18 DIC 2019 —
Manlio Dinucci
Nella Dichiarazione di Londra (3 dicembre) i 29 paesi della Nato hanno riaffermato «l’impegno per la sicurezza e stabilità a lungo termine dell’Afghanistan».
Una settimana dopo, in base alla «Legge sulla libertà di informazione» (usata per svuotare dopo anni alcuni armadi dagli scheletri a seconda della convenienza politica), il Washington Post ha desecretato 2.000 pagine di documenti i quali «rivelano che funzionari Usa hanno ingannato il pubblico sulla guerra in Afghanistan». In sostanza hanno nascosto i disastrosi effetti, anche economici, di una guerra in corso da 18 anni. I dati più interessanti che emergono sono quelli dei costi economici.
Per le operazioni belliche sono stati spesi 1.500 miliardi di dollari, cifra che «rimane opaca», in altre parole sottostimata: nessuno sa quanto abbiano speso nella guerra i servizi segreti o quanto costino in realtà i contractors, i mercenari reclutati per la guerra (attualmente circa 6 mila).
Poiché «la guerra è stata finanziata con denaro preso a prestito», sono maturati interessi per 500 miliardi che portano la spesa a 2.000 miliardi di dollari.
Si aggiungono ad essa altre voci: 87 miliardi per addestrare le forze afghane, 54 miliardi per la «ricostruzione», gran parte dei quali sono andati «perduti per corruzione e progetti falliti».
Per lo meno altri 10 miliardi sono stati spesi per la «lotta al narcotraffico», col bel risultato che la produzione di oppio è fortemente aumentata: oggi l’Afghanistan fornisce l’80% dell’eroina al narcotraffico mondiale.
Con gli interessi che continuano ad accumularsi (nel 2023 saliranno a 600 miliardi) e il costo delle operazioni in corso, la spesa supera ampiamente i 2.000 miliardi.
Vi è inoltre da considerare il costo dell’assistenza medica ai veterani usciti dalla guerra con gravi ferite o invalidità. Finora, per quelli che hanno combattuto in Afghanistan e Iraq, sono stati spesi 350 miliardi, che nei prossimi 40 anni saliranno a 1.400 miliardi di dollari.
Poiché oltre la metà viene spesa per i veterani dell’Afghanistan, il costo della guerra sale per gli Usa a circa 3.000 miliardi di dollari.
Dopo 18 anni di guerra e un numero inquantificabile di vittime tra i civili, il risultato sul piano militare è che «i taleban controllano gran parte del paese e l’Afghanistan rimane una delle maggiori aree di provenienza di rifugiati e migranti».
Il Washington Post conclude quindi che dai documenti desecretati emerge «la cruda realtà di passi falsi e fallimenti nello sforzo americano di pacificare e ricostruire l’Afghanistan».
In tal modo il prestigioso giornale, che dimostra come funzionari Usa abbiano «ingannato il pubblico», inganna a sua volta il pubblico presentando la guerra quale «sforzo americano di pacificare e ricostruire l’Afghanistan».
Il vero scopo della guerra condotta dagli Usa in Afghanistan, alla quale partecipa dal 2003 la Nato in quanto tale, è il controllo di quest’area di primaria importanza strategica al crocevia tra Medio Oriente, Asia centrale, meridionale e orientale, soprattutto nei confronti di Russia e Cina.
A questa guerra partecipa sotto comando Usa l’Italia da quando il Parlamento ha autorizzato nell’ottobre 2002 l’invio di un primo contingente militare a partire dal marzo 2003. La spesa italiana, sottratta alle casse pubbliche come quella statunitense, viene stimata in circa 8 miliardi di euro, cui si aggiungono diversi costi indiretti.
Per convincere i cittadini, colpiti dai tagli alle spese sociali, che occorrono altri fondi per l’Afghanistan, si racconta che essi servono a portare migliori condizioni di vita al popolo afghano.
E i Frati del Sacro Convento di Assisi hanno donato al presidente Mattarella la «Lampada della pace di San Francesco», riconoscendo in tal modo che «l’Italia, con le missioni dei suoi militari, collabora attivamente per promuovere la pace in ogni parte del mondo».
(il manifesto, 17 dicembre 2019)