da il manifesto 2013.05.24
Il perno occidentale. Negli anni Settanta, è il più importante deposito
di bombe nucleari dell’intero Sud Europa. I bunker interrati di Aviano
ospitano più di 50 testate atomiche modello B-61. Una vera «polveriera»
Il New Deal atomico in un angolo di
Friuli, appena «conquistato» da Debora Serracchiani. La vera portaerei
della Nato in Europa, ma ben lontano dai riflettori concentrati altrove.
Il campo base delle missioni di guerra, fin dai tempi del Golfo: oggi
sempre più ad ampio raggio, sul fronte giusto. Un mega-appalto senza
scadenza: il solito business dello «sviluppo economico» in formato
militare. Aviano, meno di 10 mila anime, è un pezzo d’America incistato
nella valle del Tagliamento, con la base Usaf che vola al di sopra delle
leggi italiane e anche dei trattati internazionali.
Qui magari si vive ancora bene. Belli sicuri, circondati da mimetiche e
piloti. Con i dollari che rianimano l’economia in crisi. E una
«fabbrica» che custodisce bombe, annichilisce nemici e minaccia di
durare all’infinito. Si nota per forza, ma quasi non si vede in mezzo
alla campagna lungo via Pionieri dell’aria, la strada provinciale che
collega Roveredo in Piano con Aviano. Poi di colpo inizia la recinzione
con i cartelli gialli che impongono i divieti della zona militare fino
al cancello d’ingresso di fronte al distributore Agip. Fanno
impressione, da fuori, le due piste lunghe 2.987 metri affiancate da
palazzine alloggi, hangar, torre di controllo e i servizi riservati a
chi vive nella base Usa. Qualche chilometro oltre si gioca
tranquillamente a golf nelle 18 buche del Club Castel d’Aviano, nel
parco di villa Policreti. All’ombra del profilo delle prealpi carniche,
si distingue la frazione di Piancavallo abbinata allo sci e al rally. Ma
non c’è modo di occultare la vera natura della provincia friulana.
Anzi, mai come nelle ultime settimane è chiaro il destino di Aviano,
United States. Il neoministro Mario Mauro non farà fatica a declinare la
sussidiarietà di fronte al presidente Obama: perfino lui, giovane
obiettore di coscienza ciellino, è già sull’attenti. Aviano, la «zona
rossa» per mille paracadutisti americani. Un luogo extraterritoriale
appeso allo sforzo bellico, in attesa di nuclearizzare anche gli F35.
Aviano regala pillole della «guerra permanente» nel fazzoletto di Nord
Est appaltatato in conto terzi. Bollettino minimo, eppure ufficialmente
sintomatico degli affari atomici e… convenzionali. Cronaca spicciola,
dal fronte mimetico dell’unico vero «corridoio 5» dell’Europa.
Bombe
Il 19 marzo 2013, alle 13.10, nella base di Aviano scatta l’allarme
rosso. I militari americani imbracciano i fucili mentre i cento civili
italiani evacuano in tutta fretta nell’area di sicurezza. Nessuna
esercitazione in corso. Anzi. Teste di cuoio armate fino ai denti e
artificieri di corsa verso il «reparto tecnico» già mezzo assediato. Al
gate d’ingresso i mitra sono puntati sul parabrezza dell’automobile di
uno sconosciuto, che ha appena dichiarato di avere… una bomba. Falso
allarme, minaccia mitomane durata il tempo di appurare che gli unici
ordigni nella base sono le atomiche nei bunker.
Seppellite sottoterra, invisibili ai non addetti, sono tutt’altro che un
retaggio del passato: la lista-obiettivi dell’Unione Sovietica è stata
sussunta in toto dalla Federazione russa. La Guerra fredda, ad Aviano,
continua con i soliti mezzi.
Qui non c’è niente di mistero e segreto. Gli ordigni nucleari B-61 sono
indispensabili alla «deterrenza mediterranea» made in Usa. Tutto
documentato da almeno tre anni, tant’è che l’ultimo special report
(numero 3, maggio 2012) di Federation of American Scientists
Non-Strategic intitolato Non Strategic Nuclear Weapons e firmato da Hans
M. Kritstensen contabilizza il «contributo» dell’Italia. Un lavoro
certosino aveva già restituito nel 2010 lo smantellamento di parte delle
480 bombe nucleari americane presenti dieci anni prima nel vecchio
continente. Ordigni parzialmente rimossi o dismessi nelle basi di Araxos
(Grecia), Ramstein (Germania) e Lakenheat (Regno Unito), mentre
risultano presenti ad Aviano e Ghedi un centinaio di B-61. Come
anticipato dal manifesto lo scorso agosto, saranno sostituite con il
modello «digitale» B-61-12 per conferire capacità nucleari «tattiche»
agli F35. Un’opzione già accesa, attualmente al vaglio (anche) dei
generali dell’Aeronautica italiana, visto che una parte dell’arsenale
atomico resta a disposizione degli alleati Nato, pronti ad aggiornare i
vecchi Tornado.
Revamping
Le carte dell’Us Air Force – pubbliche dal 2009 – svelano i «numeri»
della base di Aviano. A partire dalla maxi-ristrutturazione per rendere
ancora più operativo lo scalo militare. Il progetto restituisce il peso
strategico dell’avamposto friulano insieme al valore dell’investimento
americano. Conti alla mano, il revamping si porta via un terzo
dell’intero budget dell’aeronautica Usa per l’Europa.
Le cifre della «logistica» della Squadra di supporto aereo (come si può
leggere nel sito eddyburg.it grazie al lavoro di Antonio Mazzeo) fanno
impressione: una trentina di milioni di dollari per la nuova facility
più altri 20 milioni per gli alloggi truppa. Restano a parte le
previsioni di spesa del capitolo anti-terrorismo, sempre all’ordine del
giorno, mentre spuntano le tracce della gigantesca «alert-area» per
mille paracadutisti, che disegna il futuro profilo delle missioni Nato.
Il risultato è una cittadella militare in perenne espansione già abitata
da 4 mila residenti (civili americani compresi). Ma i documenti
sintetizzano l’indotto della base statunitense: 427 milioni di dollari,
di cui 60 ad alimentare gli oltre 1.700 posti di lavoro generati nella
zona.
Una cascata di denaro, incanalata sempre «funzionalmente»: i contratti
immobiliari dell’amministrazione Usa sono stati distribuiti a un pugno
di società nemmeno tutte di provenienza locale. Quantificabili, con
esattezza, anche gli interventi pubblici (italiani) a favore della
«nuova» base americana: 3 milioni di euro, nel conto per difetto.
Ad Aviano nessuno fa caso agli aerei. Dai tempi di Giolitti decollano e
atterrano con ciclo quasi «naturale». La pista è un rumore di fondo, fin
dal 1911. Era la scuola di volo dei pionieri dell’aviazione, poi il
campo base di tutte le guerre del ’900: dagli Asburgo all’Italia nei due
conflitti mondiali, fino alla guerra fredda.
Il perno occidentale
Negli anni Settanta, è il più importante deposito di bombe nucleari
dell’intero Sud Europa. I bunker interrati di Aviano ospitano più di 50
testate atomiche modello B-61. Una vera «polveriera», di pronto impiego.
Per questo Aviano ancora oggi spicca nella lista-obiettivi dello Stato
maggiore russo, mai aggiornata dall’epoca dell’Urss. Del resto, la base è
ormai il perno delle guerre occidentali anche in Medio Oriente. Sede
ufficiale del 31 Fighter Group dell’Usaf, da un lustro l’aeroporto di
Aviano è al centro delle mappe dei militari americane. Tre anni fa
l’esercitazione nucleare Steadfast Noon sopra al poligono di Maniago
(Pordenone) aveva provato lo stato dell’arte sul disarmo atomico, alla
faccia della distensione, dei trattati e delle promesse del Nobel per la
pace Obama alla Conferenza di Praga datata 2009.
Sebastiano Canetta ed Ernesto Milanesi - il manifesto