A Taranto non si fanno mancare nulla. Non solo c’è l’impresa Ilva che riproduce lavoro e inquinamento mortale. Nelle prime ore di giovedì scorso la mastodontica portaerei Cavour si è riposizionata con abili manovre per riguadagnare il suo posto d’ormeggio nella Nuova Stazione Mar Grande, per prepararsi a solcare l’oceano Atlantico e raggiungere così gli Stati uniti per caricare lì i cacciabombardieri F35 modello B.
Con gran vanto di Fincantieri, Arsenale Militare Marittimo e Ministero della Difesa, perché si è trattato per due anni di riadattare ponte di volo, hangar, locali tecnici, capacità di imbarco dell’avio-combustibile, strumentazione elettronica. Gran vanto, anche perché a questo punto la Marina Militare italiana, con la Us Navy e la Royal Navy britannico saranno le uniche Marine al mondo in grado di dispiegare portaerei che permettono decollo e atterraggio ai micidiali F35.
A questo punto dunque è chiaro che, per quel che riguarda l’«eccellenza italiana» della produzione di armi per le guerre – i trafficanti di morte che non smette di denunciare, inascoltato è dir poco, papa Francesco – e l’«innovazione degli F35», tanto cara al nuovo direttore de la Repubblica Maurizio Molinari, non solo non cambia nulla ma tutto continua come prima e anzi peggio di prima.
Intanto la portaerei stessa non è proprio un sistema di difesa conforme al dettato costituzionale, visto che trasporterà armi d’offesa in giro per i mari del mondo, ben oltre i confini nazionali.
Ma soprattutto i cacciabombardieri F35 sono un’arma d’offesa, progettati per il first strike, vale a dire per sparare per primi, con capacità perfino di montare ogive nucleari. Ma non eravamo nell’epoca degli interessi comuni e pubblici derivati dal disastro provocato dalla pandemia di Covid 19 che, tutt’altro che debellata, nel mondo sta mietendo centinaia di migliaia di vite umane? La domanda allora diventa spontanea: quanto ci costa quest’avventura?
Ecco la risposta: ogni F35 costa poco più di 100 milioni di euro (156 milioni era quello dei prototipi iniziali), tanto siamo costretti a pagare per il nuovo modello B, il più costoso perché permette il decollo corto e l’atterraggio verticale; ma è un costo approssimato perché si tratta di un «affare» che è un pozzo senza fondo. Una volta comprato deve continuamente essere aggiornato con nuovi sistemi d’arma e sistemi elettronici in mano al committente Usa. Un aggravio pesantissimo per un Paese atlantico come l’Italia la cui spesa militare complessiva ha superato ormai i 70 milioni di euro al giorno.
Ci si chiede: ma quanti reparti di terapia intensiva, quanti respiratori polmonari, quanti sistemi scolastici video-integrati potremmo comprare con la cifra destinata invece da questo governo, come dai governi precedenti, allo sventurato «affare» degli F35B? La Protezione civile, costretta alla sottoscrizione tra i cittadini volenterosi, può fare il calcolo, per favore?
Ora che la corsa folle della Fase 2 si avvia con dichiarazioni improbabili sulle garanzie di sicurezza, forse su questa vergogna una voce di sinistra – dentro, fuori e contro il governo – almeno dovrebbe levarsi. Insieme alla protesta.
Mentre è probabile che ci stiamo preparando solo ad uno sventolio di bandierine tricolori di un popolo festante magari munito dal Ministero della Difesa di mascherine con sopra l’effige d’«eccellenza» degli F35.
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dalla pagina https://ilmanifesto.it/gli-f35-hanno-la-loro-portaerei-la-cavour-modificata-per-latterraggio/
Gli F35 hanno la loro portaerei La Cavour modificata per l’atterraggio
Mercoledì la portaerei Cavour, fiore all’occhiello della Marina militare italiana, ha lasciato la rada del mar Piccolo di Taranto dopo una lunga sosta di manutenzioni all’Arsenale Militare durata oltre un anno, per tornare al suo posto di ormeggio nella stazione navale Mar Grande.
Il passaggio nel canale navigabile, attraverso l’apertura del ponte girevole che collega la città vecchia di Taranto alla città nuova, è avvenuto all’alba onde evitare gli assembramenti che puntualmente si verificano quando avviene il transito di navi militari, che per molti tarantini è ancora oggi un appuntamento dal grande fascino. A dimostrazione che Taranto, prima ancora che essere la città dell’Ilva, è da oltre due secoli la base strategica della Marina Militare italiana nel Mediterraneo, oltre che una città avamposto della Nato.
Giunta nel dicembre del 2018, lo scorso novembre la Cavour è uscita dal bacino di carenaggio «Edgardo Ferrati» dell’Arsenale di Taranto, dopo aver ultimato i lavori di carenaggio iniziati lo scorso luglio. Sulla portaerei sono stati effettuati lavori di ammodernamento e ristrutturazione, tra cui il carenamento periodico oltre alla metallizzazione del ponte di volo per contenere gli impatti termodinamici degli F35B. I lavori allo scafo sono stati svolti attraverso l’applicazione di un ciclo di pitturazione all’avanguardia per tutelare il più possibile l’ambiente marino.
Il tutto per una commessa da 90 milioni di euro, che ha visto impegnato le principali industrie nazionali in ambito navale militare, Fincantieri e Leonardo, in collaborazione con Sican e Cnt, due consorzi pugliesi, oltre a ditte dell’indotto della piccola-media impresa tarantina ed alle maestranze arsenalizie.
Terminate le attività manutentive, la portaerei adesso affronterà un periodo di addestramento propedeutico alla successiva partenza per gli Stati uniti, dove condurrà alcuni test con gli F35B a bordo. Di fatto dunque, se da un lato questa commessa ha permesso di far lavorare molti lavoratori, dall’altro ha dotato la Cavour della possibilità di ospitare degli strumenti di guerra e di morte come i nuovi F35B. Con l’ingresso in linea dei nuovi velivoli infatti, la Marina Militare, la US Navy e la Royal Navy britannica saranno le uniche marine al mondo a disporre di portaerei in grado di operare con i velivoli F35. Che nei mesi scorsi hanno creato un incidente diplomatico tra l’Aeronautica che avrà in dotazione gli F35A e la stessa Marina, sul numero di aerei da possedere.
Ma l’investimento del ministero della Difesa non finisce qui. Oltre ai 14 miliardi di euro spesi per acquistare gli F35, nei mesi scorsi la Difesa ha appaltato per 91 milioni di euro all’impresa Matarrese spa di Bari, la ristrutturazione dell’aerobase di Ghedi in Lombardia, per accogliere gli aerei di nuova generazione, il cui arrivo è previsto pronto per luglio 2022. Secondo il report della Camera dello scorso gennaio, entro il 2022 l’Italia disporrà di 28 aerei F35, rispetto ai 90 acquistati lo scorso anno.