dalla pagina https://www.change.org/p/la-pace-ha-bisogno-di-te-sostieni-la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/14768398?tk=i8yvUPRnLhUeEwrHkN209Wqpop1pWg7iidZR-hYQhB8&utm_source=petition_update
29 dic 2015 — Manlio Dinucci
Per
la sicurezza delle persone e degli animali, si proibiscono in vari casi
i fuochi d’artificio per l’ultimo dell’anno, soprattutto i potenti
botti. La notizia viene riportata in evidenza dai media. Gli stessi
nascondono però altre notizie che, se si diffondessero, farebbero
scoppiare la bolla della realtà virtuale in cui siamo imprigionati.
Un
esempio: la National Archives and Records Administration (NARA),
l’archivio del governo USA, ha pubblicato il 22 dicembre un dossier di
800 pagine, finora top secret, con una lista di migliaia di obiettivi in
Urss, Europa Orientale e Cina che gli USA si preparavano a distruggere
con armi nucleari durante la guerra fredda.
Nel 1959, l’anno a
cui si riferisce la «target list» redatta nel 1956, gli USA avevano
oltre 12mila testate nucleari con una potenza di 20mila megaton,
equivalente a un milione e mezzo di bombe di Hiroshima, mentre l’Urss ne
possedeva circa mille e la Cina non aveva ancora armi nucleari. Essendo
superiore anche come vettori (bombardieri e missili), il Pentagono
riteneva attuabile un attacco nucleare.
Il piano prevedeva la
«distruzione sistematica» di 1100 campi d’aviazione e 1200 città. Mosca
sarebbe stata distrutta da 180 bombe termonucleari; Leningrado, da 145;
Pechino, da 23. Molte «aree popolate» sarebbero state distrutte da
«esplosioni nucleari al livello del suolo per accrescere la ricaduta
radioattiva». Tra queste Berlino Est, il cui bombardamento nucleare
avrebbe comportato «disastrose implicazioni per Berlino Ovest».
Il
piano non venne attuato perché l’Urss, che aveva effettuato il suo
primo esperimento nucleare nel 1949 quando gli USA avevano già
accumulato dal 1945 circa 230 bombe, acquisì rapidamente la capacità di
colpire gli USA.
Perché la NARA ha deciso di pubblicare oggi «la
più ampia e dettagliata lista di obiettivi nucleari che sia mai stata
declassificata»? La scelta non è casuale, dato che l’archivista capo
della NARA è nominato dal presidente degli Stati uniti. La pubblicazione
della «target list» è un chiaro monito a Russia e Cina, che vengono
avvertite in modo trasversale di quale potenza nucleare abbiano gli USA.
Essi hanno varato un piano, del costo di 1000 miliardi di
dollari, per potenziare le forze nucleari con altri 12 sottomarini da
attacco, armato ciascuno di 200 testate nucleari, e 100 nuovi
bombardieri strategici, ciascuno armato di oltre 20 testate nucleari.
E
mentre stanno per schierare in Italia e altri paesi NATO le nuove bombe
B61-12 per il first strike nucleare, gli USA sviluppano lo «scudo
antimissili» che dovrebbe «difendere» l’Europa. Il 12 dicembre è stata
attivata, nella base di Deveselu in Romania, la prima batteria
missilistica terrestre USA della «difesa» NATO, che sarà seguita da una
analoga in Polonia, composta da 24 missili Aegis, già installati a bordo
di 4 navi da guerra USA dislocate nel Mediterraneo e Mar Nero.
Mosca
ha avvertito il 25 dicembre che queste batterie, essendo in grado di
lanciare anche missili nucleari Tomahawk a medio raggio, costituiscono
una chiara violazione del Trattato Inf, che proibisce lo schieramento in
Europa di missili nucleari a medio raggio con base a terra.
La
Russia annuncia contromisure, tra cui nuovi missili intercontinentali
mobili su autoveicoli e treni in costante movimento per evitare un first
strike nucleare. E, per colpire obiettivi Isis in Siria, usa
bombardieri strategici che si addestrano così anche all’attacco
nucleare.
Non si sa quale sia oggi la «target list» nucleare
degli USA. È però certo che nella «target list» russa ci sono anche le
basi USA/NATO in Italia. I media tacciono, mentre lanciano l’allarme sui
fuochi d’artificio.
(il manifesto, 29 dicembre 2015)
Vedi le notizie anche su Pandora TV
| costruire la Pace con la nonviolenza e la giustizia sociale | convertire le basi militari USA in Italia ad uso civile | promuovere una difesa civile non armata e nonviolenta | far uscire l'Italia dalla NATO | spostare la sede ONU | sostenere AE911Truth.org |
martedì 29 dicembre 2015
venerdì 25 dicembre 2015
Non è una fiaba di Natale, ma una nuova pagina di nonviolenza scritta su un bus del Kenia
dalla pagina http://www.azionenonviolenta.it/non-e-una-fiaba-di-natale-ma-una-nuova-pagina-di-nonviolenza-scritta-su-un-bus-del-kenia/
[...]
I fatti, riportati dalla BBC e ripresi da alcune testate giornalistiche internazionali, nella loro essenzialità, sono questi: all’alba del 21 dicembre, un commando di terroristi fondamentalisti – presumibilmente appartenenti al gruppo di al Shabab con base in Somalia – attaccano armi in pugno, facendo due vittime, un autobus pieno di viaggiatori. Il loro obiettivo è uccidere i cristiani di ritorno a casa per Natale. Era già avvenuto lo scorso anno, con una strage di 28 cristiani, ma stavolta le cose vanno diversamente: i terroristi chiedono ai cristiani di scendere e intimano ai musulmani di ripartire. Questi sanno che il destino dei primi è segnato, stavolta si rifiutano di obbedire alla violenza omicida e di distinguersi da quelli. Nessuno riparte, “o tutti liberi” – dicono i musulmani – “o tutti uccisi”. Questo gesto di coraggio disarmato spiazza i terroristi, che se ne vanno. Sono salvi. Il bus può ripartire.
[...]
leggi tutto l'articolo
[...]
I fatti, riportati dalla BBC e ripresi da alcune testate giornalistiche internazionali, nella loro essenzialità, sono questi: all’alba del 21 dicembre, un commando di terroristi fondamentalisti – presumibilmente appartenenti al gruppo di al Shabab con base in Somalia – attaccano armi in pugno, facendo due vittime, un autobus pieno di viaggiatori. Il loro obiettivo è uccidere i cristiani di ritorno a casa per Natale. Era già avvenuto lo scorso anno, con una strage di 28 cristiani, ma stavolta le cose vanno diversamente: i terroristi chiedono ai cristiani di scendere e intimano ai musulmani di ripartire. Questi sanno che il destino dei primi è segnato, stavolta si rifiutano di obbedire alla violenza omicida e di distinguersi da quelli. Nessuno riparte, “o tutti liberi” – dicono i musulmani – “o tutti uccisi”. Questo gesto di coraggio disarmato spiazza i terroristi, che se ne vanno. Sono salvi. Il bus può ripartire.
[...]
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giovedì 24 dicembre 2015
A Natale 2015 fa qualcosa per un Natale 2016 migliore!
Sostieni la campagna per l'uscita dell'Italia dalla NATO per un’Italia neutrale, che costruisca con coerenza la pace operando con giustizia e favorisca "più Europa", ma dalla parte dei popoli e non di chi vuole divisione, potere, guerre e caos...
"click" |
Buon Natale!
Benzina sul cessate il fuoco
Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO
Italia
La Risoluzione 2254 sulla Siria, approvata all’unanimità dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, sottolinea «lo stretto legame tra un cessate il fuoco e un parallelo processo politico». Disinnescando il conflitto, ciò favorirebbe un allentamento delle tensioni in Medio Oriente.
C’è però un problema... continua
mercoledì 23 dicembre 2015
11 settembre 2001: le esplosioni al World Trade Center (WTC) descritte da testimoni
dalla pagina http://www.ae911truth.org/news/247-news-media-events-wtc-explosions-described-by-the-people-who-were-there.html
Graeme MacQueen, professore canadese in pensione, dai racconti di oltre 500 persone, fra vigili del fuoco, medici e infermieri, ha raccolto almeno 118 testimoni qualificati che hanno confermato di aver udito una serie di esplosioni al WTC, come avevano anticipato altri articoli (in particolare quello di David Ray Griffin dal tiolo "Explosive Testimony: Revelations about the Twin Towers in the 9/11 Oral Histories") e le inchieste di Massimo Mazzucco e di Giulietto Chiesa.
Le esplosioni descritte sono compatibili solo con demolizioni controllate...
Graeme MacQueen, professore canadese in pensione, dai racconti di oltre 500 persone, fra vigili del fuoco, medici e infermieri, ha raccolto almeno 118 testimoni qualificati che hanno confermato di aver udito una serie di esplosioni al WTC, come avevano anticipato altri articoli (in particolare quello di David Ray Griffin dal tiolo "Explosive Testimony: Revelations about the Twin Towers in the 9/11 Oral Histories") e le inchieste di Massimo Mazzucco e di Giulietto Chiesa.
Le esplosioni descritte sono compatibili solo con demolizioni controllate...
martedì 15 dicembre 2015
Barbara Honegger - "Dietro la cortina di fumo"
Barbara Honegger ha lavorato all'interno dell'Amministrazione USA e poi come giornalista investigativa esperta di questioni militari, sempre a contatto con la stampa di casa al Pentagono. In occasione del 'Convegno contro la Guerra per un’Italia neutrale per un’Europa indipendente', tenutosi a Roma il 20 ottobre 2015, ha rilasciato un'intervista a Pandora TV. Pino Cabras le ha chiesto di introdurre i temi principali del suo film 'Behind The Smoke Curtain: What Happened at the Pentagon on 9/11, and What Didn't, and Why it Matters' ('Dietro la cortina di fumo, cosa accadde al Pentagono l'11/9 e cosa non accadde, e perché conta', ndt). Fra i temi affrontati, le tante esercitazioni militari che riproducevano fedelmente proprio quel che stava accadendo.
leggi anche http://presenzalongare.blogspot.it/2015/10/roma-25-ottobre-barbara-honegger.html
"Restiamo umani"
Raymond McGovern, intervento tenuto al Parlamento Europeo il 1° dicembre 2015 all'interno del IX Forum Russo-Europeo.
Raymond McGovern è stato un analista della CIA dal 1963 al 1990 ed è tra i fondatori del gruppo dei “Veterani Professionisti dell’Intelligence per il Buon Senso”.
domenica 13 dicembre 2015
USA, "Guerra al Terrore", egemonia, soldi
"US using ‘War on Terror’ to maintain hegemony"
"Gli USA usano la 'Guerra al Terrore' per conservare l'egemonia" - questa la tesi di Dennis Etler, prof. di antropologia al Collegio Cabrillo di Aptos, California.
L'operazione false-flag (attentati terroristici organizzati in modo da far cadere la colpa su altri) dell'11 settembre 2001, a lungo pianificata dai neo-con Donald Rumsfeld, Dick Cheney, Paul Wolfowitz, Jeb Bush, Richard Perle, Richard Armitage, Lewis Libby et al. ispirati dal pensiero di Leo Strauss, segna l'inizio della Guerra al Terrore nel tentativo di mantenere l'egemonia globale statunitense...
dalla pagina https://www.rt.com/shows/sophieco/195384-us-fbi-syria-isis/
"Gli USA vogliono rilanciare la paura del terrore per mantenere l'industria bellica del terrore" - questa la tesi di Sibel Edmonds, ex traduttrice per la FBI.
"No terrorist group can survive unless some govt finances it"
"Nessun gruppo terroristico può sopravvivere senza che qualche governo lo finanzi" - questa la tesi di Loretta Napoleoni, esperta di economia e terrorismo
leggi anche:
mercoledì 9 dicembre 2015
13 dicembre
Nel vivo ricordo di Francesco
domenica 13 dicembre 2015
davanti alla base USA Site Pluto
Longare dalle 10.00 alle 11.00
lunedì 7 dicembre 2015
Un altro "errore" ...
dalle pagine
https://www.rt.com/news/324940-syrian-army-coalition-strike/
http://www.presstv.ir/Detail/2015/12/07/440644/Syria-USled-coalition-Deir-al-Zor-Ayyash
http://it.sputniknews.com/mondo/20151207/1676412/Raid-Bombardamento-Terrorismo-Daesh-Isis-AlNusra.html
Dal 30 settembre, su richiesta del presidente siriano Bashar Assad, le forze aeree della Federazione Russa effettuano raid contro gli obiettivi del Daesh (ISIS) e del "Fronte Al-Nusra" in Siria.
https://www.rt.com/news/324940-syrian-army-coalition-strike/
http://www.presstv.ir/Detail/2015/12/07/440644/Syria-USled-coalition-Deir-al-Zor-Ayyash
http://it.sputniknews.com/mondo/20151207/1676412/Raid-Bombardamento-Terrorismo-Daesh-Isis-AlNusra.html
Le forze aeree della coalizione internazionale guidate dagli USA hanno colpito un deposito di armi dell'esercito siriano nella provincia orientale di Deir ez-Zor, uccidendo 3 soldati, mentre altri 13 sono rimasti feriti
La coalizione guidata dagli Stati Uniti effettua raid aerei contro le posizioni dei terroristi del Daesh (ISIS) in Siria dal settembre 2014, senza il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite [e senza risultati tangibili]...Dal 30 settembre, su richiesta del presidente siriano Bashar Assad, le forze aeree della Federazione Russa effettuano raid contro gli obiettivi del Daesh (ISIS) e del "Fronte Al-Nusra" in Siria.
- bombardare non è mai la soluzione
- ma abbattere un jet russo e bombardare l'esercito regolare siriano è proprio demenziale ... per orgoglio o calcolo NON c'è coordinamento con chi ha dimostrato di voler veramente combattere lo Stato Islamico: Siria, Iran e Russia
Fuori l'Italia dalla NATO!
giovedì 3 dicembre 2015
Fuori l'Italia dalla NATO!
NOguerraNOnato.it |
E' una organizzazione che NON favorisce la pace e nemmeno la difesa comune, ma il caos...
Altri Paesi europei NON fanno parte della NATO, come:
Oggi ci vuole più Europa, NON più NATO; più ONU e meno NATO
Oggi ci vuole una Europa politica, dei popoli, NON asservita agli interessi degli USA, dell'apparato militare-industriale e di alcuni Paesi extra-europei, ma che guardi al bene comune dell'intero pianeta e dei popoli...
martedì 1 dicembre 2015
Missile contro il gasdotto
dalla pagina https://www.change.org/p/la-pace-ha-bisogno-di-te-sostieni-la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/14418946?tk=Z6WRmmsNDg0_2Lqr2RicWWWp0jr7KXpUN3q4WalFzw0&utm_source=petition_update&utm_medium=email
1 dic 2015 — Manlio Dinucci
Il missile Aim-120 Amraam lanciato dall’F-16 turco (ambedue made in USA) non era diretto solo al caccia russo impegnato in Siria contro l’Isis, ma a un obiettivo ben più importante: il Turkish Stream, il progettato gasdotto che porterebbe il gas russo in Turchia e, da qui, in Grecia e altri paesi della Ue.
Il Turkish Stream è la risposta di Mosca al siluramento, da parte di Washington, del South Stream, il gasdotto che, aggirando l’Ucraina, avrebbe portato il gas russo fino a Tarvisio (Udine) e da qui nella Ue, con grandi benefici per l’Italia anche in termini di occupazione. Il progetto, varato dalla russa Gazprom e dall’italiana Eni e poi allargato alla tedesca Wintershall e alla francese Edf, era già in fase avanzata di realizzazione (la Saipem dell’Eni aveva già un contratto da 2 miliardi di euro per la costruzione del gasdotto attraverso il Mar Nero) quando, dopo aver provocato la crisi ucraina, Washington lanciava quella che il New York Times definiva «una strategia aggressiva mirante a ridurre le forniture russe di gas all’Europa». Sotto pressione Usa, la Bulgaria bloccava nel dicembre 2014 i lavori del South Stream affossando il progetto.
Contemporaneamente però, nonostante Mosca e Ankara fossero in campi opposti riguardo a Siria e Isis, la Gazprom firmava un accordo preliminare con la compagnia turca Botas per la realizzazione di un duplice gasdotto Russia-Turchia attraverso il Mar Nero.
Il 19 giugno Mosca e Atene firmavano un accordo preliminare sull’estensione del Turkish Stream (con una spesa di 2 miliardi di dollari a carico della Russia) fino alla Grecia, per farne la porta d’ingresso del nuovo gasdotto nell’Unione europea.
Il 22 luglio Obama telefonava a Erdogan, chiedendo che la Turchia si ritirasse dal progetto.
Il 16 novembre Mosca e Ankara annunciavano, invece, prossimi colloqui governativi per varare il Turkish Stream, con una portata superiore a quella del maggiore gasdotto attraverso l’Ucraina.
Otto giorni dopo, il 24 novembre, l’abbattimento del caccia russo provocava il blocco, se non la cancellazione, del progetto. Sicuramente a Washington hanno brindato al nuovo successo. La Turchia, che importa dalla Russia il 55% del gas e il 30% del petrolio, viene invece danneggiata dalle sanzioni russe e rischia di perdere il grosso business del Turkish Stream.
Chi allora in Turchia aveva interesse ad abbattere volutamente il caccia russo, sapendo quali sarebbero state le conseguenze? La frase di Erdogan «Vorremmo che non fosse successo, ma è successo, spero che una cosa del genere non accada più» implica uno scenario più complesso di quello ufficiale. In Turchia ci sono importanti comandi, basi e radar Nato sotto comando Usa: l’ordine di abbattere il caccia russo è stato dato all’interno di tale quadro.
Qual è a questo punto la situazione nella «guerra dei gasdotti»? Usa e Nato controllano il territorio ucraino da cui passano i gasdotti Russia-Ue, ma la Russia può fare oggi meno affidamento su di essi (la quantità di gas che trasportano è calata dal 90% al 40% dell’export russo di gas verso l’Europa) grazie a due corridoi alternativi.
Il Nord Stream che, a nord dell’Ucraina, porta il gas russo in Germania: la Gazprom ora lo vuole raddoppiare ma il progetto è avversato nella Ue dalla Polonia e altri governi dell’Est (legati più a Washington che a Bruxelles). Il Blue Stream, gestito alla pari da Gazprom ed Eni, che a sud passa dalla Turchia ed è per questo a rischio.
La Ue potrebbe importare molto gas a basso prezzo dall’Iran, con un gasdotto già progettato attraverso Iraq e Siria, ma il progetto è bloccato (non a caso) dalla guerra scatenata in questi paesi dalla strategia Usa/Nato.
(il manifesto, 1 dicembre 2015)
Vedi il video su PandoraTV http://www.pandoratv.it/?p=5042
Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO
Italia
Il missile Aim-120 Amraam lanciato dall’F-16 turco (ambedue made in USA) non era diretto solo al caccia russo impegnato in Siria contro l’Isis, ma a un obiettivo ben più importante: il Turkish Stream, il progettato gasdotto che porterebbe il gas russo in Turchia e, da qui, in Grecia e altri paesi della Ue.
Il Turkish Stream è la risposta di Mosca al siluramento, da parte di Washington, del South Stream, il gasdotto che, aggirando l’Ucraina, avrebbe portato il gas russo fino a Tarvisio (Udine) e da qui nella Ue, con grandi benefici per l’Italia anche in termini di occupazione. Il progetto, varato dalla russa Gazprom e dall’italiana Eni e poi allargato alla tedesca Wintershall e alla francese Edf, era già in fase avanzata di realizzazione (la Saipem dell’Eni aveva già un contratto da 2 miliardi di euro per la costruzione del gasdotto attraverso il Mar Nero) quando, dopo aver provocato la crisi ucraina, Washington lanciava quella che il New York Times definiva «una strategia aggressiva mirante a ridurre le forniture russe di gas all’Europa». Sotto pressione Usa, la Bulgaria bloccava nel dicembre 2014 i lavori del South Stream affossando il progetto.
Contemporaneamente però, nonostante Mosca e Ankara fossero in campi opposti riguardo a Siria e Isis, la Gazprom firmava un accordo preliminare con la compagnia turca Botas per la realizzazione di un duplice gasdotto Russia-Turchia attraverso il Mar Nero.
Il 19 giugno Mosca e Atene firmavano un accordo preliminare sull’estensione del Turkish Stream (con una spesa di 2 miliardi di dollari a carico della Russia) fino alla Grecia, per farne la porta d’ingresso del nuovo gasdotto nell’Unione europea.
Il 22 luglio Obama telefonava a Erdogan, chiedendo che la Turchia si ritirasse dal progetto.
Il 16 novembre Mosca e Ankara annunciavano, invece, prossimi colloqui governativi per varare il Turkish Stream, con una portata superiore a quella del maggiore gasdotto attraverso l’Ucraina.
Otto giorni dopo, il 24 novembre, l’abbattimento del caccia russo provocava il blocco, se non la cancellazione, del progetto. Sicuramente a Washington hanno brindato al nuovo successo. La Turchia, che importa dalla Russia il 55% del gas e il 30% del petrolio, viene invece danneggiata dalle sanzioni russe e rischia di perdere il grosso business del Turkish Stream.
Chi allora in Turchia aveva interesse ad abbattere volutamente il caccia russo, sapendo quali sarebbero state le conseguenze? La frase di Erdogan «Vorremmo che non fosse successo, ma è successo, spero che una cosa del genere non accada più» implica uno scenario più complesso di quello ufficiale. In Turchia ci sono importanti comandi, basi e radar Nato sotto comando Usa: l’ordine di abbattere il caccia russo è stato dato all’interno di tale quadro.
Qual è a questo punto la situazione nella «guerra dei gasdotti»? Usa e Nato controllano il territorio ucraino da cui passano i gasdotti Russia-Ue, ma la Russia può fare oggi meno affidamento su di essi (la quantità di gas che trasportano è calata dal 90% al 40% dell’export russo di gas verso l’Europa) grazie a due corridoi alternativi.
Il Nord Stream che, a nord dell’Ucraina, porta il gas russo in Germania: la Gazprom ora lo vuole raddoppiare ma il progetto è avversato nella Ue dalla Polonia e altri governi dell’Est (legati più a Washington che a Bruxelles). Il Blue Stream, gestito alla pari da Gazprom ed Eni, che a sud passa dalla Turchia ed è per questo a rischio.
La Ue potrebbe importare molto gas a basso prezzo dall’Iran, con un gasdotto già progettato attraverso Iraq e Siria, ma il progetto è bloccato (non a caso) dalla guerra scatenata in questi paesi dalla strategia Usa/Nato.
(il manifesto, 1 dicembre 2015)
Vedi il video su PandoraTV http://www.pandoratv.it/?p=5042
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