venerdì 29 gennaio 2016

Una guerra che dura da venticinque anni

dalla pagina https://www.change.org/p/la-pace-ha-bisogno-di-te-sostieni-la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/15183846?tk=VwkhX2y5jouU381AqroB4iIa-exh054AVWlCKEaoJec&utm_source=petition_update

Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO

28 gen 2016 — Manlio Dinucci

Venticinque anni fa, nelle prime ore del 17 gennaio 1991, inizia nel Golfo Persico l’operazione «Tempesta del deserto», la guerra contro l’Iraq che apre la fase storica che stiamo vivendo. Questa guerra viene lanciata nel momento in cui, dopo il crollo del Muro di Berlino, stanno per dissolversi il Patto di Varsavia e la stessa Unione Sovietica. Ciò crea, nella regione europea e centro-asiatica, una situazione geopolitica interamente nuova. E, su scala mondiale, scompare la superpotenza in grado di fronteggiare quella statunitense.

«Il presidente Bush coglie questo cambiamento storico», racconta Colin Powell. Washington traccia subito «una nuova strategia della sicurezza nazionale e una strategia militare per sostenerla». L’attacco iracheno al Kuwait, ordinato da Saddam Hussein nell’agosto 1990, «fa sì che gli Stati uniti possano mettere in pratica la nuova strategia esattamente nel momento in cui cominciano a pubblicizzarla».

Il Saddam Hussein, che diventa «nemico numero uno», è lo stesso che gli Stati uniti hanno sostenuto negli anni Ottanta nella guerra contro l’Iran di Khomeini, allora «nemico numero uno» per gli interessi Usa in Medioriente. Ma quando nel 1988 termina la guerra con l’Iran, gli Usa temono che l’Iraq, grazie anche all’assistenza sovietica, acquisti un ruolo dominante nella regione. Ricorrono quindi alla tradizionale politica del «divide et impera». Sotto regia di Washington, cambia anche l’atteggiamento del Kuwait: esso esige l'immediato rimborso del debito contratto dall’Iraq e, sfruttando il giacimento di Rumaila che si estende sotto ambedue i territori, porta la propria produzione petrolifera oltre la quota stabilita dall'Opec. Danneggia così l’Iraq, uscito dalla guerra con un debito estero di oltre 70 miliardi di dollari, 40 dei quali dovuti a Kuwait e Arabia Saudita. A questo punto Saddam Hussein pensa di uscire dall'impasse «riannettendosi» il territorio kuwaitiano che, in base ai confini tracciati nel 1922 dal proconsole britannico Sir Percy Cox, sbarra l'accesso dell'Iraq al Golfo.

Washington lascia credere a Baghdad di voler restare fuori dal contenzioso. Il 25 luglio 1990, mentre i satelliti del Pentagono mostrano che l’invasione è ormai imminente, l’ambasciatrice Usa a Baghdad, April Glaspie, assicura Saddam Hussein che gli Stati uniti desiderano avere le migliori relazioni con l’Iraq e non intendono interferire nei conflitti inter-arabi. Saddam Hussein cade nella trappola: una settima-na dopo, il 1° agosto 1990, le forze irachene invadono il Kuwait.

A questo punto Washington, formata una coalizione internazionale, invia nel Golfo una forza di 750 mila uomini, di cui il 70 per cento statunitensi, agli ordini del generale Schwarzkopf. Per 43 giorni, l’aviazione Usa e alleata effettua, con 2800 aerei, oltre 110 mila sortite, sganciando 250 mila bombe, tra cui quelle a grappolo che rilasciano oltre 10 milioni di submunizioni. Partecipano ai bombardamenti, insieme a quelle statunitensi, forze aeree e navali britanniche, francesi, italiane, greche, spagnole, portoghesi, belghe, olan-desi, danesi, norvegesi e canadesi.

Il 23 febbraio le truppe della coalizione, comprendenti oltre mezzo milione di soldati, lanciano l’offensiva terrestre. Essa termina il 28 febbraio con un «cessate-il-fuoco temporaneo» proclamato dal presidente Bush. Alla guerra segue l’embargo, che provoca nella popolazione irachena più vittime della guerra: oltre un milione, tra cui circa la metà bambini.

Subito dopo la guerra del Golfo, Washington lancia ad avversari e alleati un inequivocabile messaggio: «Gli Stati uniti rimangono il solo Stato con una forza, una portata e un'influenza in ogni dimensione – politica, economica e militare – realmente globali. Non esiste alcun sostituto alla leadership americana» (Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, agosto 1991).

La guerra del Golfo è la prima guerra a cui partecipa sotto comando Usa la Repubblica italiana, violando l’articolo 11 della Costituzione. La Nato, pur non partecipando ufficialmente in quanto tale alla guerra, mette a disposizione sue forze e strutture per le operazioni militari. Pochi mesi dopo, nel novembre 1991, il Consiglio Atlantico vara, sulla scia della nuova strategia Usa, il «nuovo concetto strategico dell'Alleanza».

Nello stesso anno in Italia viene varato il «nuovo modello di difesa» che, stravolgendo la Costituzione, indica quale missione delle forze armate «la tutela degli interessi nazionali ovunque sia necessario».

Nasce così con la guerra del Golfo la strategia che guida le successive guerre sotto comando Usa, presentate come «operazioni umanitarie di peacekeeping»: Jugoslavia 1999, Afghanistan 2001, Iraq 2003, Libia 2011, Siria dal 2013, accompagnate nello stesso quadro strategico dalle guerre di Israele contro il Libano e Gaza, della Turchia contro i curdi del Pkk, dell’Arabia Saudita contro lo Yemen, dalla formazione dell’Isis e altri gruppi terroristi funzionali alla strategia Usa/Nato, dall’uso di forze neonaziste per il colpo di stato in Ucraina funzionale alla nuova guerra fredda contro la Russia.

Profetiche, ma in senso tragico, le parole del presidente Bush nell’agosto 1991: «La crisi del Golfo passerà alla storia come il crogiolo del nuovo ordine mondiale».

(il manifesto, 16 gennaio 2016)

martedì 26 gennaio 2016

Visti USA ad Al Qaeda: "Ero là: io ho rilasciato quei visti"

dalle pagine
http://sputniknews.com/military/20160126/1033702729/springmann-visas-alqaeda.html
http://www.911truth.org/visas-al-qaeda-cia-handouts-rocked-world/
http://www.globalresearch.ca/visas-for-al-qaeda-cia-handouts-that-rocked-the-world-an-insiders-view/5498201
http://geopolitics.co/2016/01/26/visas-for-al-qaeda-cia-handouts-that-rocked-the-world-insiders-view

J. Michael Springmann ex capo della sezione "visti" del Consolato USA a Jeddah in Arabia Saudita, dal 1987 al 1989, la settimana scorsa ha presentanto a Washington D.C. il suo libro Visas for Al Qaeda: CIA Handouts That Rocked the World — An Insider’s View (Visti per Al Qaeda: informazioni CIA che scuotono il mondo - Il punto di vista di un addetto ai lavori).
"Siamo in ritardo nell'esporre omicidi, crimini di guerra e violazioni ai diritti dell'uomo da parte degli USA e dei suoi servizi di 'intelligence'" afferma Springmann. Continua dicendo che in nome della sicurezza nazionale gli USA, attraverso la CIA (Agenzia Centrale per l'Intelligence) e la NSA (Agenzia per la Sicurezza Nazionale) ha a che fare e/o ha organizzato colpi di stato e tentativi di destabilizzazione nel mondo, in particolare nel Vicino Oriente. 
Negli anni 1980, la CIA arruolava e addestrava combattenti Muslim per combattere l'invasione sovietica dell'Afghanistan. Successivamente, la CIA ha spostato quei combattenti jihadisti dall'Afghanistan ai Balcani e poi in Iraq, Libia e Siria, utilizzando visti USA illegali.
Questi combattenti sostenuti e addestrati dagli USA sono diventati i terroristi di al-Qaeda...  

lunedì 25 gennaio 2016

Commemorazione dell'art. 11 della nostra Costituzione, più volte violato...


pandoratv.it/?p=5864
19 gen, 2016 — Manlio Dinucci. Un importante anniversario va ricordato nel quadro del 25° della Prima Guerra del Golfo: essa è la prima guerra cui partecipa la Repubblica italiana, violando il il principio, affermato dall’Articolo 11 della Costituzione, che «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Leggi di più

venerdì 22 gennaio 2016

Barbara Honegger, "Behind the Smoke Curtain" (in italiano)

Dietro la cortina di fumo.
Tutto ciò che si pensa di conoscere sull'attacco al Pentagono e invece è sbagliato
 
Cosa è accaduto e cosa non è accaduto al Pentagono l'11 settembre 2001 e perché è importante

giovedì 21 gennaio 2016

ReThink911 - RiPensa l'11 settembre 2001

Visita il sito dei Vigili del Fuoco per la Verità e l'Unità sull'11 settembre
 
ff911truthandunity.org
 Architetti e Ingegneri per la Verità sull'11 Settembre e
Vigili del Fuoco per la Verità e l'Unità sull'11 Settembre 
hanno realizzato insieme un video: le Torri Gemelle (WTC-1 e 2) 
e l'Edificio 7 (WTC-7) sono stati distrutti da
demolizioni controllate




Grazie a AE911Truth.org, 2433 Ingegneri e Architetti, la maggior parte dei quali statunitensi, sono convinti che il crollo delle Torri Gemelle e dell'Edificio 7 del World Trade Center sia stato il risultato di demolizioni controllate ... e il fisico David Chandler ha dimostrato la caduta libera che può avvenire solo nel caso di demolizioni controllate...

AE911Truth.org ha lanciato la petizione internazionale
ReThink911.org/petition
leggi e firma la petizione: chiede la costituzione di una commissione di inchiesta, autorevole e indipendente, per indagare sugli eventi dell' 11 settembre 2001 
21812 persone lo hanno fatto


"Ri-Pensa l'11 settembre - L'evidenza potrebbe sorprenderti"
Campagna internazionale promossa dagli Architetti e Ingegneri USA di ae911truth.org   
 
Lo sapevi che una terza torre è caduta l'11 settembre 2001?  
Si tratta dell'Edificio 7 del World Trade Center crollato alle 5,20 del pomeriggio di quell'11 settembre ... eppure non è stato colpito da un aereo, l'incendio che si era sviluppato non era sufficiente a farla crollare, è crollato su se stesso in 6,5 secondi, in caduta libera nei primi secondi 


Se hai dubbi e vuoi più informazioni, guarda:

  • video del crollo del WTC-7 confrontato con [altre] demolizioni controllate
  • l'intervista a Richard Gage, fondatore di AE911Truth.org, su C-Span, il canale pubblico della politica USA: guarda il video [doppiato in italiano]
  • i video di Massimo Mazzucco: 11 Settembre - La nuova Pearl Harbor (luogocomune.net/site) l'opera più esaustiva sull'11 settembre!!!
  • il film di Giulietto Chiesa, Zero, youtube.com/watch?v=87by9WLxn6M
  • Behind The Smoke Curtain: What Happened at the Pentagon on 9/11, and What Didn't, and Why it Matters di Barbara Honegger ha ampiamente dimostrato [video in italiano] che quello al Pentagono fu un "inside job" = auto-attentato 
leggi: 

lunedì 18 gennaio 2016

17 gennaio 2016 a Presenza a Longare

Non torneranno i prati
Consegna delle Ceneri | 
| Dagli Altopiani a Vicenza | 
| La Fine di un Cimitero Errante


album con alcune immagini della Performance artistico-civile

giovedì 14 gennaio 2016

Non torneranno i prati finché ci saranno guerre

Testo del comunicato del circolo Il Bocciodromo di Vicenza
Performance artistico-civile
Vicenza, 16-17 gennaio 2016

  • Sabato 16 gennaio - ore 16.30, al cono di volo all'altezza di via Aeroporti 23, a Caldogno, Vicenza
  • Domenica 17 gennaio - ore 9.30, partenza in bici dal campo del Presidio No Dal Molin
Il 16 gennaio 2016 ricorre l'anniversario dell'editto bulgaro con cui il Governo Prodi nel 2007 diede il via libera alla costruzione della nuova base militare Dal Molin. Si entra così nel decimo anno di questa grave imposizione.
Nel frattempo, gli scenari internazionali e le modalità della guerra sono radicalmente cambiati. La nuova base ha perso anche il suo senso strategico-militare, lasciando una ferita enorme sulla città. Noi tutti, donne e uomini contrari alla guerra, vogliamo costruire un percorso che possa fermare tutto questo e ridare dignità alla nostra città e all'essere cittadini.

Abbiamo pensato di dare un segnale d'inizio di questo decimo anno, con una performance artistico-civile dal titolo "NON TORNERANNO I PRATI finché ci saranno le guerre", raccogliendo il testimone di The Burrning Cemetery, l'opera-azione avvenuta a Bocchetta Paù il 7 agosto 2013.
La performance è narrata anche nel libro “Cent'anni a Nordest" di Wu Ming 1, come archetipo di azione contro la retorica della Grande Guerra e chiave di lettura del secolo sulle nostre regioni, con le relative memorie bruciate, sepolte, infangate.

Sabato 16 gennaio realizzeremo, a partire dalle ore 16.30, una performance collettiva, producendo le ultime prove delle ceneri di quelle memorie. L'appuntamento è al cono di volo all'altezza di via Aeroporti 23, a Caldogno, Vicenza.
Domenica 17 gennaio - 25° anno dell'inizio della Guerra del Golfo - spargeremo poi quelle ceneri davanti alle entrate degli insediamenti militari.
Partenza con le biciclette alle ore 9.30 dal campo del Presidio No Dal Molin. Faremo tappa davanti alle basi militari Dal Molin, Camp Ederle, Site Pluto.

 

Per saperne di più:
#nontornerannoiprati



Domenica 17 gennaio
la Presenza a Longare si estende fino alle 12 circa

venerdì 8 gennaio 2016

Il 16 gennaio le piazze gridino No alla guerra

dalla pagina http://www.peacelink.it/editoriale/a/42535.html

Si stanno organizzando manifestazioni in diverse città italiane, Vicenza compresa
Il 16 gennaio di venticinque anni fa, è iniziata ciò che è poi diventata una guerra senza fine, come nel medioevo. Sostenuti dai paesi della NATO, gli USA hanno bombardato ogni angolo del mondo con la pretesa di eliminare il terrorismo (mentre in realtà l'hanno fatto crescere) e di portare la democrazia (mai realizzata in nessun paese conquistato). 

Non sarebbe ora di dire basta?

Come e perché il comitato NO guerra NO NATO partecipa alla manifestazione del 16 gennaio

dalla pagina https://www.change.org/p/la-pace-ha-bisogno-di-te-sostieni-la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/14814702

Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO
Italia
3 gen 2016 — Varie forze anti-guerra manifesteranno il 16 gennaio. Noi riteniamo alcun posizioni come inadeguate, altre altamente equivoche. La guerra non è mai astratta, senza genitori. Molte guerre vengono dimenticate: Jugoslavia, Afghanistan, Ucraina, le aggressioni israeliane al Libano, a Gaza. Addirittura non è menzionata la Siria. La non violenza assurta a imperativo categorico non può essere proposta a chi, come il popolo di Siria, si difende dall’aggressione esterna.
Noi parteciperemo alla manifestazione con spirito unitario, sostenendo la necessità di una più vasta interpretazione della crisi mondiale in corso e mettendo al centro l’uscita dalla Nato.

Venticinque anni fa, nelle prime ore del 17 gennaio 1991, iniziava nel Golfo Persico l’operazione «Tempesta del deserto», la guerra contro l’Iraq che apriva la fase storica che stiamo vivendo.

Questa guerra, preparata e provocata da Washington, veniva lanciata nel momento in cui, dopo il crollo del Muro di Berlino, stavano per dissolversi il Patto di Varsavia e la stessa Unione Sovietica. Approfittando della crisi del campo avversario, gli Stati Uniti rafforzavano con la guerra la loro presenza militare e influenza politica nell’area strategica del Golfo.

La coalizione occidentale, formata da Washington, inviava nel Golfo una forza di 750 mila uomini, di cui il 70 % statunitensi, agli ordini di un generale Usa. Per 43 giorni, l’aviazione statunitense e alleata effettuava, con 2800 aerei, oltre 110 mila sortite, sganciando 250 mila bombe, tra cui quelle a grappolo che rilasciavano oltre 10 milioni di submunizioni.

Partecipavano ai bombardamenti, insieme a quelle statunitensi, forze aeree e navali britanniche, francesi, italiane, greche, spagnole, portoghesi, belghe, olandesi, danesi, norvegesi e canadesi.

Il 23 febbraio le truppe della coalizione, lanciavano l’offensiva terrestre. Essa terminava il 28 febbraio con un «cessate-il-fuoco temporaneo» proclamato dal presidente Bush.

La guerra del Golfo fu la prima guerra a cui partecipava, sotto comando Usa, la Repubblica italiana, violando l’articolo 11, uno dei principi fondamentali della propria Costituzione. I caccia Tornado dell’aeronautica italiana effettuarono 226 sortite, bombardando gli obiettivi indicati dal comando statunitense.

Nessuno sa con esattezza quanti furono i morti iracheni nella guerra del 1991: sicuramente centinaia di migliaia, per circa la metà civili. Alla guerra seguiva l’embargo, che provocava nella popolazione più vittime della guerra: oltre un milione, tra cui circa la metà bambini.

Subito dopo la guerra del Golfo, gli Stati Uniti lanciavano ad avversari e alleati un inequivocabile messaggio: «Gli Stati Uniti rimangono il solo Stato con una forza, una portata e un'influenza in ogni dimensione – politica, economica e militare – realmente globali. Non esiste alcun sostituto alla leadership americana» (Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, agosto 1991).

La Nato, pur non partecipando ufficialmente, in quanto tale, alla quella guerra, mise a disposizione le sue forze e le sue strutture. Pochi mesi dopo, nel novembre 1991, il Consiglio Atlantico varava, sulla base della guerra del Golfo, il «nuovo concetto strategico dell'Alleanza». Nello stesso anno in Italia veniva varato il «nuovo modello di difesa» che, stravolgendo nuovamente la Costituzione, indicava quale missione delle forze armate «la tutela degli interessi nazionali ovunque sia necessario».

Nasceva così la strategia che ha guidato le successive guerre sotto comando Usa – contro la Jugoslavia nel 1999, l’Afghanistan nel 2001, l’Iraq nel 2003, la Libia nel 2011, la Siria dal 2013 – accompagnate nello stesso quadro strategico dalle guerre di Israele contro il Libano e Gaza, della Turchia contro i curdi del Pkk, dell’Arabia Saudita contro lo Yemen, dalla formazione dell’Isis e altri gruppi terroristi funzionali alla strategia Usa/Nato, dall’uso di forze neonaziste per il colpo di stato in Ucraina funzionale alla nuova guerra fredda e al rilancio della corsa agli armamenti nucleari.

Su tale sfondo il Comitato No Guerra No Nato ricorda la guerra del Golfo di 25 anni fa, nel massimo spirito unitario e allo stesso tempo nella massima chiarezza sul significato di tale ricorrenza, chiamando a intensificare la campagna per l’uscita dell’Italia dalla Nato, per una Italia sovrana e neutrale, per la formazione del più ampio fronte interno e internazionale contro il sistema di guerra, per la piena sovranità e indipendenza dei popoli.

Noi non mettiamo tutti sullo stesso piano. Questa guerra viene dall’Occidente. Il terrorismo viene dall’Occidente. La crisi mondiale viene dall’Occidente.
Tutti coloro che hanno firmato l’appello di questo comitato, e che ne condividono l’analisi e gli scopi, sono invitati a partecipare alla manifestazione romana del 16, e alle manifestazioni che verranno realizzate nei centri minori di ogni parte d’Italia, con queste precise posizioni. Noi chiediamo a tutti i cittadini italiani di unirsi a noi nella richiesta di un’Italia neutrale.

Comitato No Guerra No Nato

Precisazione sulla parecipazione alle manifestazioni del 16 gennaio

Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO
Italia
7 gen 2016 — Il 16 gennaio è giornata di lotta nazionale contro la Guerra e, per noi, contro la Nato.

Il Comitato No Guerra No Nato è parte della mobilitazione per le due manifestazioni di Roma e di Milano, ma lo farà sulla base della propria piattaforma politica (https://www.change.org/p/la-pace-ha-bisogno-di-te-sostieni-la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/14814702) che ha contenuti in diversi punti sostanzialmente diversi e non coincidenti con quelli del manifesto della Piattaforma Sociale Eurostop.

Dunque saremo a entrambe le manifestazioni, ma non siamo firmatari di altri documenti che non siano il nostro.

Il Comitato NGNN

sabato 2 gennaio 2016

ReThink911 - RiPensa l'11 settembre 2001

Grazie a AE911Truth.org, 2418 Ingegneri e Architetti, la maggior parte dei quali statunitensi, sono convinti che il crollo delle Torri Gemelle e dell'Edificio 7 del World Trade Center sia stato il risultato di demolizioni controllate ...
e il fisico David Chandler ha dimostrato la caduta libera che può avvenire solo nel caso di demolizioni controllate...

AE911Truth.org ha lanciato la petizione internazionale
ReThink911.org/petition
leggi e firma la petizione: chiede la costituzione di una commissione di inchiesta, autorevole e indipendente, per indagare sugli eventi dell' 11 settembre 2001 
21763 persone lo hanno fatto


"Ri-Pensa l'11 settembre - L'evidenza potrebbe sorprenderti"
Campagna internazionale promossa dagli Architetti e Ingegneri USA di ae911truth.org   
Lo sapevi che una terza torre è caduta l'11 settembre 2001?  
Si tratta dell'Edificio 7 del World Trade Center crollato alle 5,20 del pomeriggio di quell'11 settembre ... eppure non è stato colpito da un aereo, l'incendio che si era sviluppato non era sufficiente a farla crollare, è crollato su se stesso in 6,5 secondi, in caduta libera nei primi secondi
 

Se hai dubbi e vuoi più informazioni, guarda: 

  • video del crollo del WTC-7 confrontato con [altre] demolizioni controllate
  • l'intervista a Richard Gage, fondatore di AE911Truth.org, su C-Span, il canale pubblico della politica USA: guarda il video [doppiato in italiano]
  • i video di Massimo Mazzucco: 11 Settembre - La nuova Pearl Harbor (luogocomune.net/site) l'opera più esaustiva sull'11 settembre!!!
  • il film di Giulietto Chiesa, Zero, youtube.com/watch?v=87by9WLxn6M
  • Behind The Smoke Curtain: What Happened at the Pentagon on 9/11, and What Didn't, and Why it Matters di Barbara Honegger ha ampiamente dimostrato [video in inglese] che quello al Pentagono fu un "inside job" = auto-attentato 
leggi: