mercoledì 26 giugno 2013

Aviano, la prima linea atomica

da il manifesto 2013.05.24

Il perno occidentale. Negli anni Settanta, è il più importante deposito di bombe nucleari dell’intero Sud Europa. I bunker interrati di Aviano ospitano più di 50 testate atomiche modello B-61. Una vera «polveriera»

Il New Deal atomico in un angolo di Friuli, appena «conquistato» da Debora Serracchiani. La vera portaerei della Nato in Europa, ma ben lontano dai riflettori concentrati altrove. Il campo base delle missioni di guerra, fin dai tempi del Golfo: oggi sempre più ad ampio raggio, sul fronte giusto. Un mega-appalto senza scadenza: il solito business dello «sviluppo economico» in formato militare. Aviano, meno di 10 mila anime, è un pezzo d’America incistato nella valle del Tagliamento, con la base Usaf che vola al di sopra delle leggi italiane e anche dei trattati internazionali.
Qui magari si vive ancora bene. Belli sicuri, circondati da mimetiche e piloti. Con i dollari che rianimano l’economia in crisi. E una «fabbrica» che custodisce bombe, annichilisce nemici e minaccia di durare all’infinito. Si nota per forza, ma quasi non si vede in mezzo alla campagna lungo via Pionieri dell’aria, la strada provinciale che collega Roveredo in Piano con Aviano. Poi di colpo inizia la recinzione con i cartelli gialli che impongono i divieti della zona militare fino al cancello d’ingresso di fronte al distributore Agip. Fanno impressione, da fuori, le due piste lunghe 2.987 metri affiancate da palazzine alloggi, hangar, torre di controllo e i servizi riservati a chi vive nella base Usa. Qualche chilometro oltre si gioca tranquillamente a golf nelle 18 buche del Club Castel d’Aviano, nel parco di villa Policreti. All’ombra del profilo delle prealpi carniche, si distingue la frazione di Piancavallo abbinata allo sci e al rally. Ma non c’è modo di occultare la vera natura della provincia friulana. Anzi, mai come nelle ultime settimane è chiaro il destino di Aviano, United States. Il neoministro Mario Mauro non farà fatica a declinare la sussidiarietà di fronte al presidente Obama: perfino lui, giovane obiettore di coscienza ciellino, è già sull’attenti. Aviano, la «zona rossa» per mille paracadutisti americani. Un luogo extraterritoriale appeso allo sforzo bellico, in attesa di nuclearizzare anche gli F35. Aviano regala pillole della «guerra permanente» nel fazzoletto di Nord Est appaltatato in conto terzi. Bollettino minimo, eppure ufficialmente sintomatico degli affari atomici e… convenzionali. Cronaca spicciola, dal fronte mimetico dell’unico vero «corridoio 5» dell’Europa.
Bombe
Il 19 marzo 2013, alle 13.10, nella base di Aviano scatta l’allarme rosso. I militari americani imbracciano i fucili mentre i cento civili italiani evacuano in tutta fretta nell’area di sicurezza. Nessuna esercitazione in corso. Anzi. Teste di cuoio armate fino ai denti e artificieri di corsa verso il «reparto tecnico» già mezzo assediato. Al gate d’ingresso i mitra sono puntati sul parabrezza dell’automobile di uno sconosciuto, che ha appena dichiarato di avere… una bomba. Falso allarme, minaccia mitomane durata il tempo di appurare che gli unici ordigni nella base sono le atomiche nei bunker.
Seppellite sottoterra, invisibili ai non addetti, sono tutt’altro che un retaggio del passato: la lista-obiettivi dell’Unione Sovietica è stata sussunta in toto dalla Federazione russa. La Guerra fredda, ad Aviano, continua con i soliti mezzi.
Qui non c’è niente di mistero e segreto. Gli ordigni nucleari B-61 sono indispensabili alla «deterrenza mediterranea» made in Usa. Tutto documentato da almeno tre anni, tant’è che l’ultimo special report (numero 3, maggio 2012) di Federation of American Scientists Non-Strategic intitolato Non Strategic Nuclear Weapons e firmato da Hans M. Kritstensen contabilizza il «contributo» dell’Italia. Un lavoro certosino aveva già restituito nel 2010 lo smantellamento di parte delle 480 bombe nucleari americane presenti dieci anni prima nel vecchio continente. Ordigni parzialmente rimossi o dismessi nelle basi di Araxos (Grecia), Ramstein (Germania) e Lakenheat (Regno Unito), mentre risultano presenti ad Aviano e Ghedi un centinaio di B-61. Come anticipato dal manifesto lo scorso agosto, saranno sostituite con il modello «digitale» B-61-12 per conferire capacità nucleari «tattiche» agli F35. Un’opzione già accesa, attualmente al vaglio (anche) dei generali dell’Aeronautica italiana, visto che una parte dell’arsenale atomico resta a disposizione degli alleati Nato, pronti ad aggiornare i vecchi Tornado.
Revamping
Le carte dell’Us Air Force – pubbliche dal 2009 – svelano i «numeri» della base di Aviano. A partire dalla maxi-ristrutturazione per rendere ancora più operativo lo scalo militare. Il progetto restituisce il peso strategico dell’avamposto friulano insieme al valore dell’investimento americano. Conti alla mano, il revamping si porta via un terzo dell’intero budget dell’aeronautica Usa per l’Europa.
Le cifre della «logistica» della Squadra di supporto aereo (come si può leggere nel sito eddyburg.it grazie al lavoro di Antonio Mazzeo) fanno impressione: una trentina di milioni di dollari per la nuova facility più altri 20 milioni per gli alloggi truppa. Restano a parte le previsioni di spesa del capitolo anti-terrorismo, sempre all’ordine del giorno, mentre spuntano le tracce della gigantesca «alert-area» per mille paracadutisti, che disegna il futuro profilo delle missioni Nato.
Il risultato è una cittadella militare in perenne espansione già abitata da 4 mila residenti (civili americani compresi). Ma i documenti sintetizzano l’indotto della base statunitense: 427 milioni di dollari, di cui 60 ad alimentare gli oltre 1.700 posti di lavoro generati nella zona.
Una cascata di denaro, incanalata sempre «funzionalmente»: i contratti immobiliari dell’amministrazione Usa sono stati distribuiti a un pugno di società nemmeno tutte di provenienza locale. Quantificabili, con esattezza, anche gli interventi pubblici (italiani) a favore della «nuova» base americana: 3 milioni di euro, nel conto per difetto.
Ad Aviano nessuno fa caso agli aerei. Dai tempi di Giolitti decollano e atterrano con ciclo quasi «naturale». La pista è un rumore di fondo, fin dal 1911. Era la scuola di volo dei pionieri dell’aviazione, poi il campo base di tutte le guerre del ’900: dagli Asburgo all’Italia nei due conflitti mondiali, fino alla guerra fredda.
Il perno occidentale
Negli anni Settanta, è il più importante deposito di bombe nucleari dell’intero Sud Europa. I bunker interrati di Aviano ospitano più di 50 testate atomiche modello B-61. Una vera «polveriera», di pronto impiego. Per questo Aviano ancora oggi spicca nella lista-obiettivi dello Stato maggiore russo, mai aggiornata dall’epoca dell’Urss. Del resto, la base è ormai il perno delle guerre occidentali anche in Medio Oriente. Sede ufficiale del 31 Fighter Group dell’Usaf, da un lustro l’aeroporto di Aviano è al centro delle mappe dei militari americane. Tre anni fa l’esercitazione nucleare Steadfast Noon sopra al poligono di Maniago (Pordenone) aveva provato lo stato dell’arte sul disarmo atomico, alla faccia della distensione, dei trattati e delle promesse del Nobel per la pace Obama alla Conferenza di Praga datata 2009.

Sebastiano Canetta ed Ernesto Milanesi - il manifesto