata e pubblicata da Pandora TV diretta da Giulietto Chiesa – costituisce un documento di grande importanza per la difesa della democrazia, sempre più sotto attacco da parte di un sistema politico-mediatico che usa repressione e mistificazione per mettere a tacere la verità. Per meglio comprendere l’intervista, riassumiamo qui di seguito le vicende che hanno portato alla drammatica situazione  in cui si trova oggi Julian Assange. Invitiamo a diffondere al massimo questa informazione, contribuendo in tal modo alla campagna internazionale per la liberazione di Julian Assange.      
Julian Assange nasce nel 1971 a Townsville in Australia, da una artista, Christine Assange, e un architetto, John Shipton. A sedici anni, sa già scrivere programmi informatici. Verso la fine degli anni Ottanta diviene membro di un gruppo di hacker noto come International Subversives.
Nel 1991 subisce un'irruzione nella sua casa di Melbourne da parte della polizia federale australiana, con l'accusa di essersi infiltrato nel sistema informatico del Pentagono. Nel 1992 gli vengono rivolti ventiquattro capi di accusa per reati di “pirateria informatica”. Assange è condannato, ma in seguito è rilasciato per buona condotta, dopo aver pagato una grossa multa.
A partire dal 2006 è tra i promotori del sito web WikiLeaks, di cui diviene caporedattore. WikiLeaks nel corso degli anni pubblica documenti da fonti anonime e informazioni segrete su politici corrotti, assassinii politici, repressioni e guerre. Il materiale pubblicato tra il 2006 e il 2009 attira sporadicamente l'attenzione dei media, ma è il caso Chelsea Manning che porta WikiLeaks, nel 2010, al centro dell'interesse internazionale.
Chelsea Manning, attivista statunitense, è accusata di aver fornito a WikiLeaks migliaia di documenti riservati di cui era venuta a conoscenza  lavorando quale analista di intelligence dell’Esercito USA durante la guerra in Iraq. Viene per questo condannata a 37 anni di detenzione in un carcere di massima sicurezza. Rilasciata dopo 7 anni di carcere duro, sarà nuovamente incarcerata nel 2019 per essersi rifiutata di testimoniare contro Assange. 
Nel 2010 WikiLeaks rende di pubblico dominio oltre 250.000 documenti statunitensi, molti dei quali etichettati come "confidenziali" o "segreti". Tra questi diversi video sulle stragi di civili compiute dagli USA in Iraq e Afghanistan. WikiLeaks viene messa sotto inchiesta in Australia e Julian Assange rischia di nuovo l’arresto.
Nello stesso anno, mentre Assange è in Gran Bretagna, il tribunale svedese di Stoccolma emette nei suoi confronti un mandato di arresto in contumacia, con l'accusa di aver avuto rapporti sessuali non protetti, seppur consenzienti, con due donne. Assange, presentatosi spontaneamente negli uffici di Scotland Yard, viene arrestato in forza di un mandato di cattura europeo. Assange viene rilasciato su cauzione, ma la Svezia ne chiede l’estradizione dalla Gran Bretagna, col chiaro intento di estradarlo negli Stati Uniti dove lo attende un processo per spionaggio che prevede l’ergastolo o la pena di morte.
Nel 2012 la Corte Suprema britannica decreta la sua estradizione in Svezia. Assange si rifugia, a Londra, nell’Ambasciata dell’Ecuador che gli garantisce il diritto di asilo. Qui resta confinato per sette anni, nonostante che anche una Commissione delle Nazioni Unite denunci il fatto che Assange è detenuto arbitrariamente e illegalmente in Gran Bretagna.
Nel frattempo WikiLeaks prosegue la sua attività. Nel 2016 pubblica oltre 30.000 email e documenti inviati e ricevuti tra il 2010 e il 2014 da Hillary Clinton, Segretaria di Stato dell’Amministrazione Obama. Tra questi una email del 2 aprile 2011, la quale rivela il vero scopo della guerra USA/NATO alla Libia perseguito in particolare da USA e Francia: impedire che Gheddafi usasse le riserve auree della Libia per creare una moneta pan-africana alternativa al dollaro e al franco CFA, la moneta imposta dalla Francia a 14 ex colonie.
La crescente pressione internazionale, esercitata sull’Ecuador soprattutto da Stati Uniti, Gran Bretagna e Svezia, raggiunge il suo scopo. Privato dall’Ecuador del diritto di asilo, Julian Assange viene arrestato nell’aprile 2019 dalla polizia britannica, con l’imputazione di essersi sottratto al mandato emesso dalla Corte Suprema nel 2012.
Il Responsabile ONU contro la tortura, Nils Melzer, dopo avergli fatto visita nel carcere britannico di massima sicurezza, dichiara: "Julian Assange è detenuto in un carcere di massima sicurezza, in condizioni di sorveglianza e isolamento estreme e non giustificate, mostra tutti i sintomi tipici di un'esposizione prolungata alla tortura psicologica. È necessario che il governo britannico lo liberi immediatamente per proteggere la sua salute e la sua dignità. È inoltre da escludere la sua estradizione negli USA".
La vita di Julian Assange, di fatto rapito e detenuto in condizioni inumane (gli viene proibito perfino di vedere i figli), è sempre più in pericolo, sia per i lunghi anni di sofferenze che hanno deteriorato la sua salute, sia per la pericolosa situazione in cui si troverebbe se fosse estradato negli USA. Qui sarebbe in mano a coloro che hanno tutto l’interesse a non farlo arrivare a un processo che, soprattutto se permettesse all'imputato di difendersi, sarebbe estremamente imbarazzante per l’establishment politico-militare.
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domenica 17 novembre 2019

Mons. Ricchiuti: "Signor Ministro… e la Pace?"

dalla pagina http://www.donpaolozambaldi.it/2019/10/signor-ministro-e-la-pace-mons-giovanni-ricchiuti-presidente-pax-christi-italia/

Caro Ministro della Difesa Lorenzo Guerini,

Mi rivolgo a lei dalle pagine della rivista promossa da Pax Christi, Mosaico di pace, innanzitutto per augurarle buon lavoro e per chiederle che alcuni temi – cari a noi e a tante altre donne e uomini che credono nella pace – siano presi in considerazione da lei e dal Governo.
In queste settimane si è parlato molto di rispetto della Costituzione, ma non mi pare di aver sentito risuonare nelle aule parlamentari le parole:
pace, disarmo, riduzione delle spese militari.

Eppure sappiamo tutti come sia vitale mettere la pace al centro della vita politica.

Ce lo ricorda la Carta delle Nazioni Unite: “Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità, a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole…”.

Ce lo ricorda la nostra Costituzione, con l’art. 11: “L’Italia ripudia la guerra…”.

Eppure in Italia per le spese militari investiamo 25 miliardi di euro all’anno! 68 milioni al giorno, 2,8 milioni all’ora, oltre 45.000 euro al minuto!

Le ricordo inoltre che l’Italia entro la fine del 2019 può ancora uscire dal costosissimo progetto degli F35. Dal gennaio del prossimo anno non sarà più possibile. Come lei ben sa, gli F35 sono aerei da guerra, abilitati anche al trasporto di testate nucleari.

Un impegno di spesa di circa 10 miliardi. Il costo di ogni aereo si aggira sui 130 milioni di euro. E mi dicono che ci stiamo avventurando in un nuovo progetto di aereo militare: Tempest, ne abbiamo proprio bisogno?

E poi ci sono le bombe atomiche in Italia, nelle basi di Aviano e di Ghedi. Non sappiamo il numero esatto, ma abbiamo motivo di pensare che siano complessivamente alcune decine, o forse più. E per il prossimo anno è previsto l’arrivo di altre testate, le micidiali B61-12. Sono sul territorio italiano, ma nelle basi Usa e Nato, e di più non è possibile sapere.

Signor Ministro, tutto questo le pare rispettoso della Costituzione?

Rinnovo quindi l’invito a sottoscrivere il Trattato sulla messa al bando degli arsenali nucleari, firmato al Palazzo delle Nazioni unite il 7 luglio 2017, che entrerà in vigore solo se sarà ratificato da almeno 50 paesi e l’Italia non lo ha ancora fatto! Sarebbe un bel gesto di nuovo umanesimo.

“È immorale non solo l’utilizzo, ma anche il possesso di armi nucleari”, ci ricorda papa Francesco!

Signor Ministro, desidero sottolineare ancora un punto necessario per una società nuova e smilitarizzata: il pericoloso rapporto tra mondo scolastico e mondo militare.

Assistiamo sempre più frequentemente a presenze militari all’interno delle scuole e a visite scolastiche presso caserme o basi militari. Classi di bambini, talora anche piccoli, accompagnati a scoprire “eccellenze e primati tecnologici”, che di fatto tendono a coprire il vero volto della guerra che è distruzione e morte. Com’è  possibile educare alla pace in questo modo?

Non mi dilungo, infine, sulla situazione della Rwm di Domusnovas. Mi auguro che ci sia un impegno, in primis da parte del Governo e delle istituzioni statali, per una riconversione della produzione bellica, come da tempo chiediamo insieme a tante altre persone della società civile.

Le chiedo, dunque, di dare dei segnali chiari nella direzione della pace, del disarmo e del ripudio della guerra. Le ricordo che tra i promotori che hanno spinto all’approvazione di legge 185/90, che regola l’export di armi, c’era anche il mio predecessore alla presidenza di Pax Christi, don Tonino Bello, ben cosciente che quella legge era solo un piccolo passo verso un’altra che dovrebbe avere un solo articolo: “Le armi non si producono, non si vendono e non si comprano”.

Se non vogliamo che quanto scritto nella Carta delle Nazioni unite resti lettera morta, dobbiamo compiere scelte concrete di pace.

Mons. Giovanni Ricchiuti, Presidente Pax Christi Italia

sabato 16 novembre 2019

L'impatto ambientale della guerra

riproponiamo un articolo di qualche anno fa dalla pagina http://it.peacereporter.net/articolo/30133/L%27impatto+ambientale+della+guerra

Un gruppo di ecologisti sta studiando gli effetti della guerra sull'ambiente e gli effetti di quest'ultimo sulle guerre presenti e future.


La guerra distrugge l'umanità e l'impatto ambientale è tutt'altro che trascurabile. Nei bollettini di guerra si tiene conto delle morti dei soldati, dei civili (in maniera sempre approssimativa) e dei danni strutturali. Cadono nell'oblio gli effetti postumi (vedi l'utilizzo di munizioni all'uranio impoverito, del fosforo bianco e di altri agenti chimici). Nature allarga, e di molto, il punto d'impatto della guerra e delle sue attività collaterali: addestramenti, esperimenti, stoccaggi, test e smantellamenti. La prestigiosa rivista scientifica si chiede, per esempio e retoricamente, come mai il tasso di tumori sull'isola portoricana di Vieques sia di molto superiore all'incidenza nelle altre aree caraibiche e da dove provengano le ingenti quantità di mercurio tossico nel terreno della Slovenia. La risposta è una: la guerra. Vieques è stata per anni la discarica delle munizioni nocive degli Stati Uniti. Il mercurio sloveno risale ai combattimenti della Prima Guerra Mondiale.
Un gruppo di ecologisti sta studiando gli effetti della guerra sull'ambiente e gli effetti di quest'ultimo sulle guerre presenti e future. La guerra sovverte ogni ordine naturale e normativo. Una delle prime conseguenze è il sistematico saccheggio delle risorse naturali da parte dei paesi vincitori o occupanti, con il beneplacito di governi fantoccio. Ma quando si parla di risorse naturali, non bisogna pensare solo a idrocarburi o metalli preziosi. Esistono dei dati allarmanti che dimostrano come  le mafie del legno abbiano devastato intere foreste non appena la guerra è sbarcata in Afghanistan e Pakistan.
A guardare gli inizi di questo nuovo millennio, ci sono poche speranze: gli uomini sono più pratici nella gestione della guerra che non nella salvaguardia dell'ambiente. Basta guardare, scrive Nature, il bilancio della Difesa americana che è di cento volte superiore al budget della National Science Foundation, l'agenzia governativa che si occupa di sviluppo e ricerca scientifica (nel 2011, la Nsc aveva riciesto uno stanziamento di 7,424 miliardi di dollari; il Tesoro ne ha concessi 6,8; alla Difesa sono andati oltre 700 miliardi di dollari).

mercoledì 13 novembre 2019

Spese militari 2019: i primi dati dalla Legge di Bilancio

dalla pagina http://www.milex.org/2019/02/17/spese-militari-2019-i-primi-dati-dalla-legge-di-bilancio/

By Francesco Vignarca
Una prima valutazione (che per diventare definitiva e precisa necessita ancora di dati e informazioni che verranno pubblicate nei prossimi mesi) della spesa militare italiana complessiva prevista per il 2019, secondo quanto prevede la Legge di Bilancio votata dal Parlamento.

Per arrivare a una valutazione preliminare della spesa militare italiana prevista per il 2019, sulla base dell’attuale Disegno di Legge di Bilancio e gli allegati tecnici che devono ancora passare il vaglio del Parlamento, è opportuno partire dal budget di base del Ministero della Difesa.
A tal proposito, si registra un aumento netto rispetto alla Legge di Bilancio relativa al 2018 (l’unico dato per cui ha senso fare una valutazione comparativa) di circa mezzo miliardo: da poco meno di 21 miliardi a 21.426 milioni di euro. Si tratta di un aumento di 460 milioni, pari a circa il 2% in più rispetto all’anno precedente. All’interno del budget previsionale la parte principale è svolta come sempre dalla spesa corrente, in particolare per la funzione di difesa e sicurezza del territorio, che da sola vale 19,7 miliardi di euro. Per l’approntamento delle tre Forze Armate (Esercito, Marina e Aeronautica) si prevede un costo di poco superiore ai 10 miliardi, mentre è di 6,4 miliardi l’impegno per l’approntamento e impiego dei Carabinieri, esclusi quelli che si occupano di tutela ambientale (gli ex Forestali), che impattano per 467 milioni.
Le spese in conto capitale, cioè concretamente la parte del bilancio proprio della Difesa destinata all’acquisto di nuovi sistemi d’arma, supera di poco i 2 miliardi di euro, lasciando quindi al cosiddetto “esercizio” una cifra di circa 1,5 miliardi (senza dimenticare i 340 milioni destinati al trattamento pensionistico di ausiliaria). Queste cifre “proprie” della Difesa non costituiscono tuttavia la reale spesa militare italiana, che per essere conteggiata richiede di tenere in considerazione opportune aggiunte e sottrazioni. A tal fine utilizziamo la metodologia dell’Osservatorio Mil€x, che risulta ben consolidata e affidabile.
Ricalcolando in questo modo le cifre, otteniamo una spesa militare complessiva di circa 25 miliardi, in linea con quella stimata per l’anno scorso. Un dato che si si ottiene in particolare aggiungendo al Bilancio della Difesa gli stanziamenti del Ministero per lo Sviluppo economico (Mise) per l’acquisto di nuovi armamenti (3,1 miliardi), i costi per le missioni militari all’estero (997,2 milioni già previsti e stanziati nella Legge di Bilancio, ma che come per il passato recente copriranno solo i primi nove mesi del 2019, per cui occorre considerare un totale di circa 1.350 milioni), le stime possibili allo stato attuale sui costi pensionistici del personale militare a riposo e infine i costi delle basi statunitensi sul nostro territorio e dei contributi per la Nato. Vanno invece sottratti i costi non militari del Bilancio della Difesa, fondamentalmente riguardanti i Carabinieri in funzione di polizia (come per gli altri anni si opera un dimezzamento secco dietro indicazione esplicita ricevuta in tal senso dalla Difesa) e i Carabinieri in funzione forestale.
Come già accennato, la cifra complessiva (comunque da confermare e dettagliare meglio dopo il passaggio parlamentare) comporterebbe una sostanziale invarianza rispetto al 2018: a compensare infatti il registrato aumento del budget di base del Ministero della Difesa interviene una diminuzione, al netto di ulteriori dettagli ancora da verificare per i capitoli Mise, proprio dei fondi per nuovi armamenti a carico del Ministero per lo Sviluppo economico (oltre che ricalcoli proporzionali dovuti alla metodologia).
Questa stasi della spesa militare italiana proiettata sul 2019, che blocca un trend di crescita evidenziato negli ultimi anni, è dovuta a una diminuzione rispetto alle previsioni di Bilancio a legislazione vigente che avrebbero invece comportato un aumento complessivo ulteriore di circa 370 milioni di euro. Tale flessione viene definita nell’articolato delle cosiddette Sezioni I e II della Legge di Bilancio (che dettagliano gli interventi di modifica dei capitoli di spesa) come derivante da “tagli” nudi e crudi, che sono in realtà per la gran parte semplici rimodulazioni di spesa: diminuzioni sul 2019 compensate da aumenti automatici per gli anni fiscali successivi.
Per quanto riguarda il Bilancio proprio della Difesa, la flessione prevista rispetto alla legislazione vigente è di circa 250 milioni di euro, di cui però solo 85 sono diminuzioni strutturali che rimarranno, mentre circa 170 sono spostamenti che già rientreranno nelle disponibilità del Ministero per il 2020. Questi ultimi fondi si riferiscono in particolare ai programmi di acquisizione dell’Eurofighter e delle fregate Fremm.
Lo stesso avviene per i fondi di acquisizione armamenti iscritti nei capitolo del Ministero per lo Sviluppo economico, che vedono 78 milioni in diminuzione per il bilancio 2019 (e 140 per i due anni successivi), i quali però rientreranno sui programmi già citati a partire dal 2025. Sono invece di complessivi 40 milioni le riduzioni sui fondi Mise per le fregate Fremm, che saranno tuttavia ripristinati già nel 2020.
Sembra dunque che i tagli previsti dall’articolato non siano in realtà così sostanziali come appare leggendo i testi della Legge di Bilancio. In particolare, i previsti 531 milioni di tagli pluriennali reali che intervengono sul Fondo per gli investimenti creato dai precedenti Governi (non quindi le rimodulazioni orizzontali sopra descritte) gravano sul 2019 per soli 25 milioni, mentre quasi tutto il taglio viene procrastinato a partire dal lontano 2027 (e solo il 15% di quei 531 milioni viene tagliato nel triennio 2019-2021). Quindi, nel complesso i numeri – più che prevedere una sforbiciata – attivano semplicemente un freno temporaneo alla spesa militare (in particolare quella in conto capitale, visto che la parte sugli stipendi non viene toccata), con una risalita importante già a partire dall’anno prossimo se non dovessero intervenire ulteriori e successive decisioni

domenica 10 novembre 2019

Azione Nonviolenta, “Diritti dell’infanzia”

dalla pagina https://www.azionenonviolenta.it/azione-nonviolenta-5-2019-anno-56-n-635/

Azione nonviolenta, 5 – 2019 (Anno 56, n. 635)

Numero monografico sulla “Diritti dell’infanzia” – E’ uscito il numero 5-2019 (settembre-ottobre) di “Azione nonviolenta”, rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, bimestrale di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
L’Editoriale di Mao Valpiana
La festa dell’infanzia che cambia il mondo
Vita e pace, diritti dei bambini
La Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia, in vigore da 30 anni, rappresenta un testo giuridico di eccezionale importanza poiché riconosce tutti i bambini e tutte le bambine del mondo come titolari di diritti civilisocialipoliticiculturali ed economici. Le conseguenze pratiche di questa nuova visione sono fondamentali: – nessun minore può essere discriminato per nazionalità, sesso, lingua, religione, opinione personale o dei genitori; – in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata, l’interesse del bambino deve avere la priorità; – gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini; – i bambini devono essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e gli adulti devono tenerne in considerazione le opinioni.
Per il diritto internazionale questa è una conquista recente ed importante, sancita nei codici, ma ancora lontana dall’essere applicata in tutto il suo potenziale rivoluzionario.
Ma per la nonviolenza il rispetto e l’attenzione ai minori, agli ultimi, ai più piccoli, è un fatto costitutivo originale. Mi ha sempre colpito la durezza che il Vangelo riserva a chi fa del male al mondo dell’infanzia. Gesù arriva addirittura ad augurare la morte a chi fa violenza ad un bambino. “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare”. Una sentenza impietosa, una condanna capitale e senza appello. Parole che fanno da contraltare alla dolcezza riservata ai bambini: Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro appartiene il Regno di Dio”. E poi: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli. Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me”. Ed infine: “Chi si fa piccolo come questo bambino, quello è il più importante nel Regno di Dio”.
Questa benevolenza verso il mondo dell’infanzia, la ritroviamo ugualmente nello sviluppo del pensiero filosofico e pedagogico di Aldo Capitini, che pone i fanciulli al centro del processo di liberazione nonviolenta: “il bambino è il figlio della festa; ogni data di nascita è un natale che non è soltanto un incremento della compresenza, ma è anche una prova del portare al massimo il nostro impegno al valore, al quale segue qualche cosa della realtà liberata“.
La nonviolenza rovescia i ruoli. Gli adulti non hanno il compito di educare i bambini, ma devono invece portare il mondo all’altezza del fanciullo, cioè rendere il mondo degno dei bambini e della festa che solo loro sanno celebrare in pienezza: “Non c’è cosa più ingannevole dell’accettazione abitudinaria di un ritmo immutabile; mentre fin ai fanciulli bisogna mostrare che questo tempo è quello dell’intensificarsi del ritmo degl’impegni straordinari alle aperture e alle aggiunte: credo che per millenni si siano perdute le occasioni di liberazione dell’uomo che i fanciulli portavano, appunto per aver imposto loro come assoluto e immodificabile quel ritmo che era lo schema di un’età adulta, chiusa, meccanica e presuntuosa. Da qui lo sforzo di Gesù di rendere tutti come fanciulli”.
E dunque, se saranno i piccoli a liberare l’uomo, se il mondo deve diventare degno della festa che i fanciulli sanno fare, il grande ostacolo da rimuovere è quello della guerra: là dove c’è guerra muoiono i diritti delle bambine e dei bambini. Il primo diritto è quello alla vita. Il secondo diritto è quello ad un futuro amico. Ma oggi questi diritti vengono loro negati: un mondo inquinato, la crisi ambientale, l’emergenza climatica, gli oceani invasi dalla plastica, scandalizzano i bambini. Per gli adulti che hanno compiuto questi crimini tremendi, che hanno rovinato il mondo dei bimbi, meglio sarebbe fosse loro appesa al collo una macina girata da asino, e fossero gettati negli abissi del mare.
IL DIRETTORE
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Azione nonviolenta, 5 – 2019 (Anno 56, n. 635)
Numero monografico sulla “Diritti dell’infanzia”
In questo numero:
Editoriale di Mao Valpiana: La festa dell’infanzia che cambia il mondo
Trent’anni d’infanzia:i diritti della Convenzione ONU, di Martina Lucia Lanza; L’Autorità Garante dell’Infanzia e Adolescenza, a cura della Redazione; La violenza sessuale sui minori abusati, a cura del CISMAI; La scuola dev’essere pubblica, creare comunità e convivenza, intervista a Franco Lorenzoni; Un diritto fondamentale, avere la testa tra le nuvole, di Mauro Presini; Far conoscere ai ragazzi la nostra Costituzione, intervista a Chiara Bergonzini; Insegnare l’amore per il futuro con l’italiano per migranti, di Eraldo Affinati; Tutelare l’infanzia anche dalla famiglia, intervista a Liviana Marelli; Genitori che danno la vita e poi la tolgono con violenza, di Elena Buccoliero; C’è posta per Re, una corrispondenza speciale, intervista a Renata Cavallari; Diritti dell’infanzia e violenza sui minori, intervista a Vincenzo Taurino; Ci avete rubato i sogni e l’infanzia; Viaggi disperati di minori migranti; Bambine e bambini ci insegnano l’umanità, a cura della Redazione; Luciano Capitini, manovale della nonviolenza, di Giuseppe Moscati; I Centri di Orientamento Sociale, una palestra di democrazia, di Luciano Capitini
Rubrica
Lettere dal futuro/5
Contro ogni ipocrita rimozione, per il diritto alla vita dei concepiti, di Alexander Langer, 1988
In copertina: Sui diritti inviolabili dell’infanzia
In seconda di copertina: Sommario
In settima: Biani alla settima. Senza parole
In quarta di copertina: Foto dipinta di Andrea Samaritani
Direzione e amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax 0458009803
(da lunedì a venerdì: ore 9-13 e 15-19) an@nonviolenti.org – www.azionenonviolenta.it
Per abbonarsi ad “Azione nonviolenta” inviare 32 euro sul ccp n. 18745455 intestato al Movimento
Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona (Iban: IT 35 U 07601 11700 000018745455).
Abbonamento solo in formato elettronico, 20 euro
E’ possibile chiedere una copia omaggio, inviando una email all’indirizzo an@nonviolenti.org scrivendo nell’oggetto “copia di ‘Azione nonviolenta’”.

sabato 9 novembre 2019

Una grande puzza di guerra

dalla pagina https://ilmanifesto.it/una-grande-puzza-di-guerra/

La caduta del muro di Berlino. Che cosa volesse dire davvero e quanto avesse ragione Luigi Pintor sarebbe stato chiaro solo due anni dopo nel 1991, la stessa data della fine dell’Unione sovietica. Con la prima guerra occidentale all’Iraq a partecipazione anche italiana e con il nuovo protagonismo della Nato a partire dai Balcani




Era il 9 novembre 1989, nel quotidiano comunista il manifesto iniziava la riunione di redazione come ogni mattina. Nella stanza del caporedattore attigua all’ingresso, al quinto piano di Via Tomacelli 146, c’era un’insolita euforia. La notizia appena arrivata era che le autorità della Ddr (la Germania dell’est) avevano «inconsapevolmente» comunicato l’apertura dei varchi di passaggio verso la Rdt (la Germania dell’ovest), del Muro di Berlino. Era l’inizio della caduta festosa della barriera che divideva le due Germanie.
In molti tra i più giovani erano più che entusiasti; molto più dubitativi invece i meno giovani, legati alla storia della radiazione dal Pci, nel 1969, del gruppo che aveva accusato il Partito comunista italiano di avere abbandonato Praga e Dubcek nelle mani della restaurazione di Mosca dopo l’invasione dell’agosto ‘68 della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Il Manifesto, che aveva già nel 1977 e 1978 promosso ben due convegni internazionali sul potere e sull’opposizione nelle società post-rivoluzionarie a partire dall’Europa dell’Est, con Rossana Rossanda era da tempo impegnato a sostenere la svolta politica straordinaria che Michail Gorbaciov, diventato segretario del Pcus nel 1985, aveva impresso a quel che rimaneva dell’Unione sovietica.
E a seguire i cambiamenti che ne erano derivati nell’Est e nel mondo. A giugno dell’89 c’era stata la strage della Tian An Men a Pechino, mentre rinascevano i pericolosi nazionalismi nell’ex Jugoslavia. Ma anche Rossana Rossanda quella mattina era guardinga sulla grande «implosione» che accadeva sotto i nostri occhi. Più perplesso ancora appariva il direttore del giornale Luigi Pintor. Dopo molti interventi tutti più che positivi sugli avvenimenti in corso (secondo l’auspicio: “così cadranno anche i Muri dell’Occidente”), gli sguardi si rivolsero interrogativamente proprio a lui. E Luigi Pintor alla fine sussurrò: «Io sento solo una grande puzza di guerra».
Che cosa volesse dire davvero e quanto avesse ragione Luigi Pintor sarebbe stato chiaro solo due anni dopo nel 1991, la stessa data della fine dell’Unione sovietica. Con la prima guerra occidentale all’Iraq a partecipazione anche italiana e con il nuovo protagonismo della Nato a partire dai Balcani. Perché il Patto atlantico, nato nel 1949 in funzione difensiva dopo la crisi di Berlino contro i paesi della sfera sovietica e l’Urss, con il crollo del nemico avrebbe dovuto perlomeno scomparire. Il Patto di Varsavia (costituito nel 1955 dopo l’ingresso della Germania ovest nella Nato) si era sciolto nel 1991.
E invece alla fine del 1999 tutti gli ex paesi del Patto di Varsavia (Polonia, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, Ungheria e Albania) dentro l’accurata «strategia dell’allargamento a est» – e «in violazione dello spirito degli accordi sulla riunificazione tedesca», racconta Gorbaciov al manifesto – avrebbero fatto tutti parte dell’Alleanza atlantica, con basi militari, nuovi sistemi d’arma, progetti di scudo antimissile, prigioni della Cia e rinnovati quanto costosi bilanci militari. Tutti intorno ai confini della Russia, a quel che rimaneva dell’ex potenza sovietica, mentre i governi occidentali facevano il tifo per l’astro nascente «democratico» Boris Eltsin, che di lì a due anni avrebbe bombardato il parlamento russo. E questo ingresso nella Nato di tutti i Paesi dell’Est avveniva ben prima della loro entrata nell’Unione europea e anzi come «prova» del loro adeguamento alla democrazia occidentale. Ben altro che la «casa comune europea» tanto cara a Michail Gorbaciov prima di essere sconfitto. E tutti questi Paesi avrebbero partecipato direttamente con propri contingenti e intelligence a tutte le nuove guerre occidentali fatte in nome dei diritti umani per distruggere i diritti umani, come in Iraq, in Afghanistan e ad ultimo in Libia e Siria.
E in Italia? Arrivò la Bolognina, con la cancellazione del Pci e l’abbandono della storia del comunismo italiano e del suo protagonismo originale nella costruzione della democrazia; seguito da Mani pulite e dal giustizialismo politico, finché nel 1994 apparve sulla scena il fenomeno dell’antropologia politico televisiva, «situazionista di destra», di Berlusconi.
Da quegli anni in poi insomma intorno a noi si è estesa una vasta, insopportabile, ammorbante puzza di guerra.
Sia chiaro: non che prima dell’89 le guerre non ci fossero. Tragicamente rientravano nel conflitto tra i due blocchi, invalicabile per il terrore atomico. Intanto il Vietnam veniva insanguinato con due milioni di morti e venivano massacrate le rivoluzioni in Cile e poi in Angola e Mozambico nell’intento della potenza imperiale Usa di contenere «l’avanzata nel mondo del comunismo»; e poi l’Afghanistan con l’intervento speculare sovietico e poi il ritiro proprio a metà dell’89. La guerra era lontana ma non per questo meno criminale. Una sola era la certezza: l’Italia e l’Europa, pur schierate nel fronte politico occidentale che le sosteneva, non partecipavano direttamente ai conflitti.
Fu proprio dal 1989, dalla Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa del 1990 e dalla Commissione Badinter ancora della Cee che la guerra, a partire dal Sud Est europeo – altro che le affermazioni «L’Europa ha garantito in questi anni la pace» -, tornava prepotentemente in Europa; e anche l’Italia, come sistema-militare e alleato strategico nella Nato, ne sarebbe via via stata protagonista, nel disprezzo della sua Costituzione fondativa. E nel silenzio e all’ombra delle decine di nuovi Muri – dalla Palestina, ai Balcani, tra Usa e Messico, etc.- che sarebbero stati edificati.