venerdì 31 gennaio 2020

L’esercito acquista 800 MISSILI da Israele per armare blindati e carri armati

dalla paginhttps://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2020/01/lesercito-acquista-800-missili-da.html


L’Esercito italiano fa incetta di missili in Israele. Nell’ambito del programma di ammodernamento ed approvvigionamento di nuovi sistemi d’arma “tecnologicamente avanzati”, lo Stato maggiore dell’Esercito ha comunicato che acquisterà 126 lanciatori controcarro e 800 missili “Spike” prodotti dalla Rafael Advanced Defense Systems Ltd, società leader del complesso militare-industriale israeliano.
“L’Esercito Italiano compie un importante balzo in avanti capacitivo e tecnologico grazie alla stipula nei giorni scorsi di diversi contratti presso la sede del Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti”, riferisce l’Ufficio stampa dello Stato maggiore. “Nel quadro di un miglioramento tecnologico dello strumento terrestre l’Esercito ha approvvigionato 126 lanciatori controcarro Spike e 800 missili per medie e lunghe gittate di nuova generazione che entreranno in servizio a partire dal 2021”. Impiegabili sia da terra sia da bordo dei veicoli, i sistemi di guerra made in Israele “consentono l’ingaggio di mezzi dotati di corazzature reattive, ovvero di sistemi attivi antimissile”. Il sistema “Spike” è impiegabile in tutto lo spettro delle operazioni militari, in qualunque condizione metereologica, nonché in ambiente contaminato NBC (nucleare, batteriologico e chimico) o in presenza di disturbi elettromagnetici. Il costo totale del programma è stimato in 105 milioni di euro; con gli “Spike” andranno in pensione i sistemi controcarro a gittata media “Milan” e quelli a lunga gittata “TOW”.
L’Esercito italiano starebbe valutando di acquisire anche il missile aria-superficie controcarro “Spike” in configurazione II LR di “quinta generazione” per armare il nuovo elicottero d’attacco AH-249 prodotto dalla holding Leonardo (ex Finmeccanica). Lo “Spike” II LR è stato da poco sperimentato dall’israeliana Rafael: avrebbe una gittata teorica di 10.000 metri (ma potrebbe raggiungere i 16.000 metri di distanza nel caso venisse lanciato da un elicottero) e una capacità di perforazione maggiore del 30% rispetto alle versioni precedenti del missile. Lo Spike II LR dovrebbe essere acquistato anche dalle forze armate di Germania, Polonia e Spagna.
“L’entrata in servizio di carri da battaglia con protezioni passive sempre più efficaci ha portato allo sviluppo, e quindi all’acquisizione e all’impiego, di sistemi controcarro per la fanteria con profilo d’attacco dall’alto come lo Spike, in modo tale da colpire la parte superiore del mezzo dove la corazzatura è più sottile”, riporta il sito specializzato Difesaonline. “I due vantaggi principali di un profilo d’attacco dall’alto – vale a dire massimizzare la letalità e riduzione dell’esposizione dell’operatore al fuoco nemico – vengono in apparenza considerati molto più importanti rispetto alle considerazioni relative ai costi e alla complessità. È altresì evidente che le caratteristiche di letalità delle moderne testate belliche associate ad un profilo di attacco dall’alto permettono allo Spike di superare anche le corazzature più sofisticate”.
L’Esercito italiano arma i propri mezzi da guerra con missili del tipo Spike sin dal 2009, quando acquisì dalla Rafael 53 sistemi di lancio (di cui 21 veicolari per i blindati multiruolo Iveco Lince e 32 da fanteria) e 165 Spike MR per un valore complessivo di 53,6 milioni di euro. Nel 2014 è stata completata invece la consegna ai reparti di terra di 20 lanciatori e 870 missili Spike LR per armare i carri armato Dardo di OTO Melara, mentre nel 2017 sono stati acquisiti due lanciatori Spike MR/LR e relativo munizionamento da destinare ai nuovi blindati VBM Freccia 8x8. Dal 2014 anche il 1° Reggimento “San Marco” si è dotato di sei sistemi di lancio e 120 Spike LR (missili testati la prima volta dal reparto d’elite della Marina militare nel poligono sardo di Capo Teulada).
La famiglia del missile anticarro Spike comprende attualmente sei versioni: Spike-SR (a corto raggio); Spike-MR (a medio raggio); Spike-LR (a lungo raggio); Skpike-ER (Extended Range); Spike NLOS (Non Line Of Sight) e Spike-SR PBF (Penetrazione, Esplosione e Frammentazione). I missili possono essere impiegati a seconda della versione tramite lanciatori portatili per squadre anticarro appiedate, su mezzi blindati o cingolati, su elicotteri e velivoli aerei senza pilota. Rafael Advanced Defense Systems Ltd ha già venduto più di 30.000 missili Spike ad una trentina di paesi, principalmente in Europa orientale e Sud America. Dal 1997 l’azienda israeliana ha costituito una joint venture con le aziende tedesche Diehl BGT Defence e Rheinmetall (Eurospike GmbH) per la produzione di questi sistemi missilistici in Germania.

giovedì 30 gennaio 2020

Mahatma Gandhi


Mohandas Karamchand Gandhi
Porbandar, 2 ottobre 1869
Nuova Delhi, 30 gennaio 1948


La politica 100 secondi a Mezzanotte

dalla pagina https://ilmanifesto.it/la-politica-100-secondi-a-mezzanotte/




La lancetta dell’«Orologio dell’apocalisse» – il segnatempo simbolico che sul Bollettino degli Scienziati atomici statunitensi indica a quanti minuti siamo dalla mezzanotte della guerra nucleare – è stata spostata in questi giorni in avanti a 100 secondi a mezzanotte.
È il livello più alto di allarme da quando l’«Orologio» fu creato nel 1947 (come termine di paragone, il massimo livello durante la guerra fredda fu di 2 minuti a mezzanotte). La notizia è però passata in Italia quasi inosservata o segnalata come una sorta di curiosità, quasi fosse un videogioco.
Si ignora il fatto che l’allarme è stato lanciato da un comitato scientifico di cui fanno parte 13 Premi Nobel. Essi avvertono: «Siamo di fronte a una vera e propria emergenza, uno stato della situazione mondiale assolutamente inaccettabile che non permette alcun margine di errore né ulteriore ritardo».
La crisi mondiale, aggravata dal cambiamento climatico, rende «realmente possibile una guerra nucleare, iniziata in base a un piano oppure per errore o semplice fraintendimento, che metterebbe fine alla civiltà». La possibilità di guerra nucleare – sottolineano – è stata accresciuta dal fatto che, l’anno scorso, sono stati cancellati o minati diversi importanti trattati e negoziati, creando un ambiente favorevole a una rinnovata corsa agli armamenti nucleari, alla loro proliferazione e all’abbassamento della soglia nucleare. La situazione – aggiungono gli scienziati – è aggravata dalla «cyber-disinformazione», ossia dalla continua alterazione della sfera dell’informazione, da cui dipendono la democrazia e il processo decisionale, condotta attraverso campagne di disinformazione per seminare sfiducia tra le nazioni e minare gli sforzi interni e internazionali per favorire la pace e proteggere il pianeta. Che cosa fa la politica italiana in tale situazione estremamente critica? La risposta è semplice: tace. Domina il silenzio imposto dal vasto arco politico bipartisan responsabile del fatto che l’Italia, paese non-nucleare, ospiti e sia preparata a usare armi nucleari, violando il Trattato di non-proliferazione che ha ratificato.
Responsabilità resa ancora più grave dal fatto che l’Italia si rifiuta di aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari votato a grande maggioranza dall’Assemblea dell’Onu. All’Articolo 4 il Trattato stabilisce: «Ciascuno Stato parte che abbia sul proprio territorio armi nucleari, possedute o controllate da un altro Stato, deve assicurare la rapida rimozione di tali armi». Per aderire al Trattato Onu, l’Italia dovrebbe quindi richiedere agli Stati uniti di rimuovere dal suo territorio le bombe nucleari B-61 (che già violano il Trattato di non-proliferazione) e di non installarvi le nuove B61-12 né altre armi nucleari. Inoltre, poiché l’Italia fa parte dei paesi che (come dichiara la stessa Nato) «forniscono all’Alleanza aerei equipaggiati per trasportare bombe nucleari, su cui gli Stati uniti mantengono l’assoluto controllo, e personale addestrato a tale scopo», per aderire al Trattato Onu l’Italia dovrebbe chiedere di essere esentata da tale funzione.
Lo stesso avviene con il Trattato sulle forze nucleari intermedie affossato da Washington. Sia in sede Nato, Ue e Onu, l’Italia si è accodata alla decisione statunitense, dando in sostanza luce verde alla installazione di nuovi missili nucleari Usa sul proprio territorio.
Ciò conferma che l’Italia non ha – per responsabilità del vasto arco politico bipartisan – una politica estera sovrana, rispondente ai principi della propria Costituzione e ai reali interessi nazionali.
Al timone che determina gli orientamenti fondamentali della nostra politica estera c’è la mano di Washington, o direttamente o tramite la Nato. L’Italia, che nella propria Costituzione ripudia la guerra, fa così parte dell’ingranaggio che ci ha portato a 100 secondi dalla mezzanotte della guerra nucleare.

martedì 28 gennaio 2020

Arsenale nucleare


"L’Italia deve smettere di violare il Trattato di non-proliferazione e, attenendosi a quanto esso stabilisce, deve chiedere agli USA di rimuovere immediatamente qualsiasi arma nucleare dal territorio italiano e rinunciare a installarvi le nuove bombe B61-12 e altre armi nucleari [50 dalla Turchia?]. Liberare il nostro territorio nazionale dalle armi nucleari, che non servono alla nostra sicurezza ma ci espongono a rischi crescenti, è il modo concreto attraverso cui possiamo contribuire a disinnescare l’escalation nucleare e a realizzare la completa eliminazione delle armi nucleari che minacciano la sopravvivenza dell’umanità".

The World's Nuclear Weapons
click sull'immagine per ingrandire



mercoledì 22 gennaio 2020

Presenza a Longare

Domenica 26 gennaio dalle ore 10
[come ogni domenica]
presenza a Longare
davanti alla base USA Site Pluto


Chi fa "presenza a Longare" chiede che: 
  • il Governo italiano rispetti la Costituzione e in particolare l'art. 11 
  • il Governo italiano chieda agli USA di rimuovere tutti gli ordigni nucleari su territorio italiano (Aviano e Ghedi) 
  • il Governo italiano rinunci all'acquisto di altri F35, di droni e riduca le spese militari
  • le basi militari USA su territorio italiano vengano riconvertite ad uso civile 
  • l'Italia esca dalla NATO o che, in alternativa, tutti i Paesi che lo desiderano entrino nella NATO, ma non a guida USA 
  • la sede ONU venga spostata da New York e situata in un altro Paese 
  • metodi nonviolenti e diplomazia vengano utilizzati per dirimere questioni internazionali
  • una commissione indipendente faccia chiarezza sui fatti dell'11 settembre 2001, a partire dal crollo dell'Edificio 7 (WTC-7) e di parte di una facciata esterna del Pentagono.

Chi fa "presenza a Longare" è contro ogni guerra. 

martedì 21 gennaio 2020

25 gennaio 2020: No War On Iran; No Wars

dalla pagina https://www.welfarenetwork.it/l-iniziativa-il-25-gennaio-una-giornata-per-la-pace-in-iran-indetta-dal-movimento-pacifista-usa-20200115/


L'iniziativa Il 25 gennaio una giornata per la pace in Iran indetta dal movimento pacifista USA

La mobilitazione del movimento pacifista con sit-in, fiaccolate, banchetti, flash mob nelle città, scuole, luoghi di lavoro. "Contro la guerra di Trump, per ribadire il no ad ogni conflitto. A fianco dei popoli in lotta per i propri diritti"



Sat. Jan. 25 – Global Day of Protest – No War On Iran!



Promotori dell'iniziativa: ANSWER Coalition, CODEPINK, Popular Resistance, Black Alliance for Peace, National Iranian-American Council (NIAC), Veterans For Peace, US Labor Against the War (USLAW), Women's International League for Peace and Freedom (WILPF), United National Anti-War Committee, Pastors for Peace/Interreligious Foundation for Community Organization, International Action Center, United For Peace and Justice, Alliance For Global Justice (AFGJ), December 12th Movement, World Beyond War, Dorothy Day Catholic Worker, Dominican Sisters/ICAN, Nonviolence International, Food Not Bombs ...




Pisa 25 gennaio 2020

No alla guerra in Iran

presidio di fronte alla base di Camp Darby




domenica 19 gennaio 2020

Lo sbarco in Sicilia di Stoltenberg con i nuovi droni

dalla pagina https://ilmanifesto.it/lo-sbarco-in-sicilia-di-stoltenberg-con-i-nuovi-droni/

Nato, guerre senza pilota. Il segretario generale dell'Alleanza atlantica oggi alla base di Sigonella per la cerimonia d’inaugurazione dell’Alliance Ground Surveillance System

Il nuovo drone d'intelligence della Nato



Visita ufficiale in Italia del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Stoltenberg è giunto ieri sera a Sigonella e stamani parteciperà alla cerimonia ufficiale di consegna dei nuovi droni d’intelligence Ags dell’Alleanza atlantica. La stazione aeronavale siciliana è stata prescelta infatti quale sede del centro di comando e controllo del nuovo sistema di «sorveglianza terrestre» della Nato e «principale base operativa» dei cinque grandi velivoli senza pilota RQ-4D «Phoenix», due dei quali sono già giunti a Sigonella tra novembre e dicembre 2019.
Alla cerimonia d’inaugurazione dell’Alliance Ground Surveillance System, oltre al segretario Stoltenberg parteciperà il presidente del Comitato militare della Nato Stuart Peach e il comandante supremo delle Forze alleate in Europa, il generale dell’US Air Force Tod Wolters.
«Con il trasferimento dei primi due droni AGS si compie un’altra importante tappa nella realizzazione del programma per dotare tutti gli alleati Nato di un sistema d’avanguardia d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento», ha dichiarato il generale di US Air Force Phillip Stewart, comandante della Forza Ags della Nato di stanza a Sigonella. «Quando il progetto sarà completato, l’Italia ospiterà 600 addetti circa dell’Alleanza, incluso un Centro di addestramento e utilizzo dati che sarà in grado di formare sino a 80 studenti l’anno», ha rivelato il periodico Stars and Stripes delle Forze armate Usa.
Dotati della piattaforma radar MP-RTIP con sofisticati sensori termici per il monitoraggio e il tracciamento di oggetti fissi e in movimento, i droni Ags potranno volare sino a 18.000 metri di altezza e a una velocità di 575 km/h. I dati rilevati saranno prima analizzati a Sigonella e successivamente trasmessi grazie a una rete criptata al Comando JISR, Joint Intelligence, Surveillance and Reconnaisance della Nato, con sedi a Bruxelles, Mons e The Hague. Oltre 16.000 km il raggio d’azione dei nuovi velivoli senza pilota, così da consentirne l’operatività in un’area geografica che comprenderà l’intero continente africano e il Medioriente, l’Europa orientale sino al cuore della Russia. Grazie alle informazioni raccolte e decodificate dall’Ags, la Nato potrà ampliare lo spettro delle proprie attività nei campi di battaglia, potenziando la capacità d’individuazione degli obiettivi da colpire con gli strike aerei e missilistici.
I velivoli Nato opereranno a Sigonella congiuntamente ai velivoli-spia Global Hawk di US Air Force e Broad Area Maritime Surveillance di US Navy e ai famigerati droni killer “Reaper” che mietono vittime tra i civili nei maggiori scacchieri di guerra internazionali, consolidando così il ruolo della Sicilia di capitale mondiale dei velivoli senza pilota da guerra.
Nello scalo siciliano dal 2018 è stato attivato inoltre l’UAS SATCOM Relay Pads and Facility per le telecomunicazioni via satellite con tutti i droni che le agenzie di spionaggio Usa e il Pentagono schierano in ogni angolo della Terra. La facility di Sigonella consente la trasmissione dei dati necessari ai piani di volo e di attacco dei nuovi sistemi di guerra, operando come “stazione gemella” del sito tedesco di Ramstein e del grande scalo aereo di Creech (Nevada).
Gli altri tre droni AGS giungeranno in Sicilia direttamente dagli Stati Uniti d’America entro il prossimo giugno. Perché l’intero sistema di «sorveglianza terrestre» sia realmente completato bisognerà però attendere il 2022, cinque anni dopo cioè, di quanto era stato previsto dal contratto tra il comando Nato e l’industria costruttrice, Northrop Grumman, valore 1,5 miliardi di dollari, il più costoso di tutta la storia dell’Alleanza Atlantica.

giovedì 16 gennaio 2020

Tensioni Medio Oriente, sit-in Cgil Cisl e Uil in Piazza Signori: “rischio guerra innescato da Trump”

dalla pagina https://www.vicenzapiu.com/leggi/tensioni-in-medio-oriente-sit-in-cgil-cisl-e-uil-in-piazza-dei-signori-rischio-guerra-innescato-da-trump/

Trump e guerra
CGIL CISL UIL di Vicenza hanno sottoscritto un documento unitario sulla recente escalation di tensioni in Medio Oriente innescata dal raid militare, voluto da Trump, che ha prodotto la morte del generale Qassem Soleimani e della sua scorta.
Nell’esprimere la propria contrarietà al raid, e la preoccupazione rispetto alle sue conseguenze, con il rischio concreto di una reazione a catena che porti alla guerra, CGIL CISL UIL invitano le proprie strutture sindacali, le delegate ed i delegati, le associazioni, i movimenti, le forze politiche e la cittadinanza, a dare voce a queste preoccupazioni partecipando ad un presidio pubblico organizzato per venerdì 17 gennaio 2020 alle ore 18.00 a Vicenza in Piazza dei Signori davanti alla Loggia del Capitaniato.

mercoledì 15 gennaio 2020

CHIAMATA ALLE ARMI, LA NATO MOBILITATA SU DUE FRONTI

dalla pagina https://www.change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/25597258


14 GEN 2020 — 
Lo spiegamento di forze Usa in Europa, in aprile-maggio, per la Defender Europe 20
Manlio Dinucci
NATOME: così il presidente Trump, che si vanta del proprio talento nel creare acronimi, ha già battezzato lo spiegamento  della Nato in Medio Oriente, da lui richiesto per telefono al segretario generale dell’Alleanza Stoltenberg. 
Questi ha immediatamente acconsentito che la Nato debba avere «un accresciuto ruolo in Medio Oriente, in particolare nelle missioni di addestramento». Ha quindi partecipato alla riunione dei ministri degli esteri della Ue, sottolineando che l’Unione europea deve restare a fianco degli Stati uniti e della Nato poiché, «anche se abbiamo fatto enormi progressi, Daesh può ritornare». 
Gli Stati uniti cercano in tal modo di coinvolgere gli alleati europei nella caotica situazione provocata dall’assassinio, autorizzato dallo stesso Trump, del generale iraniano Soleimani appena sbarcato all’aeroporto di Baghdad. 
Dopo che il parlamento iracheno ha deliberato l’espulsione degli oltre 5.000 soldati Usa, presenti nel paese insieme a migliaia di contractor del Pentagono, il primo ministro Abdul-Mahdi ha chiesto al Dipartimento di Stato di inviare una delegazione per stabilire la procedura del ritiro. Gli Usa – ha risposto il Dipartimento – invieranno una delegazione «non per discutere il ritiro di truppe, ma l’adeguato dispositivo di forze in Medio Oriente», aggiungendo che a Washington si sta concordando «il rafforzamento del ruolo della Nato in Iraq in linea con il desiderio del Presidente che gli Alleati condividano l’onere in tutti gli sforzi per la nostra difesa collettiva». 
Il piano è chiaro: sostituire, totalmente o in parte, le truppe Usa in Iraq con quelle degli alleati europei, che verrebbero a trovarsi nelle situazioni più rischiose, come dimostra il fatto che la stessa Nato, dopo l’assassinio di Soleimani, ha sospeso le missioni di addestramento in Iraq. 
Oltre che sul fronte meridionale, la Nato viene mobilitata su quello orientale. Per «difendere l’Europa dalla minaccia russa», si sta preparando l’esercitazione Defender Europe 20, che vedrà in aprile e maggio il più grande spiegamento di forze Usa in Europa degli ultimi 25 anni. 
Arriveranno dagli Stati uniti 20.000 soldati, tra cui alcune migliaia della Guardia Nazionale provenienti da 12 Stati Usa, che si uniranno a 9.000 già presenti in Europa portando il totale a circa 30.000. Essi saranno affiancati da 7.000 soldati di 13 paesi europei della Nato, tra cui l’Italia, e 2 partner, Georgia e Finlandia. 
Oltre agli armamenti che arriveranno da oltreatlantico, le truppe Usa impiegheranno 13.000 carri armati, cannoni semoventi, blindati e altri mezzi militari provenienti da «depositi preposizionati» Usa in Europa. Convogli militari con mezzi corazzati percorreranno 4.000 km attraverso 12 arterie, operando insieme ad aerei, elicotteri, droni e unità navali. 
Paracadutisti Usa della 173a Brigata e italiani delle Brigata Folgore si lanceranno insieme in Lettonia. 
L’esercitazione Defender Europe 20  assume ulteriore rilievo, nella strategia Usa/Nato, in seguito all’acuirsi della crisi mediorientale. Il Pentagono, che l’anno scorso ha inviato altri 14.000 soldati in Medio Oriente, sta dirottando nella stessa regione alcune forze che si stavano preparando all’esercitazione di guerra in Europa: 4.000 paracadutisti  della 82a Divisione aviotrasportata (comprese alcune centinaia da Vicenza) e 4.500 marinai e marines della nave da assalto anfibio USS Bataan. Altre forze, prima o dopo l’esercitazione in Europa, potrebbero essere inviate in Medio Oriente. 
La pianificazione della Defender Europe 20, precisa il Pentagono, resta però immutata. In altre parole, 30.000 soldati Usa si eserciteranno a difendere l’Europa da una aggressione russa, scenario che mai potrebbe verificarsi anche perché nello scontro si userebbero non carri armati ma missili nucleari. 
Scenario comunque utile per seminare tensione e alimentare l’idea del nemico.
 (il manifesto, 14 gennaio 2020) 
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martedì 14 gennaio 2020

Libia, Iran

dalla pagina https://ilmanifesto.it/edizione/il-manifesto-del-14-01-2020/

INTERNAZIONALE

I giovani contro la verità in ritardo di Khamenei

Farian Sabahi
Terzo giorno di proteste a Teheran dopo l’ammissione dell’abbattimento del Boeing. Le autorità negano: nessuno sparo sulla folla. Nel mirino dei manifestanti l’ayatollah e i pasdaran, ma non il presidente Rohani e il suo ministro Zarif

COMMENTI

Dottrina Trump, se ne esistesse una. Contro l’Iran l’evoluzione del conflitto permanente

Luca Celada
Incompetenza e disinteresse dell’amministrazione Usa alla base dell’escalation dei giorni scorsi. Nei proclami tornano ora i toni vietnamiti, ma se ieri il sergente Calley pagava per il massacro di My Lai, oggi il cecchino che faceva il tiro a segno sulle bambine irachene viene invitato alla Casa bianca
USA/IRAN

L’irresponsabilità di Trump e la mia sfida alla guerra

Bernie Sanders
Come senatore degli Stati Uniti, farò tutto quanto è nel mio potere per contenere questo presidente irresponsabile e impedire una guerra con l’Iran. Come presidente, m’ispirerei ad una concezione diversa nell’esercizio del potere americano: un potere che non si manifesta nella nostra capacità di distruzione, ma in quella di convergere con altre nazioni nella formazione di un consenso internazionale per fare fronte a sfide comuni

venerdì 10 gennaio 2020

LA CINA, NON SOLO L'IRAN, SOTTO TIRO USA IN MEDIORIENTE

dalla pagina https://www.change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/25577255



9 GEN 2020 — 
La Nuova Via della Seta
Manlio Dinucci
L’assassinio del generale iraniano Soleimani autorizzato dal presidente Trump ha messo in moto una reazione a catena che si propaga al di là della regione mediorientale. Ciò era nelle intenzioni di chi ha deciso tale atto. Soleimani era da tempo  nel mirino Usa, ma i presidenti Bush e Obama non avevano autorizzato la sua uccisione. Perché lo ha fatto il presidente Trump? Vi sono vari motivi, tra cui l’interesse personale del presidente di salvarsi dall’impeachment presentandosi quale strenuo difensore dell’America di fronte a un minaccioso nemico.
 Il motivo fondamentale della decisione di assassinare Soleimani, presa nello Stato profondo prima che alla Casa Bianca, va però ricercato in un fattore che è divenuto critico per gli interessi statunitensi solo negli ultimi anni: la crescente presenza economica cinese in Iran.
L’Iran ha un ruolo di primaria importanza nella Nuova Via della Seta varata da Pechino nel 2013, in fase avanzata di realizzazione: essa consiste in una rete viaria e ferroviaria tra la Cina e l’Europa attraverso l’Asia Centrale, il Medio Oriente e la Russia, abbinata a una via marittima attraverso l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e il Mediterraneo. Per le infrastrutture viarie, ferroviarie e portuali in oltre 60 paesi sono previsti investimenti per oltre 1.000 miliardi di dollari. 
In tale quadro la Cina sta effettuando in Iran investimenti per circa 400 miliardi di dollari: 280 nell’industria petrolifera, gasiera e petrolchimica; 120 nelle infrastrutture dei trasporti, compresi oleodotti e gasdotti. Si prevede che tali investimenti, effettuati in un periodo quinquennale, saranno successivamente rinnovati.
Nel settore energetico la China National Petroleum Corporation, società di proprietà statale, ha ricevuto dal governo iraniano un contratto per lo sviluppo del giacimento offshore di South Pars nel Golfo Persico, la maggiore riserva di gas naturale del mondo. Inoltre, insieme a un’altra società cinese, la Sinopec (per i tre quarti di proprietà statale), è impegnata a sviluppare la produzione dei campi petroliferi di West Karoun. 
Sfidando l’embargo Usa, la Cina sta aumentando le importazioni di petrolio iraniano. Ancora più grave per gli Usa è che, in questi e altri accordi commerciali tra Cina e Iran, si prevede un crescente uso del renminbi cinese e di altre valute, escludendo sempre più il dollaro.
Nel settore dei trasporti la Cina ha firmato un contratto per l’elettrificazione di 900 km di linee ferroviarie iraniane, nel quadro di un progetto che prevede l’elettrificazione dell’intera rete entro il 2025, e probabilmente ne firmerà anche uno per una linea ad alta velocità di oltre 400 km. Quelle iraniane sono collegate alla linea ferroviaria di 2.300 km che, già in funzione tra Cina e Iran, riduce i tempi di trasporto delle merci a 15 giorni rispetto ai 45 del trasporto marittimo. 
Attraverso Tabriz, grande città industriale dell’Iran nord-occidentale – da cui parte un gasdotto di 2.500 km che arriva ad Ankara in Turchia  – le infrastrutture dei trasporti della Nuova Via della Seta potranno raggiungere l’Europa.
Gli accordi tra Cina e Iran non prevedono componenti militari ma, secondo una fonte iraniana, per salvaguardare gli impianti occorreranno fino a 5.000 guardie cinesi, assunte dalle società costruttrici per i servizi di sicurezza. Significativo è anche il fatto che, alla fine di dicembre, si sia svolta nel Golfo di Oman e nell’Oceano Indiano la prima esercitazione navale tra Iran, Cina e Russia.
Su questo sfondo appare chiaro perché a Washington si è deciso l’assassinio di Soleimani: si è volutamente provocata la risposta militare di Teheran per stringere la morsa sull’Iran e poterlo colpire, colpendo in tal modo il progetto cinese della Nuova Via della Seta a cui gli Usa non sono in grado di contrapporsi sul piano economico. La reazione a catena messa in moto dall’assassinio di Soleimani coinvolge quindi anche Cina e Russia, creando una situazione sempre più pericolosa.
(il manifesto, 9 gennaio 2020)    
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giovedì 9 gennaio 2020

Qual è la vera minaccia nucleare nel Vicino Oriente

dalla pagina https://www.change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/25567931


7 GEN 2020 — 
Manlio Dinucci
«L'Iran non rispetta gli accordi sul nucleare» (Il Tempo), «L’Iran si ritira dagli accordi nucleari: un passo verso la bomba atomica» (Corriere della Sera), «L'Iran prepara le bombe atomiche: addio all'accordo sul nucleare» (Libero): così viene presentata da quasi tutti i media la decisione dell’Iran, dopo l’assassinio del generale Soleimani ordinato dal presidente Trump, di non accettare più i limiti per l’arricchimento dell’uranio previsti dall’accordo stipulato nel 2015 con il Gruppo 5+1, ossia i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia, Cina) più la Germania. 
Non vi è quindi dubbio, secondo questi organi di «informazione», su quale sia la minaccia nucleare in Medio Oriente. Dimenticano che è stato il presidente Trump, nel 2018, a far ritirare gli Usa dall’accordo, che Israele aveva definito «la resa dell’Occidente all’asse del male guidato dall’Iran».
Tacciono sul fatto che vi è in Medio Oriente un’unica potenza nucleare, Israele, la quale non è sottoposta ad alcun controllo poiché non aderisce al Trattato di non-proliferazione, sottoscritto invece dall’Iran.
L’arsenale israeliano, avvolto da una fitta cappa di segreto e omertà, viene stimato in 80-400 testate nucleari, più abbastanza plutonio da costruirne altre centinaia. Israele produce sicuramente anche trizio, gas radioattivo con cui fabbrica armi nucleari di nuova generazione. Tra queste mini-nukes e bombe neutroniche che, provocando minore contaminazione radioattiva, sarebbero le più adatte contro obiettivi non tanto distanti da Israele. Le testate nucleari israeliane sono pronte al lancio su missili balistici che, con il Jericho 3, raggiungono 8-9 mila km di gittata. 
La Germania ha fornito a Israele (sotto forma di dono o a prezzi scontati) quattro sottomarini Dolphin modificati per il lancio di missili nucleari Popeye Turbo, con raggio di circa 1.500 km. Silenziosi e capaci di restare in immersione per una settimana, incrociano nel Mediterraneo Orientale, Mar Rosso e Golfo Persico, pronti ventiquattro’ore su ventiquattro all’attacco nucleare.
Gli Stati uniti, che hanno già fornito a Israele oltre 350 cacciabombardieri F-16 e F-15, gli stanno fornendo almeno 75 caccia F-35, anch’essi a duplice capacità nucleare e convenzionale. Una prima squadra di F-35 israeliani è divenuta operativa nel dicembre 2017. Le Israel Aerospace Industries producono componenti delle ali che rendono gli F-35 invisibili ai radar. Grazie a tale tecnologia, che sarà applicata anche agli F-35 italiani, Israele potenzia le capacità di attacco delle sue forze nucleari.
Israele – che tiene puntate contro l’Iran 200 armi nucleari, come ha specificato l’ex segretario di stato Usa Colin Powell nel 2015 – è deciso a mantenere il monopolio della Bomba in Medio Oriente, impedendo all’Iran di sviluppare un programma nucleare civile che potrebbe permettergli un giorno di fabbricare armi nucleari, capacità posseduta oggi nel mondo da decine di paesi. Nel ciclo di sfruttamento dell’uranio non esiste una netta linea di demarcazione tra uso civile e uso militare del materiale fissile.
Per bloccare il programma nucleare iraniano Israele è deciso a usare ogni mezzo. L’assassinio di quattro scienziati nucleari iraniani, tra il 2010 e il 2012, è con tutta probabilità opera del Mossad.
Le forze nucleari israeliane sono integrate nel sistema elettronico Nato, nel quadro del «Programma di cooperazione individuale» con Israele, paese che, pur non essendo membro della Alleanza, ha una missione permanente al quartier generale della Nato a Bruxelles. Secondo il piano testato nella esercitazione Usa-Israele Juniper Cobra 2018, forze Usa e Nato arriverebbero dall’Europa (soprattutto dalle basi in Italia) per sostenere Israele in una guerra contro l’Iran.
Essa potrebbe iniziare con un attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani, tipo quello effettuato nel 1981 contro l’impianto iracheno di Osiraq. Il Jerusalem Post (3 gennaio) conferma che Israele possiede bombe non-nucleari anti-bunker, usabili soprattutto con gli F-35, in grado di colpire l’impianto nucleare sotterraneo iraniano di Fordow. 
L’Iran però, pur essendo privo di armi nucleari, ha una capacità militare di risposta che non possedevano la Jugoslavia, l’Iraq o la Libia al momento dell’attacco Usa/Nato.
In tal caso Israele potrebbe far uso di un’arma nucleare mettendo in moto una reazione a catena dagli esiti imprevedibili.
(il manifesto, 7 gennaio 2020) 
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              PER ULTERIORI INFORMAZIONI VEDI IL SITO
                                 http://www.natoexit.it/

domenica 5 gennaio 2020

L'Italia ripudia la guerra?

Articolo 11 della nostra Costituzione

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Eppure l'Italia, facendo parte della NATO, ospita:
  • droni USA fra cui gli RQ-4D “Phoenix”
  • bombe nucleari USA B-61 (50 ad Aviano e 20 a Ghedi), che verranno gradualmente sostituite dalle B61-12; a queste forse si aggiungeranno le 50 ora in Turchia
  • militari, installazioni e armamenti USA nelle varie basi, fra cui quelle di Vicenza 

il manifesto del 05.01.2020

dalla pagina https://ilmanifesto.it/edizione/il-manifesto-del-05-01-2020/

Bandiere Usa bruciate e slogan «a morte l’America». Nelle città mediorientali la rabbia nel giorno dei funerali di Soleimani. Teheran annuncia vendetta. Razzi contro ambasciata Usa a Baghdad. Trump invia 5 mila soldati e attacca l’Europa. Conte: «La Ue intervenga per impedire l’escalation»



EDITORIALE

Le ragioni di una scelta illogica  

Guido Moltedo
Donald Trump ha decimato via via, nel corso della sua presidenza, i capi al top del Pentagono, dell’intelligence, della sicurezza nazionale, lasciando posti chiave a lungo vuoti o operando sostituzioni opinabili. Il risultato delle purghe? Espulse le voci moderate o almeno competenti nella cerchia ristretta del presidente
COMMENTI

La strategia di Teheran e la «guerra al terrore» di Washington

Marina Calculli
L’uccisione di Soleimani potrebbe come in passato offrire all’Iran una facile carta politica: l’opposizione all’imperialismo americano. Se Teheran è stato in grado di sfruttare l’antiamericanismo come arma ideologica è proprio perché l’insofferenza all’arroganza di Washington nell’area è profondamente radicata nelle popolazioni

sabato 4 gennaio 2020

Stati Uniti, manifestazioni in 33 città per opporsi a una guerra contro l’Iran

dalla pagina https://www.pressenza.com/it/2020/01/stati-uniti-manifestazioni-in-33-citta-per-opporsi-a-una-guerra-contro-liran/


(Foto di ANSWER Coalition) 

La coalizione Answer, che riunisce decine di organizzazioni pacifiste, ha convocato per oggi, sabato 4 gennaio, manifestazioni in 33 città degli Stati Uniti per opporsi a una nuova, possibile guerra scatenata dall’uccisione a Baghdad del generale iraniano Qassem Soleimani e di un’altra decina di persone su ordine di Trump.
La protesta coinvolgerà Washington, New York, Los Angeles, Chicago, Boston, San Francisco, Miami, Albuquerque, Seattle, Arlington, Minneapolis, Atlanta, New Haven, Portland, Pittsburgh, Denver, Philadelphia, Lancaster, Austin, Boulder, Birmingham, Cleveland, El Paso, Fort Wayne, Ithaca, Northampton, San Antonio, Santa Monica, Davis, Milwaukee, Madison, Boise e Las Vegas.

Dopo la dura condanna di Bernie Sanders, anche la parlamentare progressista democratica Alexandria Ocasio-Cortez si è schierata con forza contro la possibilità di una guerra che avrebbe effetti devastanti in Medio Oriente e non solo: “Ora è il momento di decidere se si è a favore della pace o no” ha scritto in Twitter. “Il Congresso ha l’obbligo morale e legale di riaffermare il suo potere per fermare questa guerra e proteggere vite innocenti da atroci conseguenze. I sostenitori della guerra sono pronto a convincervi del contrario, come hanno fatto a proposito dell’Iraq nel 2003, ma la guerra non porta la pace. La guerra non crea sicurezza. La guerra ci mette tutti in pericolo.”