sabato 31 agosto 2019

Mancano pochi giorni: "Vicenza torni Città per la Pace"

dalla pagina https://www.comune.vicenza.it/servizi/petizioni/petizioni.php/229950

25/07/2019

Vicenza torni Città per la Pace

Proponente: Sandro Pupillo
Scadenza: 04/09/2019
Con questa petizione si chiede all’amministrazione comunale di tornare sui propri passi rispetto alla delibera di Giunta n. 106 del 28/06/2019 che ha stabilito che dal 2020 il nostro Comune non farà più parte del Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace e i diritti umani. Sono già molti i cittadini, le associazioni, i gruppi che si occupano di tematiche legate alla Pace che hanno scritto increduli e rammaricati per questa decisione. Raccogliendo pertanto anche le loro preoccupazioni, invitiamo la Giunta ad approvare in tempi brevi una nuova delibera che ripristini l'adesione del Comune di Vicenza all'interno del Coordinamento. Farne parte non è solo il mero versamento di una quota annuale di €. 1.900,00 - che nel bilancio complessivo del nostro Comune è davvero pochissima cosa - ma è un impegno concreto della nostra Città alla promozione dell'educazione permanente alla pace e ai diritti umani nella scuola, all'organizzazione della Marcia per la pace Perugia-Assisi e delle Assemblee dell'Onu dei Popoli, alla promozione della diplomazia delle città per la pace, al dialogo e la fratellanza tra i popoli, allo sviluppo della solidarietà internazionale e della cooperazione decentrata contro la miseria e la guerra, alla promozione di un'informazione e comunicazione di pace, alla campagna per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, all'impegno per la pace in Medio Oriente e nel Mediterraneo, alla costruzione di un'Europa delle città e dei cittadini, strumento di pace e di giustizia nel mondo sulle orme del grande Giorgio La Pira.

La decisione di recedere dal Coordinamento per noi significa anche calpestare lo Statuto del nostro Comune, la stella polare e la carta d’identità per decisioni importanti come questa. Lo Statuto parla e vale per tutti i vicentini, cittadini e amministratori. Uno dei primissimi articoli è dedicato alla Pace e alla cooperazione. Esso sancisce che “Il Comune riconosce nella pace un diritto fondamentale della persona e dei popoli” e indica concretamente una via per raggiungere tale fine, cioè impone di “incoraggiare la conoscenza reciproca dei popoli e delle rispettive culture” e “promuovere una cultura della pace e dei diritti umani mediante iniziative culturali e di ricerca, di educazione e di informazione e con il sostegno alle associazioni, che promuovono la solidarietà con le persone e con le popolazioni più povere”. Vicenza è una Città per la Pace fin dal suo Statuto: nessun atto di recesso, negligenza, silenzio, potrà mai cancellare questo dato di fatto.

Sandro Pupillo, Giovanni Selmo, Ciro Asproso, Cristina Balbi, Raffaele Colombara, Otello Dalla Rosa, Alessandro Marchetti, Alessandra Marobin, Giovanni Rolando, Isabella Sala, Cristiano Spiller, Ennio Tosetto

mercoledì 21 agosto 2019

La metà degli italiani vorrebbe ridurre o eliminare le spese militari

dalla pagina http://www.milex.org/2019/06/29/la-meta-degli-italiani-vorrebbe-ridurre-o-eliminare-le-spese-militari/

Francesco Vignarca



Un recente sondaggio diffuso da SWG nell’ambito del proprio servizio PoliticAPP segnala ancora una volta la non popolarità delle spese militari in Italia. Secondo i risultati del sondaggio (diffusi il 27 giugno e derivanti da rilevazioni condotte tra il 19 e il 21 giugno) ben il 50% degli intervistati ritiene che gli investimenti per difesa militare e armamenti andrebbero diminuiti (per il 36%) o addirittura eliminati del tutto (il 14% dei rispondenti). Solo il 9% ha espresso la necessità di un aumento di tali fondi mentre per quasi un terzo (precisamente il 29%) il livello di spesa attuale è ritenuto adeguato.
I risultati si allineano come tendenza a quelli rilevati da un sondaggio promosso dall'Associazione Papa Giovanni XXIII ad inizio 2018 per il lancio della propria campagna per un “Ministero della Pace”. In quel momento e nel contesto di un’ampia serie di domande incentrata su tematiche legate a guerra e pace (e con una domanda impostata in maniera differente: “Secondo lei, ci sono oggi le condizioni In Italia per diminuire le spese militari?”) ben il 79% degli intervistati riteneva che tali condizioni fossero già presenti. Per il 21% senza alcun dubbio, mentre il 58% sottolineava la mancanza di volontà politica a riguardo.
La valutazione che si può trarre da questi sondaggi (in entrambi i casi con un campione rappresentativo di circa 1.000 persone) è che in media gli italiani non ritengono le spese militari una parte fondamentale delle funzioni dello Stato. E anzi probabilmente percepiscono(aggiungiamo noi, come sensazione) dietro l’opacità e la difficoltà di informazioni accessibili su questo comparto una sorta di ineluttabile “prezzo da pagare” ad alleanze internazionali, centri di potere politico-militare, industria della difesa.

domenica 18 agosto 2019

Vigili del Fuoco di NY chiedono una nuova indagine sull'11 Settembre 2001

dalla pagina https://www.globalresearch.ca/new-york-area-fire-commissioners-make-history-call-new-911-investigation/5684982

I Commissari dei vigili del fuoco dell'area di New York chiedono, all'unanimità, una nuova indagine sull'11 Settembre


The Franklin Square and Munson Fire District commissioners: Philip F. Malloy, Jr. (left); Dennis G. Lyons (second from left); Joseph M. Torregrossa (center); Christopher L. Gioia (second from right); Les Saltzman (right).
Il 24 luglio scorso, i Commissari dei vigili del fuoco del distretto di Franklin Square e Munson di New York hanno approvato una risoluzione che:

  • afferma "l'esistenza di evidenze schiaccianti di esplosivi pre-posizionati [...] che causarono la distruzione dei tre edifici del World Trade Center" [le Torri Gemelle, WTC 1 e 2, e l'edificio WTC 7]
  • ufficialmente supporta la richiesta di una nuova indagine sugli eventi dell'11 Settembre.
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dalla pagina https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/08/18/11-settembre-le-torri-del-wtc-erano-minate-una-commissione-di-vigili-del-fuoco-lo-sostiene-e-per-me-e-giusto-ascoltarli/5382262/

11 settembre, le torri del WTC erano minate? Una commissione di vigili del fuoco lo sostiene e per me è giusto ascoltarli

Il 24 luglio scorso, 18 anni dopo la tragedia dell’11 settembre a New York, nel silenzio totale dei grandi media americani (e italiani), cinque uomini non “qualunque” si sono riuniti nel Distretto di Piazza Franklin e Munson, a un passo dai Queens di New York, per approvare, all’unanimità, una risoluzione.
Il cui testo proclama l’”incontrovertibile evidenza” del dato che “esplosivi preventivamente collocati” all’interno delle “tre torri” del World Trade Center, “ne hanno provocato la distruzione”.
Chiunque abbia seguito un poco le polemiche che da 18 anni ruotano attorno alla spiegazione dell’11 Settembre 2001, si renderanno conto immediatamente che una tale dichiarazione cancella in un colpo solo l’intero impianto della inchiesta ufficiale, contenuta nel famigerato “9/11 Commission Report”.
Dunque è importante sapere chi sono questi cinque uomini. Sono i membri della Commissione dei vigili del fuoco del Distretto di Piazza Franklin e Munson: un distaccamento di “volontari” (come lo sono i pompieri americani) che subì gravi perdite mentre portava aiuto nei primi momenti del dramma. I pompieri della Contea di Nassau che morirono nelle torri furono 24, ai quali si aggiunsero quattro residenti nel quartiere. La Commissione dei cinque (composta da uomini che 18 anni fa parteciparono a quelle operazioni e ne uscirono vivi) ha l’incarico di tenere viva la memoria di quell’evento.
I loro nomi vanno ricordati: Philip F Melloy, Dennis G. Lyons, Joseph M. Torregrossa, Christopher L. Gioia, Les Saltzman. Non perché siano famosi. Né probabilmente lo diventeranno. Ma sono importanti perché videro con i loro occhi, sentirono con le loro orecchie. Sono i primi esperti, sanno di che si tratta, portano i segni nei loro corpi.
Tuttavia non furono ascoltati, nemmeno interrogati dalla Commissione. E, se lo furono, le loro testimonianze vennero taciute o ignorate. Ci sono voluti 18 anni perché potessero trovare la forza e il coraggio di rendere pubblico, solennemente, quello che sanno. Ovviamente i grandi media americani e occidentali non diranno una parola di tutto ciò, ma questo non basterà per fermare la notizia. Non lo impedisce a noi in questo momento.
Questi cinque testimoni, pompieri di New York, cittadini americani, si sono mossi dopo che il Comitato degli Avvocati per una nuova inchiesta sull’11 settembre è riuscito a far arrivare una precisa richiesta sul tavolo del Procuratore del Distretto Sud di New York, Geoffrey S. Berman,
La richiesta era esattamente quella di riconoscere l’evidenza che il World Trade Center era stato preventivamente riempito di esplosivi, prima dell’arrivo degli aerei che colpirono due delle tre torri. Il fatto nuovo fu che l’Ufficio del Procuratore rispose (nel novembre scorso) riconoscendo che la petizione aveva il diritto di essere portata sul tavolo di un Gran Jury, cioè di fronte a un Tribunale dello Stato.
Il tempo passa, gli ostacoli ci sono e cresceranno, i ritardi si accumuleranno. Ma adesso ci sono testimoni e esperti che dichiarano pubblicamente di voler sostenere “ogni sforzo di altre istituzioni governative che “vorranno investigare e scoprire la verità — che continua a essere ostacolata — sugli eventi di quell’orribile giorno”. Così dice la risoluzione dei pompieri di New York, Contea di Nassau. Il commissario Gioia ha detto: “Noi siamo il primo Distretto che approva questa risoluzione. Non saremo gli unici”.
Ma allora risorge potente un interrogativo: chi piazzò quelle cariche esplosive nelle tre torri? Chi poteva condurre in porto una tale operazione? Non certo i 19 terroristi “islamici” che sarebbero stati (e non c’erano) a bordo degli aerei. Ci volevano squadre di specialisti ben protetti per farlo. Tutte cose di cui la Commissione Ufficiale neppure si è occupata, negando poi l’esistenza “inoppugnabile” delle esplosioni dal basso, che precedettero e accompagnarono i crolli.
Dunque la Commissione ufficiale ha mentito. Ricordiamo che a capo dell’FBI in quel momento c’era (pura coincidenza?) colui che è al centro dell’inchiesta sul Russiagate, Robert Mueller.
fonte: Global Research. “Call for New 9/11 Investigation: New York Area Fire Commissioners Make History”.


martedì 13 agosto 2019

AFFOSSATO IL TRATTATO INF, IN ARRIVO NUOVI EUROMISSILI. L'UE COMPLICE

dalla pagina https://www.change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/24917421

Comitato promotore della campagna
#NO GUERRA #NO NATO
Italia

7 ago 2019
Manlio Dinucci


Il segretario di stato Mike Pompeo ha annunciato il 2 agosto, dopo sei mesi di sospensione, il definitivo ritiro degli Stati uniti dal Trattato sulle Forze nucleari intermedie (Inf), accusando la Russia di averlo «deliberatamente violato, mettendo a rischio i supremi  interessi Usa».

Alla notizia è stato dato in Italia scarsissimo rilievo politico e mediatico (l’Ansa le ha dedicato poche righe). Eppure siamo di fronte a una decisione che ha drammatiche implicazioni per l’Italia, esposta con altri paesi europei a fare da prima linea in un nuovo confronto nucleare Usa-Russia non meno pericoloso di quello della guerra fredda.

Il Trattato Inf,   firmato nel 1987 dai presidenti Gorbaciov e Reagan,  eliminò tutti i missili nucleari a gittata corta e intermedia (tra 500 e 5500 km) con base a terra, anzitutto i missili balistici Pershing 2, schierati dagli Stati uniti in Germania Occidentale, e quelli da crociera lanciati da terra, schierati dagli Stati uniti in Gran Bretagna, Italia, Germania Occidentale, Belgio e Olanda, e allo stesso tempo i missili balistici SS-20 schierati dall’Unione Sovietica sul proprio territorio.

Nel 2014, l’amministrazione Obama accusava la Russia, senza portare alcuna prova, di aver sperimentato un missile da crociera (sigla 9M729) della categoria proibita dal Trattato e, nel 2015, annunciava che «di fronte alla violazione del Trattato Inf da parte della Russia, gli Stati uniti stanno considerando lo spiegamento in Europa di missili con base a terra». Il piano è stato confermato dalla amministrazione Trump: nel 2018 il Congresso ha autorizzato il finanziamento di «un programma di ricerca e sviluppo di un missile da crociera lanciato da terra da piattaforma mobile su strada».

Da parte sua, Mosca nega che il suo missile da crociera violi il Trattato e, a sua volta, accusa Washington di aver installato in Polonia e Romania rampe di lancio di missili intercettori (quelli dello «scudo»), che possono essere usate per lanciare missili da crociera a testata nucleare.

In tale quadro va tenuto presente il fattore geografico: mentre un missile nucleare Usa a raggio intermedio, schierato in Europa, può colpire Mosca, un analogo missile schierato dalla Russia sul proprio territorio può colpire le capitali europee, ma non Washington. Rovesciando lo scenario, è come se la Russia schierasse missili nucleari a raggio intermedio in Messico.

«Gli Stati uniti – sottolinea Mike Pompeo nella dichiarazione – apprezzano grandemente la costante cooperazione e risolutezza degli alleati Nato nel rispondere alla violazione russa del Trattato». Apprezzamento meritato: gli alleati, Italia compresa, hanno dichiarato la Russia colpevole di aver violato il Trattato accettando a scatola chiusa l’accusa fatta dagli Usa senza alcuna prova reale.  

La cancellazione del Trattato Inf, sospeso anche dalla Russia il 3 luglio, si inserisce in una nuova corsa agli armamenti ormai, basata non tanto sulla quantità ma sulla qualità delle armi nucleari e dei loro vettori e sulla loro dislocazione.

Fonti militari informano che gli Stati uniti stanno mettendo a punto nuovi missili nucleari a raggio intermedio con base a terra, sia da crociera che balistici (questi capaci di colpire gli obiettivi in 6-11 minuti dal lancio). La Russia ha avvertito che, se verranno schierati in Europa, punterà i suoi missili nucleari sui territori in cui saranno installati.

L’affossamento del Trattato Inf ha un ulteriore scopo strategico. Lo ha rivelato lo stesso Pompeo, accusando la Cina di schierare (sul proprio territorio) missili nucleari a raggio intermedio con base a terra con i quali «minaccia gli Stati uniti e i loro alleati in Asia». Il segretario di stato Pompeo avverte quindi: «Non c’è ragione che gli Stati uniti continuino a concedere questo cruciale vantaggio militare a potenze come la Cina».

Gli Usa dunque si preparano a schierare nuovi missili nucleari a raggio intermedio non solo contro la Russia ma anche contro la Cina. Ambedue in grado di rispondere schierando nuove armi nucleari.

Significativa la posizione della Commissione Europea, che il 2 agosto ha dichiarato: «Incoraggiamo a preservare i risultati del Trattato Inf, dobbiamo stare attenti a non imboccare la strada di una nuova corsa agli armamenti che ridurrebbe i risultati significativi raggiunti dopo la fine della Guerra fredda».

Ci vuole una bella faccia tosta per dichiarare questo, dopo che la stessa Ue ha contribuito all’affossamento del Trattato Inf: all’Assemblea Generale Onu (21 dicembre 2018), l’Unione europea compatta ha bocciato la risoluzione con cui la  Russia proponeva di preservare il Trattato stabilendo meccanismi di verifica e negoziati.

L’Unione europea ha dato così di fatto luce verde alla installazione di nuovi missili nucleari Usa in Europa, Italia compresa.

(il manifesto, 3 agosto 2019)

lunedì 12 agosto 2019

La maggioranza degli italiani contro le armi nucleari

riproponiamo un articolo dell'aprile scorso
dalla pagina https://www.disarmo.org/ican/

La maggioranza degli italiani contro le armi nucleari: 7 su 10 vorrebbero adesione a Trattato ONU

 
Nuovo sondaggio: 7 italiani su 10 vorrebbero adesione dell’Italia al Trattato dell’ONU TPNW contro le armi nucleari, e 3 su 5 chiedono che le testate statunitensi vengano rimosse dal nostro territorio.
 
24 aprile 2019
Fonte: Rete Disarmo - Senzatomica - ICAN - 24 aprile 2019
 
Un nuovo sondaggio promosso nei 4 Paesi europei che ospitano testate nucleari statunitensi (Italia, Germania, Belgio, Paesi Bassi) dalla Campagna ICAN e dai suoi partner nazionali (per l’Italia da Senzatomica e Rete Italiana per il Disarmo) conferma quanto già evidenziato da precedenti indagini: 7 italiani su 10 vorrebbero adesione dell’Italia al Trattato dell’ONU TPNW contro le armi nucleari, e 3 su 5 chiedono che le testate statunitensi vengano rimosse dal nostro territorio. Per il 66% i cacciabombardieri F-35 in corso di acquisizione non dovrebbero possedere la capacità di sganciare le (nuove) bombe nucleari USA.
Come già evidenziato da precedenti indagini demoscopiche, un nuovo e recente sondaggio conferma una tendenza stabile e ormai indubitabile: la maggioranza degli italiani vuole un mondo senza armi nucleari, a partire dal nostro Paese.
Lo dimostrano i risultati elaborati da YouGov e commissionati dalla Campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari (ICAN) con i suoi partner europei (per il nostro Paese la Rete Italiana per il Disarmo e Senzatomica), in cui si è reso evidente uno schiacciante e continuato rifiuto delle armi nucleari: ben il 70% dei cittadini si è detto favorevole all’adesione al Trattato ONU di proibizione delle armi nucleari (con solo il 16% contrario), mentre il 60% ritiene che si dovrebbero eliminare dal nostro territorio le testate nucleari statunitensi attualmente presenti nelle basi di Ghedi ed Aviano (e solamente il 21% concorda con il mantenerle in Italia).

La presa di distanza dagli ordigni nucleari si esplicita anche in aspetti non istituzionali, ma legati invece a dinamiche economiche: per il 72% degli intervistati dovrebbe essere impedito alle istituzioni finanziarie italiane qualsiasi investimento in società coinvolte nella produzione delle armi nucleari (coinvolgimento economico che risulta accettabile solo per il 13% del campione).
Molto significativo è anche il risultato relativo alla domanda sulla capacità nucleare aerea che i Paesi in regime di “nuclear sharing” devono garantire agli USA: per due terzi degli italiani (un rotondo 66%) i cacciabombardieri attualmente in acquisizione (i famigerati F-35) non dovrebbero essere dotati della “doppia capacità” anche nucleare legata in particolare alle nuove bombe B61-12 che gli Stati Uniti stanno sviluppando, con costi miliardari, e dispiegheranno nei Paesi alleati.

Va sottolineato come l’orientamento verso una chiara scelta di disarmo nucleare sia comune e trasversale a tutte le appartenenze politiche (pur con fisiologiche differenze in termini assoluti): il rifiuto delle bombe nucleari statunitensi è certamente robusto nell’elettorato del Movimento 5 Stelle (71%) e dei partiti di sinistra (dal 71% di Liberi e Uguali all’80% degli altri) ma ben presente anche per i sostenitori di Partito Democratico (58%), Forza Italia (58%) e Lega con Salvini (56%). Ancora più netta la situazione per quanto riguarda l’adesione al Trattato TPNW: se per gli elettori di sinistra la scelta è indiscutibile (dall’88% al 95%) risulta molto forte il sostegno per quelli di Movimento 5 Stelle (76%), Partito Democratico (78%) e Fratelli d’Italia (70%) risultando comunque chiaro anche per elettori di Lega con Salvini (64%) e Forza Italia (60%). Da notare come gli F-35 non dovrebbero avere capacità nucleare per gli elettori di entrambi i partiti attualmente al Governo (il 75% per il M5S e il 60% nel caso della Lega).
Il nuovo sondaggio di opinione è stato condotto contemporaneamente nei quattro Paesi dell'UE che ospitano armi nucleari statunitensi: Belgio, Paesi Bassi, Germania e Italia. In ciascuno di essi la scelta politica migliore per le persone intervistate è risultata essere quella favorevole alla rimozione delle testate nucleari dal proprio territorio con un accordo molto alto (dal 62% al 70%!) relativamente all’ipotesi di sottoscrizione da parte del proprio Stato del Trattato TPNW che le vieta completamente!
Per l’Italia i partner del sondaggio sono stati Senzatomica e Rete Italiana per il Disarmo, che dal momento dell’approvazione del Trattato ONU contro le armi nucleari (luglio 2017) hanno promosso e continuano a rilanciare la mobilitazione “Italia, ripensaci” (che negli scorsi mesi si è resa esplicita con la raccolta di cartoline controfirmate da migliaia di cittadini) con l’obiettivo della firma del Trattato anche da parte del Governo italiano, in vista di una successiva ratifica parlamentare. Riteniamo che l’Italia debba allinearsi alla volontà di disarmo nucleare espressa dalla maggioranza degli Stati parte delle Nazioni Unite. Una volontà che è sicuramente anche patrimonio della maggioranza degli italiani (come dimostrano i ripetuti sondaggi condotti) oltre che delle città e comuni italiani, che a decine hanno raccolto l’invito della campagna di votare ed approvare Ordini del Giorno a sostegno del Trattato. I numerosi dibattiti ed eventi hanno confermato quanto sia importante per numerosi territori del nostro Paese il ripudio delle armi nucleari e la volontà forte di metterle fuori dalla storia.
Le armi nucleari sono le più distruttive, inumane e indiscriminate che siano mai state create. Una singola bomba nucleare potrebbe uccidere milioni di persone e l'uso anche solo di poche decine distruggerebbe il clima globale, causando una carestia diffusa. E’ giunto il momento per i Paesi che ancora possiedono o ospitano armi nucleari - tra cui l’Italia - di assumersi le proprie responsabilità e agire, adempiendo ai propri obblighi di disarmo nucleare da tempo non rispettati. Tutti i Governi realmente responsabili dovrebbero proibire le armi nucleari aderendo al Trattato TPNW e così non solo realizzerebbero la volontà dei propri cittadini, ma adempirebbero anche ad una responsabilità fondamentale: proteggere le popolazioni da una delle peggiori atrocità, in base ai principi delle norme internazionali sui diritti umani.


venerdì 9 agosto 2019

Il segreto NATO online: le 150 bombe in Europa

dalla pagina https://ilmanifesto.it/il-segreto-nato-online-le-150-bombe-in-europa/

Alleanza atlantica. Il "copia e incolla" di un senatore canadese svela quanto gli Alleati non hanno mai ammesso: la presenza di armi nucleari in cinque paesi europei (tra cui l'Italia) e nella base di Incirlik in Turchia



Che gli Stati uniti mantengano bombe nucleari in cinque paesi della Nato – Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia – è provato da tempo (in particolare dalla Federazione degli scienziati americani). La Nato però non l’ha mai ammesso ufficialmente. Qualcosa tuttavia è andato storto.
Nel documento A new era for nuclear deterrence? Modernisation, arms control and Allied nuclear forces, pubblicato dal senatore canadese Joseph Day per conto del Comitato Difesa e Sicurezza dell’Assemblea parlamentare della Nato, il «segreto» è venuto alla luce.
Con la funzione «copia-incolla», il senatore ha inavvertitamente riportato nel suo documento il seguente paragrafo (numerato 5), tratto da un rapporto Nato riservato: «Nel contesto Nato, gli Stati uniti hanno dispiegato in posizioni avanzate in Europa circa 150 armi nucleari, in specifico le bombe di gravità B61. Queste bombe sono stoccate in sei basi statunitensi ed europee – Kleine Brogel in Belgio, Buchel in Germania, Aviano e Ghedi-Torre in Italia, Voikel in Olanda e Incirlik in Turchia. Nello scenario ipotetico che siano necessarie, le bombe B61 possono essere trasportate da aerei Usa o europei a duplice capacità».
Accusando la Russia di mantenere nel proprio arsenale molte armi nucleari tattiche, il documento afferma che le armi nucleari dispiegate dagli Usa in posizioni avanzate in Europa e Anatolia (ossia in prossimità del territorio russo) servono ad «assicurare l’ampio coinvolgimento degli Alleati nella missione nucleare della Nato e quale concreta conferma dell’impegno nucleare Usa per la sicurezza degli alleati europei della Nato».
Appena il documento del senatore Joseph Day è stato pubblicato online, la Nato è intervenuta cancellandolo e ripubblicandolo poi in versione emendata. Troppo tardi però.
(Qui il video di Military Times il cui appare il paragrafo riportato inavvertitamente dal senatore canadese da un rapporto Nato)
Alcuni siti (anzitutto il belga De Morgen) l’avevano già registrato nella versione originale completa. A questo punto l’incauto autore è corso ai ripari, scrivendo sul Washington Post che si trattava semplicemente di una bozza per la redazione di un rapporto dell’Assemblea parlamentare Nato che sarà pubblicato in novembre. Non ha potuto però negare quanto scritto nel paragrafo riportato dal rapporto Nato riservato.
Conferma quanto da anni documentiamo sul manifesto: ad Aviano caccia Usa F-16C/D sono pronti all’attacco nucleare con 50 bombe B61 (numero stimato dalla Federazione degli scienziati americani); a Ghedi-Torre Tornado PA-200 italiani sono pronti all’attacco nucleare sotto comando Usa con 20 bombe B61.
Dal 2020 le B61 saranno sostituite dalle B61-12, destinate in particolare ai nuovi caccia F-35. Tutto questo violando il Trattato di non-proliferazione, ratificato sia dagli Usa che dall’Italia. Mentre il Parlamento si spacca sulla Tav ma non sulla Bomba, che tacitamente approva all’unanimità.