Le proposte della società civile internazionale per spostare risorse da costi armati (riducendo la spesa del 10%) a investimenti sociali. In Italia Rete Disarmo, Rete della Pace e Sbilanciamoci chiedono la moratoria di un anno sull’acquisto di nuovi armamenti.
Culminano oggi con iniziative e conferenze stampa in tutto il mondo (Seoul, Sydney, Berlino, Roma, Barcellona, Washington, Buenos Aires, Rosario, Montevideo alcune tra le città confermate) le “Giornate Globali di azione sulle spese militari” coordinate dalla Global Campaign on Military Spending (GCOMS). Una Campagna promossa dall’International Peace Bureau (IPB) e rilanciata nel nostro Paese da Rete Italiana per il Disarmo con Rete della Pace e Sbilanciamoci per ribadire quanto sia urgente spostare i fondi dai bilanci militari verso altri obiettivi, quali la lotta contro il Covid-19 e il rimedio ad altre crisi sociali e ambientali.
Una mobilitazione quest’anno caratterizzata da azioni di natura “virtuale” (campagna selfie, diffusione di dati e analisi, rilancio di proposte politiche) che chiede a nome delle popolazioni di tutto il mondo che si ponga fine alla pandemia delle spese militari.
Le armi e gli eserciti non ci garantiranno maggiore sicurezza. Anzi, renderanno sempre più catastrofiche le conseguenze dei conflitti attualmente in corso e quelli futuri. Dobbiamo invece dedicare le nostre energie a costruire dialogo, iniziative di diplomazia, politiche di sicurezza comune. E ciò è particolarmente evidente nella lotta contro il Covid-19, una minaccia non militare che potrà essere risolta solo con la cooperazione globale.
“Nel 2019 gli investimenti per armi ed eserciti sono cresciuti ancora a livello globale. IPB insieme ai propri partner nella GCOMS rilancia l’appello a ridurre queste spese almeno del 10% annuale – sottolinea Lisa Clark, co-presidente internazionale di IPB e vicepresidente di Beati i Costruttori di Pace – I fondi così risparmiati devono essere spostati verso la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile Agenda 2030 delle Nazioni Unite. E’ una esigenza ormai imprescindibile”.
In questi tempi di pandemia, con il Covid-19 che rischia di travolgere i sistemi sanitari di tutto il mondo, l’Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace di Stoccolma SIPRI ha reso pubblici i dati aggiornati sulle spese militari riferiti al 2019 registrando un aumento del 3,6% rispetto al 2018 con una cifra record di 1.917 miliardi di dollari, e cioè 259 dollari per ogni abitante del pianeta (vedi scheda allegata per ulteriori dettagli).
Tale aumento mostra che il mondo è travolto da una corsa agli armamenti a beneficio di pochi, che rischia di condurci alla catastrofe globale. E’ indice inoltre dell’enorme potere delle industrie del settore difesa, in particolare in Europa, in America del nord, in Asia e Oceania. Il solo bilancio militare della NATO arriva a 1.035 miliardi di dollari, cioè il 54% della spesa militare globale. Nel Medio Oriente, l’unica regione in cui le spese militari siano diminuite, le conseguenze tragiche dei conflitti militarizzati sono evidentissime.
“Tutto questo avviene mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con tutti i suoi limiti l’unico tentativo globale e concertato di rispondere alle crisi di natura medico-sanitaria, ha un bilancio biennale di circa 4,5 miliardi di dollari per la maggior parte contributi volontari di Stati e privati”, sottolinea Giulio Marcon portavoce di Sbilanciamoci. “Stiamo parlando di una cifra che annualmente è solo lo 0,11% di quanto i Governi spendono globalmente per il settore militare”.
“Un altro paragone possibile è con l’investimento nell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) dei Paesi industrializzati che è pari a 152,8 miliardi di dollari, equivalenti allo 0,30% del loro PIL e meno dell’8% della spesa militare – aggiunge Sergio Bassoli della segreteria di Rete della Pace – Un dato significativo che denuncia dove stia il vero interesse ed investimento da parte dei Governi (nell’industria militare e nelle guerre) in totale contraddizione con gli impegni sottoscritti per l’Agenda 2030”.
La situazione è del tutto simile anche in Italia, con una stima (elaborata dall’Osservatorio Mil€x, in allegato scheda con i dettagli) complessiva di spesa militare prevista per il 2020 in circa 26,3 miliardi di euro con crescita di oltre il 6% (quasi un miliardo e mezzo in più) rispetto al comparabile bilancio preventivo 2019. “E questi sono solo i numeri delle previsioni di partenza – sottolinea Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – perché nei bilanci consuntivi si verifica una spesa effettiva decisamente superiore. Va sottolineato poi che nella previsione per il 2020 quasi 5,9 miliardi di euro sono destinati all’acquisto di nuovi sistemi d’arma”.
Questi dati e considerazioni spingono Rete Italiana per il Disarmo, Sbilanciamoci! e Rete della Pace ad una presa di posizione congiunta, con l’obiettivo di recuperare fondi utili per la fase di uscita dalla crisi provocata dalla pandemia di Covid-19 e per iniziare un vero processo di spostamento di risorse dalle spese militari a settori più utili per la società.
La proposta che intendiamo avanzare al Governo e al Parlamento è chiara e netta: una moratoria di un anno per il 2021 su tutti gli acquisti di natura militare per nuovi sistemi d’arma. Se non è forse ipotizzabile fermare i programmi che sono già stati finanziati e decisi con la Legge di Bilancio votata a fine 2019 è invece sicuramente possibile intervenire sulle prossime decisioni di budget dello Stato. Quello che chiediamo è dunque concretamente realizzabile: azzerare completamente per un anno i fondi per nuove armi allocati sia presso il Ministero della Difesa che presso il Ministero dello Sviluppo economico e non dare avvio alla cosiddetta “Legge Terrestre” richiesta dall’Esercito. Complessivamente si tratterebbe di più di 6 miliardi di euro risparmiati che potrebbero essere immediatamente riconvertiti e investiti per gli interventi di riorganizzazione scolastica post Covid-19 e per acquisto di strumentazione medica al fine di aumentare i posti letto, soprattutto quelli di terapia intensiva. Una scelta semplice e in un certo senso anche naturale, con fondi già previsti e per i quali ci sarebbe solo un cambio di destinazione da investimento negativo e non utile a investimenti fondamentali per il futuro dell’Italia.
Chiederemo a tutte le forze politiche, al Governo, al Parlamento di avere per una volta il coraggio di mettere le necessità reali dei cittadini italiani davanti agli interessi militari e dell’industria delle armi.