L'incendio. Può «trasmettere» tutti i dati utili ai piani di volo e di attacco dei nuovi sistemi hi-tech
Antonio Mazzeo
Dodici antenne satellitari ben visibili a sud delle piste della stazione aeronavale di Sigonella quando si percorre in auto la superstrada che da Catania giunge a Gela.
Sorgono in un’area della base di 1,200 metri quadri insieme ad una palazzina che ospita uffici, ripetitori e generatori di potenza. Si tratta dell’Uas SatCom Relay Pads and Facility, il sito per supportare le telecomunicazioni via satellite e le operazioni di tutti i droni dell’Aeronautica e della Marina militare statunitense, la cui realizzazione è stata completata alla fine del 2017, trasformando la base siciliana in uno dei maggiori centri del pianeta per il comando e il controllo dei velivoli da guerra senza pilota Usa. I lavori per l’Uas SatCom Relay sono stati condotti da due importanti consorzi transnazionali: JV Ske Italy 2012 di Vicenza (filiale italiana dell’omonima holding tedesca) ed M+w Lotos Italy Soc Consortile con sede ad Agrate Brianza, Monza (controllato in buona parte dall’Austrian Stumpf Group di Vienna).
Il Pentagono ha firmato un contratto con il primo gruppo per 9.400.000 dollari ed i lavori sono stati consegnati il 21 febbraio 2017; al secondo consorzio sono andati invece 7.723.700 dollari e la consegna risale al 20 novembre 2017. Con l’entrata in funzione del nuovo complesso di telecomunicazioni satellitari sono stati trasferiti a Sigonella 55 militari e 58 dipendenti civili dell’US Air Force.
«Il sistema degli aerei senza pilota richiede un’ampia facility a Sigonella che assicuri la massime efficienza operativa durante le missioni di attacco armato e di riconoscimento a supporto dei war-fighters», è riportato nella scheda progettuale fornita dal Dipartimento della difesa Usa. «La costruzione di una SatCom Antenna Relay facility è necessaria per supportare i link di comando dei velivoli controllati a distanza (Uav), in modo da collegare le stazioni terrestre presenti negli Stati Uniti con gli aerei senza pilota operativi nella regione dell’Oceano atlantico.
Con il completamento di questo progetto saranno soddisfatte le richieste a lungo termine di ripetitori SatCom per i droni “Predator” (MQ-1), i “Reaper” (MQ-9) e i “Global Hawk” (RQ-4). Il nuovo sito supporterà inoltre il sistema si sorveglianza aeronavale con velivoli senza pilota Uav Broad Area Maritime Surveillance (Bams) di US Navy e le missioni speciali del Big Safari di US Air Force”. Il programma Bams vede l’acquisizione di una quarantina di droni di ultima generazione “Global Hawk” da schierare nelle stazioni aeronavali di Jacksonville (Florida), Kadena (Giappone), Diego Garcia, Hawaii e Sigonella; il Big Safari è invece un articolato programma di acquisizione, gestione e potenziamento di speciali sistemi d’arma avanzati (velivoli senza pilota, grandi aerei da trasporto e per le operazioni d’intelligence e riconoscimento, ecc.) coordinato e diretto dal 303rd Aeronautical Systems Wing e dal National Air and Space Intelligence Center dell’US Air Force con sede nella base di Wright-Patterson (Ohio).
Con l’entrata in funzione dell’Uas SatCom Relay Pads and Facility, la base siciliana di Sigonella può supportare oggi la trasmissione di tutti i dati necessari ai piani di volo e di attacco dei nuovi sistemi di guerra automatizzati e operare come “stazione gemella” del sito Usa di Ramstein (Germania) e della grande base aerea di Creech (Nevada).
Secondo quanto riportato dal periodico investigativo The Intercept, l’Uas Satcom Relay di Ramstein è il vero «cuore hi-teach della guerra statunitense dei droni». «Ramstein fa viaggiare sia il segnale satellitare che dice al drone cosa fare, sia quello che trasporta le immagini che il drone vede», spiega il periodico investigativo. «Grazie al sistema Uas SatCom, il segnale riesce a viaggiare senza ritardi in modo da permettere ai piloti di manovrare un velivolo a migliaia di chilometri con la necessaria tempestività».
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dalla pagina https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2019/12/tuttaltro-che-sicuri-per-il-traffico.html
Tutt’altro che sicuri per il traffico aereo i nuovi droni AGS NATO di Sigonella
I primi due
droni RQ-4D “Phoenix” del nuovo sistema d’intelligence e conduzione delle
future guerre globali AGS NATO, prodotti dalla Northrop Grumman, sono atterrati
nelle settimane scorse nella Main
Operating Base di Sigonella. Gli altri tre dovrebbero giungere in Sicilia
direttamente dagli Stati Uniti d’America nei prossimi due-tre mesi e diventare
operativi full time entro il giugno 2020. Perché l’intero sistema di “sorveglianza
terrestre” AGS sia completato bisognerà però attendere il 2022, cinque anni dopo di quanto che era
stato previsto dal contratto tra il comando NATO e l’industria costruttrice,
valore 1,5 miliardi di dollari, il più costoso di tutta la storia dell’Alleanza
Atlantica.
“Con il trasferimento dei due droni
AGS attraverso l’Atlantico si compie un’altra importante tappa nella
realizzazione del programma per dotare tutti gli alleati NATO di un sistema
d’avanguardia d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento (ISR)”, ha
dichiarato il generale di US Air Force Phillip Stewart, comandante della Forza
AGS della NATO di stanza nella grande stazione aeronavale siciliana. “Quando il
progetto sarà completato, l’Italia ospiterà 600 addetti circa dell’Alleanza,
incluso un Centro di addestramento e utilizzo dati che sarà in grado di formare
sino a 80 studenti l’anno”, ha rivelato il periodico Stars and Stripes delle forze armate USA, citando un anonimo ma
autorevole ufficiale del Comando NATO. “I
droni AGS saranno collocati insieme ai velivoli senza pilota Global Hawk di US
Air Force e Broad Area Maritime Surveillance di US Navy, anch’essi operativi
dalla base di Sigonella. Il drone NATO AGS ha risposto pienamente ai rigorosi
standard richiesti dalla Military Type Certification,
approvata dalla Direzione degli Armamenti Aeronautici e per l’Aeronavigabilità italiana”.
Tutto ok, dunque, per i vertici militari
USA e NATO in termini di funzionalità e sicurezza del nuovo costosissimo
sistema di guerra aerea alleata. In verità, a leggere il contenuto di altre
dichiarazioni ufficiali, permane più di un’ombra sulla loro effettiva aeronavigabilità
(airworthiness) e sulla
completezza delle certificazioni acquisite con tanto di prescrizioni sulle procedure di impiego e prevenzione di possibili avarie che possano
pregiudicare la sicurezza del volo, ecc.. Proprio l’acquisizione degli
indispensabili documenti di airworthiness è stata una delle principali
cause dei ritardi accumulati nella tabella di marcia del sistema AGS NATO. Il 15 novembre 2018, nel corso di un
seminario a Roma sulla sicurezza aerea dei droni da guerra organizzato
dall’Aeronautica Militare e dal CESMA (Centro Studi Militari Aeronautici) “Giulio Douhet”, in
partnership con ENAV (società che gestisce il traffico civile in Italia) e
l’holding industriale Leonardo (ex Finmeccanica), i relatori avevano spiegato che
il ritardo del programma NATO “era dovuto alla non ancora soddisfatta necessità
di valutare congiuntamente le Airworthiness Rules (Stanag 4671), le ATM
Rules (Stanag 7234), il mutuo riconoscimento delle Military
Airworthiness Authorities ed il coinvolgimento di Eurocontrol su
aspetti quali la Diplomatic Clearance, l’Air Traffic Insertion, la Route
Definition & Authorization, ecc.”.
Neanche cinque mesi dopo, il 12 marzo 2019, il neo Capo di
Stato maggiore dell’Aeronautica, generale Alberto Rosso, nel corso di un’audizione
davanti ai membri delle Commissioni Difesa della Camera dei deputati e del Senato,
forniva una versione edulcorata sulle proprietà delle tecnologie
anti-collisione in volo dei nuovi sistemi senza pilota. “Mi piace evidenziare la posizione di assoluta preminenza a
livello internazionale nel settore della gestione dello spazio aereo”, riferiva
il generale Rosso ai poco informati parlamentari. “Al momento, siamo l’unica nazione
europea, operando in stretto contatto e collegamento tra Aeronautica militare e
l’ENAC, l’ente responsabile per l’aviazione, a essere riusciti a
regolamentare la coesistenza del traffico pilotato commerciale con quello a
pilotaggio remoto. Disponiamo di quattro basi da cui è possibile operare con
droni, ma la tendenza è verso una potenziale crescita di tutto questo settore,
che ha rilevanza strategica, ovviamente non solo per la Difesa, ma per tutto il
sistema Paese. Nessun altro Paese europeo è riuscito a fare altrettanto, e
anche la NATO si è rivolta all’Italia per certificare il proprio sistema AGS (Alliance
Ground Surveillance), che opererà dalla base di Sigonella. Di nuovo,
solamente l’Italia in Europa ha questa sintonia e questa sinergia tra traffico
civile e traffico militare”.
In verità l’agenzia NATO preposta
all’acquisizione e implementazione dell’AGS ha dovuto attendere il 27 ottobre 2019
per ottenere la Military Type Certification e consentire ai velivoli RQ-4D “Phoenix”
di volare negli spazi
aerei civili e militari. “I droni del programma AGS hanno ricevuto a tal fine
un radiosegnale ufficiale (MAGMA) dall’Organizzazione per l’aviazione civile
internazionale (ICAO); attraverso le radio U/VHF, i velivoli comunicano con le
autorità civili e militari per il controllo del traffico aereo”, riportava
l’ufficio stampa della Difesa. “L’Italia ha
attivamente partecipato al gruppo di lavoro in ambito NATO favorendo
l’integrazione dei velivoli a pilotaggio remoto nello spazio aereo ed
adoperandosi fattivamente per il rilascio del nominativo radio. L’assegnazione del callsign MAGMA,
infatti, è avvenuta al termine di un articolato processo avviato dall’Aeronautica Militare, che ha visto
coinvolto l’ENAC. La Military Type
Certification, la necessaria certificazione di aeronavigabilità, è stata
rilasciata al sistema AGS dalla Direzione
degli Armamenti Aeronautici e per l’Aeronavigabilità. L’importante
traguardo è stato ottenuto attraverso un percorso innovativo caratterizzato da
una proficua cooperazione con le autorità statunitensi ed in particolare con
USAF (United States Air Force)”.
Ancora più
enfatica la cronaca di RID – Rivista
Italiana Difesa. In un servizio da Sigonella dopo l’arrivo del primo
“Phoenix”, il processo di certificazione del sistema AGS veniva definito come un’“impresa
titanica”. “La certificazione non era richiesta negli Stati Uniti ma è stata fondamentale
per il consenso di alcuni membri dell’Alleanza, i quali hanno preteso robuste
garanzie sulla sicurezza in volo dell’RQ-4D”, spiegava RID. “Basti pensare che l’AM ha proceduto alla certificazione di
ogni singolo componente della macchina e dei suoi sistemi di guida, per
complessivi 630 pezzi, producendo 22 dossier per un totale di circa 2 milioni
di pagine di manuali tecnici”. Le fonti militari nazionali omettevano tuttavia
che nonostante la MTC, non mancano le
preoccupazioni tra i tecnici ENAC e gli ufficiali dell’Aeronautica sulla reale
possibilità che i droni NATO possano operare davvero in “spazi aerei non delimitati”, cioè
al di fuori degli specifici corridoi riservati ai velivoli da guerra, in Italia
e nei cieli europei.
A rivelare che il procedimento finalizzato a certificare
l’assoluta affidabilità dei nuovi velivoli senza piota sia tutt’altro che
concluso sono state alcune delle riviste del settore difesa più autorevoli in
campo internazionale, anche se nessun analista o politico italiano sembra
essersene accorto sino ad oggi. In un articolo pubblicato lo scorso 23 dicembre
da DefenseNews (edito in Virginia),
si spiega che “i membri della NATO hanno fiducia nelle certificazioni di
sicurezza rilasciate in Italia per la nuova flotta di droni di vigilanza
terreste, anche se continuano ad esserci dubbi sulla
loro capacità di volare attraverso lo spazio aereo regolato in Europa”. Per
fugare i residui timori, le autorità italiane avrebbero però richiesto la
produzione di un “certificato addizionale” per consentire le “operazioni reali
dei velivoli senza pilota negli spazi aerei utilizzati dagli aerei di linea
civili”.
A rendere
nota la richiesta di un’ulteriore certificazione per i “Phoneix” sono stati i
parlamentari di Die Linke, Andrej Hunko e Heike Hansel, con un’interrogazione
al Ministro della difesa tedesco. “Il certificato di omologazione e quello di autorizzazione dei
voli dei Global Hawk NATO sono stati emessi dalle autorità italiane
nell’ottobre del 2019, pur tuttavia il governo federale non dispone attualmente
di alcuna informazione sulla seconda certificazione”, ha risposto il titolare
della Difesa lo scorso 18 dicembre. “Il governo federale non ha nessuna
informazione neanche a riguardo di eventuali restrizioni del traffico dei droni
negli spazi aerei italiani. I velivoli senza pilota sono dotati di transponder (sistemi elettronici di identificazione della rotta a bordo di aerei,
NdA) che emettono segnali che sono ricevuti anche dalle
agenzie per il traffico aereo civile e militare, mentre non è previsto l’uso di
procedure text to-speech (tecnologie
di sintesi vocale, NdA) per
comunicare con i controllori del traffico aereo”.
Disarmante anche la risposta ad una specifica richiesta dei
parlamentari Andrej Hunko e Heike Hansel sulle procedure adottate
per la gestione dei droni NATO negli spazi aerei tedeschi ed internazionali. “Il Remotely Piloted Aircraft System Airspace Integrated Project Team
elabora le procedure di attuazione standardizzate che sono conformi alle norme
dell'Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO)”, riferisce il
ministro tedesco. “L’elaborazione delle procedure da parte del team non si è ancora conclusa e il
governo federale non ha nessuna informazione sul corso della fase successiva.
La responsabilità in materia è del Comando dell’Aviazione della NATO. I voli
nello spazio aereo internazionale sono in linea di massima soggetti alle norme ICAO
mentre possono essere previste differenze in ambito nazionale. Nella Repubblica
federale tedesca si utilizza per i velivoli AGS NATO lo stesso corridoio
istituito dal governo federale per i voli dei Global Hawk dell’US. Air Force. Il
corridoio si trova a un’altezza compresa tra i 15 e i 20 km ed è limitato
al transito di un drone alla volta”. Questo corridoio esclusivo è stato utilizzato quest’anno
in tre occasioni dai droni statunitensi decollati da Sigonella a supporto delle
operazioni dell’European Reassurance
Initiative nell’area del Baltico: a febbraio, aprile e maggio. E sempre
secondo il governo tedesco, i droni AGS della NATO “non sono equipaggiati con
tecnologie sense-and-avoid (anti-collisione),
né possiedono un Sistema di allerta traffico e anti-collisione (Traffic
Alert and Collision Avoidance System)”.
“Questi droni non possiedono dunque i
requisiti richiesti di aeronavigabilità e senza l’uso di specifiche
apparecchiature anti-collisione, essi sono destinati a cadere prima o poi”,
hanno prontamente dichiarato i parlamentari di Die Linke chiedendo di
conseguenza al governo di Berlino di proibire i voli dei velivoli AGS sulla
Germania. “I droni sono soggetti a incidenti in percentuali molto più
significative di quelli pilotati da esseri umani e ciò vale anche per i modelli
molto più grandi che operano ad altitudini elevate e medie. Il governo tedesco è uno dei maggiori
contribuenti del programma NATO AGS; Berlino copre il 33% dei costi, gli USA il
42% e l’Italia il 15%, mentre l’esercito federale tedesco ha destinato all’AGS
132 militari, 122 dei quali saranno dislocati in Sicilia”.
Prova inconfutabile che gli alleati
NATO e la società USA realizzatrice del sistema AGS siano ancora impegnati a
conseguire una certificazione aggiuntiva di aeronavigabilità (airworthiness) dei droni
“Phoenix” è ricavabile dalla richiesta del Comando di US Air Force di modifica
del bilancio sui programmi di intelligence militare per l’anno fiscale 2019, presentata
al Congresso degli Stati Uniti d’America il 26 ottobre 2018. Nello specifico l’Aeronautica militare richiedeva
un fondo aggiuntivo di 54.973.000 dollari per il “sistema operativo dell’Alliance
Ground Surveillance NATO” e in particolare per “sviluppare la documentazione di
aeronavigabilità del velivolo NATO AGS basato sul Global Hawk Block 40 dell’Air
Force”. “Si tratta del contributo dovuto dagli Stati Uniti d’America sulla base
della modifica del contratto tra la NATO e la società realizzatrice per il
valore di 210 milioni di dollari, sottoscritto nel maggio 2018”, spiega il
Dipartimento della Difesa. “Questo contratto include una documentazione
addizionale di engineering airworthiness,
così come la revisione del programma dei test, un maggiore supporto sul campo
da parte del contractor e un maggiore sviluppo delle attività a seguito di una
favorevole risoluzione di una disputa riguardante l’interpretazione delle
richieste di performance del sensore mentre si mantiene un programma di
consegna più ridotto di tutti e cinque i velivoli alla base aerea di Sigonella”.
“Nel precedente contratto sottoscritto nel 2012 – prosegue la
nota - l’US Air Force si era impegnata a fornire un’adeguata documentazione di aeronavigabilità
del Global Hawk Block 40 per assicurare un Military
Type Certificate al velivolo NATO AGS in modo da ridurre i costi del contratto
di vendita tra la NATO e il suo contractor. I dati originariamente forniti
dall’Aeronautica militare, mentre erano sufficienti per la certificazione USA del
Global Hawk Block 40, non erano sufficienti per il rilascio della
certificazione degli AGS NATO a causa delle richieste delle autorità preposte
all’aeronavigabilità per registrare e far stazionare il velivolo in Italia.
Questa richiesta finanzierà: una revisione del segmento aereo del software
precedentemente identificato per i pericoli alla sicurezza identificati; il
lavoro di design del software dell’Air
Vehicle Mission Command and Control; la consegna degli Airworthiness Criteria Verification Forms (CFV); i test di
convalida e verifica della fusoliera dell’AGS, del Centro di comando e controllo
delle missioni del velivolo aereo (Air
Vehicle Mission Command & Control) e delle Unità di comando e controllo
dispiegabili (Deployable Air Vehicle
Mission Command and Control)”.
Il nuovo contratto sottoscritto con Northop Grumman
prevede una ridistribuzione delle quote di spesa tra i partner del programma
AGS, con una “notevole riduzione” della percentuale negoziata dagli Stati Uniti
con la NATO: dal 37,1% al 26,2%. Aumentano dunque gli oneri a carico dei paesi
europei (Italia e Germania in testa), così come i rischi per il traffico aereo
civile e le popolazioni del vecchio continente, in primis i siciliani che
vivono a due passi dalla Main Opeating
Base di Sigonella, vera e propria capitale mondiale dei droni per tutte le
guerre.