SE LE NOSTRE VITE NON VALGONO,
ALLORA CI FERMIAMO!
L’8 marzo è una giornata di lotta,
non un’occasione per locali, ristoranti e fiorai di far girare
l’economia. Prende vita dagli scioperi delle operaie che dai primi del
Novecento in tutto il mondo animarono le lotte per i loro diritti
violati di persone e lavoratrici. Ricordiamo Il primo, quello delle
camiciaie di New York nel 1909, poi lo sciopero e la rivolta delle
operaie di Pietrogrado, l’8 marzo del 1917, perché senza donne non c’è
rivoluzione possibile!
Niente fiori e cioccolatini, dunque: non abbiamo niente da festeggiare, abbiamo tutto da cambiare! Dopo
le straordinarie giornate di mobilitazione che hanno visto milioni di
donne nelle piazze di tutto il mondo, dalla Polonia, all’Italia, alla
Germania, alla Turchia, dal Brasile all’Argentina, il prossimo 8 marzo
sarà l’occasione per riprenderci questa giornata di lotta: sarà SCIOPERO GLOBALE DELLE DONNE.
Lanciato dalle donne argentine, ha raccolto l’adesione di oltre 22
paesi al grido di “Se le nostre vite non valgono, non produciamo”.
Differenti luoghi e contesti, analoga condizione di subalternità e
violenza per le donne: NI UNA MENOS, allora, non una di meno in piazza,
la chiamata rimbalza ai quattro angoli del pianeta: Uniamoci per
continuare a lottare!
L’8 marzo sciopereremo anche in Italia. Una
giornata in cui sperimentare/praticare forme di blocco della produzione
e della riproduzione sociale, reinventando lo sciopero come vera e
propria pratica femminista a partire dalle forme specifiche di violenza,
discriminazione e sfruttamento che viviamo quotidianamente, 24 ore al
giorno, in ogni ambito della vita, che sia pubblico o privato.
Constatiamo ogni giorno quanto la violenza sia fenomeno strutturale
delle nostre società, strumento di controllo delle nostre vite e quanto
condizioni ogni ambito della nostra esistenza: in famiglia, al lavoro, a
scuola, negli ospedali, in tribunale, sui giornali, per la strada, …
per questo il prossimo 8 marzo ci asterremo da ogni attività produttiva e riproduttiva che ci riguardi.
Sarà uno sciopero in cui riaffermare la nostra forza a partire dalla nostra sottrazione: una giornata senza di noi.
Resteremo al sole delle piazze a goderci la primavera che arriva anche
per noi a dispetto di chi ci uccide per “troppo amore”, di chi, quando
siamo vittime di stupro, processa prima le donne e i loro comportamenti;
di chi “esporta democrazia” in nostro nome e poi alza muri tra noi e la
nostra libertà. Di chi scrive leggi sui nostri corpi; di chi ci lascia
morire di obiezione di coscienza. Di chi ci ricatta con le dimissioni in
bianco perché abbiamo figli o forse li avremo; Di chi ci offre stipendi
comunque più bassi degli uomini a parità di mansioni, …
Dopo la grande manifestazione del 26 e
l’assemblea partecipatissima del 27 novembre a Roma, ci riuniremo in un
terzo appuntamento nazionale, il 4 e il 5 febbraio a Bologna, in cui riprenderemo la stesura del Piano femminista contro la violenza.
Un piano scritto dal basso, dal vissuto delle donne, dall’esperienza
dei centri antiviolenza femministi, dalle condizioni materiali e dalle
necessità primarie per costruire concretamente percorsi di fuoriuscita
dalla violenza. Discuteremo delle forme e delle pratiche dello sciopero.
Le forme tradizionali del lavoro e della lotta si combineranno con la
trasformazione del lavoro contemporaneo – precario, intermittente,
frammentato – e con il lavoro domestico e di cura, invisibile e
quotidiano, ancora appannaggio quasi esclusivo delle donne, ancora
sottopagato e gratuito. Sarà uno sciopero dai ruoli imposti dal genere in cui mettere in crisi un modello produttivo e sociale che, contemporaneamente, discrimina e mette a profitto le differenze.
A cento anni dall’8 marzo 1917,
torneremo in strada in tutto il mondo, a protestare e a scioperare
contro la guerra che ogni giorno subiamo sui nostri corpi: la violenza,
fisica, psicologica, culturale, economica. Se le nostre vite non valgono, allora ci fermiamo!
A COSA SERVE LO SCIOPERO:
Lo sciopero è in primo luogo una forma di
lotta che si fonda sul blocco della produzione e sull’astensione dal
lavoro con l’obiettivo di produrre un danno economico e di rendere
tangibile il ruolo del lavoro nella produzione.
mutuiamo lo sciopero come pratica
fondamentale per segnalare la nostra sottrazione da una società violenta
nei confronti delle donne: per questo lo sciopero sarà articolato sulle
24 ore e riguarderà ogni nostra attività, produttiva e riproduttiva,
ogni ambito, pubblico o privato, in cui discriminazione, sfruttamento e
violenza su ognuna di noi si riaffermano. Se delle nostre vite si può
disporre (fino a provocarne la morte) perché ritenute di poco valore, vi
sfidiamo a vivere, produrre, organizzare le vostre vite senza di noi.
Se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo.
Uno sciopero per ribaltare i rapporti di
forza, per mettere al centro le nostre rivendicazioni, la necessità di
trasformare relazioni, rapporti sociali e narrazioni. In casa, a scuola,
sui luoghi di lavoro, nelle istituzioni. Uno sciopero che ha nel piano femminista antiviolenza la sua piattaforma e il suo programma di lotta e di trasformazione scritto dal basso.
COME SCIOPERARE L’8 MARZO:
non esiste una sola forma di sciopero da
sperimentare l’8 marzo. Esistono condizioni di lavoro e di vita molto
diverse. Lo sciopero coinvolgerà lavoratrici dipendenti, precarie,
autonome, intermittenti, disoccupate, studentesse, casalinghe.
Indipendentemente dal nostro profilo, siamo coinvolte in molteplici
attività produttive e riproduttive che sfruttano le nostre capacità e
ribadiscono la nostra subalternità.
Per praticare concretamente il blocco
delle attività produttive e riproduttive, elenchiamo solo alcune
possibilità: l’astensione dal lavoro, lo sciopero bianco, lo sciopero
del consumo, l’adesione simbolica, lo sciopero digitale, il picchetto, …
Lo sciopero si rivolge principalmente
alle donne, ma ha più forza se innesca un supporto mutualistico con gli
altri lavoratori, le reti relazionali e sociali, chi assume come
prioritaria questa lotta. Vogliamo trovare soluzioni condivise e
collettive come è avvenuto in Polonia in cui molti uomini, mariti,
compagni, padri, fidanzati, fratelli, nonni, amici, hanno svolto un
lavoro di supplenza nello svolgimento di attività normalmente svolte
dalle donne.
Le assemblee cittadine di Non Una di Meno e i tavoli di lavoro tematici,
territoriali e nazionali, saranno il luogo privilegiato in cui
costruire e immaginare le forme dello sciopero a partire dalle vertenze,
dalle specificità del territorio e dalle reti attivate, attraverso
iniziative pubbliche di confronto e di approfondimento in avvicinamento
all’8 marzo. Sarà comunque utile immaginare strumenti che facilitino lo
scambio di idee e proposte, la costruzione di immaginario, utilizzando
il blog e campagne social. L’assemblea nazionale del 4-5 febbraio a
Bologna sarà l’occasione per definire e consolidare il piano politico e
il coordinamento delle iniziative dell’8 marzo.
L’obiettivo è andare oltre l’evocazione e il simbolico e praticare concretamente il blocco delle attività produttive e riproduttive da parte del maggiore numero possibile di persone.
Abbiamo fatto appello ai sindacati per la convocazione di uno sciopero generale per l’8 marzo così
da permettere la possibilità di adesione al più ampio numero di
lavoratrici dipendenti e a chi gode del diritto di scioperare.
Se sei precaria e
non ti è garantito il diritto di scioperare, puoi chiedere un permesso
(per esempio per andare a donare il sangue) e astenerti dal lavorare.
Per chi lavora in nero o in modo saltuario si possono organizzare
iniziative di sostegno materiale e casse di mutuo soccorso.
Grande ruolo potranno avere i centri antiviolenza in
quella giornata organizzando iniziative e rilanciando il piano
femminista contro la violenza a partire dall’esperienza e le competenze
di chi opera in questo settore.
La pratica del picchetto può
essere utilizzata per un doppio scopo: bloccare gli accessi per
bloccare la produzione; praticare presidi di denuncia contro persone,
narrazioni e comportamenti violente, svilenti e dannose per le donne
(reparti a alta densità di obiettori di coscienza, luoghi di lavoro,
testate giornalistiche, …) sul modello dell’escrache argentino.
Per consentire anche a chi non può scioperare in altro modo, rilanciamo cortei o manifestazioni, diurne o serali, in tutte le città per riprenderci la notte e lo spazio pubblico, per fare marea e conquistare visibilità pubblica e protagonismo in ogni città.
Non Una Di Meno – Roma